venerdì 8 maggio 2009

L'importanza di tenersi occupati

Come anticipato, ho anche un secondo lavoro. Essendo la mia un'attività stagionale, devo trovare il modo di tenermi occupato nel resto dell'anno anche considerando che il nostro non è un grande albergo (allo stato attuale 33 camere).
Per me l'estate non è mai stata sinonimo di vacanze. Anche quando ero troppo piccolo per lavorare, non mi muovevo dall'albergo. Crescendo, sono stato sempre più coinvolto con la conseguenza che, una volta terminata la scuola iniziava il lavoro e una volta terminato il lavoro ricominciava la scuola. Dopo la maturità mi sono iscritto all'università ma anche in questo caso dovevo adeguare la mia tabella di studio alla stagione lavorativa. Questo è stato uno dei fattori che hanno prolungato oltremodo la mia carriera di studente. Ho impiegato dieci anni a laurearmi. Discussi la mia tesi in una calda giornata di fine giugno, nell'ultima sessione dell'anno accademico. Il periodo non era il più indicato, con il lavoro eravamo già a pieno regime e qualcuno avrebbe dovuto restare a presidiare il castello. In questo mestiere, qualunque cosa succeda, non si può abbassare la serranda e aspettare tempi migliori.
Alla discussione erano presenti solo mia madre, una delle mie nonne e un amico. Non ero agitato o preoccupato, solo accaldato dentro il mio vestito nuovo e impaziente di finire. La discussione durò una ventina di minuti, quando terminai e fui proclamato dottore mia madre aveva un'aria disorientata. Disse: "non ti avevo mai sentito dire tante parole tutte in una volta".
Quando arrivammo a casa, mio padre si commosse fino alle lacrime, ero il primo laureato in famiglia. Avevo capito che loro ci tenevano molto più di me, tuttavia avevo già fatto la mia scelta: non avrei intrapreso nessuna carriera, avevamo cominciato da poco le opere di ristrutturazione con i finanziamenti delle banche e in un'azienda familiare di questo tipo il contributo di ogni singolo membro è fondamentale.
Temo di averli delusi per metà, e di averli rassicurati per l'altra metà decidendo di restare. Ho cresciuto una pianta che non ha dato frutti (e non so se ne darà mai) ma resta lì a decorare il giardino.
Ad ogni modo, non mi ero arreso del tutto. Ero alla ricerca di qualche compromesso. Nell'ottobre seguente, dopo la chiusura, mi fu proposto di entrare come collaboratore nell'agenzia immobiliare che un amico, lo stesso che era stato presente alla mia laurea, aveva aperto con un socio. Lui e suo padre hanno fatto da sempre questo mestiere ed erano perciò ben inseriti nel settore. Perdipiù, si trattava di un impegno che mi lasciava la possibilità di continuare ad occuparmi dell'albergo in estate. All'inizio ho creduto che avrebbe potuto essere la soluzione giusta. Potevo sfruttare una parte delle mie competenze, tenermi impegnato in inverno e avere un' entrata finanziaria supplementare. Purtroppo il sodalizio non ha dato l'esito sperato e il mio amico è uscito dalla società. Io avrei anche potuto rimanere ma ho preferito non farlo. Le prospettive di guadagno erano sempre state modeste ma ero disposto a passarci sopra. Ciò che era venuto a mancare era la possibilità di imparare davvero il mestiere e questo mi premeva assai di più.
Ho trascorso un paio d'anni piuttosto tormentati, afflitto dai sensi di colpa. Mi alzavo preso la mattina e consideravo il più piccolo impegno come di fondamentale importanza.
Quando decisi di andare a vivere per conto mio la situazione si fece ancora più pressante. Non potevo più aspettare di "sistemarmi", dovevo prendermi qualche rischio.
Qualche settimana dopo mi fu offerta l'occasione di lavorare in una società di calcio dilettantistica come segretario. Non ci pensai sopra troppo a lungo, c'era l'affitto e tutte le altre spese da pagare.
Sono stato un vero appassionato e un tifoso dall'età di otto anni ma negli ultimi anni le cose hanno iniziato a cambiare in modo radicale. Se a quel tempo me lo avessero detto non ci avrei mai creduto. Ero convinto che sarebbe sempre stato così e che questo sarebbe bastato a consolarmi di qualsiasi dispiacere. Il pallone mi ha deluso e stancato. E' come aver scoperto il tradimento di una moglie troppo bella per limitarsi alle attenzioni di un solo uomo. Tu hai la ragione dalla tua parte ma lei troverà certamente di meglio. Vale la pena di arrabbiarsi?
Coloro che snobbano il calcio, che non se ne sono mai interessati o che addirittura lo detestano sono considerati persone da cui guardarsi. Qualcuno che tira a fregarti, insomma, e con il quale è consigliabile non entrare in intimità. Chi, invece, si è sempre interessato al pallone ma ad un certo punto afferma di non volerne più sapere, viene prima guardato con divertita incredulità e poi con raggelato distacco, come si guarda qualcuno che tradisce una causa comune.
Ho sviluppato un atteggiamento disincantato che mal si concilia con il coinvolgimento emotivo tipico di quest'ambiente. Inoltre, anche qui sono richiesti nervi saldi e tanta pazienza soprattutto quando le squadre da seguire sono dieci o più, come nel mio caso. A voler essere pessimisti potremmo dire che me la sono andata a cercare. Mi sono giocato anche le poche ore libere durante l'estate, quelle che solitamente riservavo ad un sonnellino o ad un bagno al mare. Molto spesso la mia giornata inizia alle otto del mattino e finisce a mezzanotte o all'una, senza pause.
Non sono più tanto convinto che sia così importante trovare qualcosa che mi tenga "occupato".

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