venerdì 18 maggio 2012

Vivere in un posto di vacanza


All'inizio di uno dei migliori film dell'ultima stagione, "Paradiso Amaro" con George Clooney, la voce fuori campo del protagonista esprime alcune considerazioni sul fatto di vivere in un luogo dove le persone vanno a trascorrere le loro vacanze: " i miei amici pensano che solo perchè abito alle Hawaii, io viva in paradiso".
Qui non siamo alle Hawaii ma spesso mi ritrovo bersaglio di affermazioni simili. Qualcuno mi guarda malinconicamente e con tono sconsolato dice: "che fortuna che avete voi" oppure "qui sì che si vive in pace!" o ancora "ma voi non avete di questi problemi...", riferendosi ad un problema in particolare ma sottintendendo ogni tipo di problema.
Alcuni arrivano ad essere più espliciti, o più curiosi, e capisci che non riescono nemmeno a concepire la vita in un posto di vacanza: "ma com'è nel resto dell'anno? Che cosa fate? Dopo l'estate partite anche voi?" come se una bella scenografia, un paesaggio gradevole e l'atmosfera di divertimento e relax che aleggia ovunque bastino per convincerli che non siamo come loro, che la nostra vita non è come la loro. E' fin troppo ovvio che non sia così anche se, inutile negarlo, vivere in un posto di mare è meglio che vivere in un popoloso e grigio quartiere di una periferia cittadina. Tuttavia, dopo un pò la smetti di sentirti più fortunato al riguardo. Come Clooney, che nel film dice: "sono 15 anni che non salgo su una tavola da surf". Io non ci sono mai neppure salito su una tavola da surf. Per una giornata, da ragazzino, ho provato a stare in piedi su un wind-surf ma con scarsi risultati.
Non abbiamo un nulla-osta per le difficoltà, nè l'immunità verso i problemi. La disperazione affoga nei porti invece, che so io, di buttarsi da un grattacielo o giù da un viadotto.
E' una questione cognitiva.
Quando mi trovo in mezzo alla folla di turisti mi succede di invidiarli per la loro spensieratezza, anche se so, come lo sanno loro, che dura solo per il tempo della vacanza. Io invece sono alle prese con mille impegni, responsabilità, pressioni.
Loro mi invidiano perchè credono che io viva tutto l'anno quello che a loro è concesso solo per una settimana o due. O perchè si convincono che qui al mare la vita sia più facile, qualunque cosa succeda. Perciò aveva ragione Tagore quando scrisse che " leggiamo il mondo in modo sbagliato e diciamo che esso ci delude".


mercoledì 9 maggio 2012

Proroga per gli adeguamenti alle norme antincendio: di che morte morire?



Con un atto definito "di buon senso", è stato prorogato il termine per presentare i requisiti minimi per accedere alla proroga degli adeguamenti alla normativa antincedio per gli alberghi (dicembre 2013). Tali requisiti avrebbero dovuto essere realizzati entro il mese di luglio, ora si andrà al 31 di ottobre.
Gli albergatori possono tirare un sospiro di sollievo? O prendere una boccata per prolungare l'apnea? Personalmente, sono per la seconda ipotesi.
Si parla di più di 400 alberghi in riviera (su 2700) che ancora devono adeguarsi alle misure antincendio previste dalla leggi italiane e comunitarie. So di strutture che non hanno mai fatto nulla al riguardo, soprattutto piccoli alberghi, che si troveranno ad affrontare una rivoluzione. Per molti sarà la fine. Di quei 400 prevedo che un buon 30 per cento chiuderà definitivamente i battenti alla fine di questa stagione. Forse qualcuno ha già deciso e si appresta ad iniziare come se fosse l'ultimo viaggio prima di mettere la nave in rimessa. Dover affrontare investimenti del genere in questi tempi, alla fine di una stagione che si preannuncia critica, farà la differenza tra il vivere e il morire. In pratica, si chiede ai topi di salire sull'arca insieme ai gatti per salvarsi dal diluvio incombente. Non si morirà affogati ma si passerà il tempo a cercare di fuggire dalle grinfie feline, in un ambiente senza vie di fuga. Se si sale a bordo che garanzie si hanno di recuperare l'investimento, pagare tutte le altre spese, lavorare di più, prima che arrivi il tracollo?
E dire che, da quanto posso ricordarmi, gli incendi negli alberghi della riviera sono stati pochissimi, soprattutto quelli di una certa gravità. Ci sono alberghi a Roma, Parigi, Londra, Madrid, che appena ci metti piede, capisci di essere spacciato se dovesse accadere qualcosa: legno fradicio, carta da parati intrisa di colla, mancanza di uscite di sicurezza, corridoi angusti e un 'espressione sulle facce del personale che dice: "amico, non contare su di me". Però si trovano in palazzi antichi, del Settecento o dell'Ottocento, e toccarli non si può.
Non voglio dire che non si debbano prendere le adeguate misure per eliminare o ridurre i rischi per la sicurezza delle persone negli alberghi e in generale negli ambienti pubblici. Credo anzi che si debba fare tutto il possibile. Noi abbiamo iniziato ad intervenire diversi anni fa e, anche se non abbiamo finito, siamo a buon punto. Però è stata una mazzata i cui effetti si fanno ancora sentire perchè si sommano a quelli della crisi, del cambiamento avvenuto nel settore del turismo nazionale e internazionale (ad esempio, i voli low-cost), dell'avvento dell' euro. 
Se è compito delle aziende lavorare per essere sempre competitive, assumendose anche i relativi oneri, è compito dello stato creare le condizioni affinchè questa competitività possa dispiegarsi pienamente. Senza prospettive di crescita è difficile affrontare passi così impegnativi.

martedì 1 maggio 2012

La tassa di soggiorno non perdona: Gabicce in secessione

Gli albergatori di Gabicce inneggiano alla secessione: promuoveranno l'indizione di un referendum per l'annessione alla Provincia di Rimini e quindi alla regione Emilia-Romagna  se l'amministrazione comunale della cittadina marchigiana decidesse l'introduzione della tassa di soggiorno. A loro dire, tale decisione confermerebbe una volta di più lo scarso interesse della loro regione per il settore turistico e produrrebbe un evidente gap di concorrenza con la confinante Cattolica.
Gabicce si unirebbe così ai comuni di Montecopiolo e di Sassofeltrio, che hanno già manifestato in maniera ufficiale l'intento di saltare il confine e abbandonare la Marche, come hanno fatto a loro tempo altri 7 comuni del Montefeltro: San Leo, Pennabilli, Novafeltria, Casteldelci, Sant'Agata Feltria, Talamello e Maiolo.
Si sta tanto male nelle Marche? Sinceramente credo di no e rimango sempre piacevolmente sorpreso dalle differenze che si trovano a pochi chilometri di distanza. Si respira un'altra aria e si vive a ritmi totalmente diversi. Non c'è la frenesia che anima le attività della riviera e nemmeno quell'aura di aspettative che circonda ogni iniziativa; non c'è la ricerca della novità o l'attenzione alle mode e alle tendenze. Noi siamo quelli con "una marcia in più", a lor stesso dire, almeno per certe cose che, se ripetute oltre il confine non funzionano più alla stessa maniera. Probabilmente è così nel settore turistico e dell'intrattenimento, non nel mondo delle aziende in generale. Al marchigiano non piace esporsi, mettersi in vetrina, come piace a noi romagnoli. Non amano mischiarsi ai forestieri, interagire con loro, scambiarsi esperienze. Preferiscono l'anonimato e la discrezione e danno il meglio chiusi tra 4 mura. Infatti eccellono nella manifattura e nell'artigianato. Nel comparto calzaturiero e del mobile sono tra i migliori in Italia e nel mondo e a me sembra che le loro aziende siano sempre più solide e fiorenti delle nostre, forse anche perchè non devono subire la "curva" della stagionalità, quella che caratterizza e condiziona la vita di qualsiasi persona, ente, aggregazione o industria della riviera. E forse non hanno modo di sperperare tutti i guadagni nelle innumerevoli distrazioni romagnole, anche se il sabato sera sulla statale da Pesaro verso Rimini si verifica puntualmente l'esodo dei marchigiani verso i luoghi e i locali della movida riminese.
Le ragioni dei comuni del Montefeltro, una zona ibrida da sempre (con influssi anche toscani), hanno risvolti di tipo culturale, pratico e logistico del tutto comprensibili. Per i loro abitanti è più facile raggiungere Rimini che Pesaro e infatti hanno sempre avuto come primo riferimento il centro romagnolo. Per Gabicce il discorso non è poi tanto diverso. Quando si parla di riviera romagnola si stendono i confini da Comacchio a Cattolica ma spesso vi si include anche Gabicce. Per mentalità, metodo e organizzazione Gabicce è parte integrante della riviera romagnola e lo dimostra proprio l'atteggiamento agguerrito dei suoi albergatori. Chi soggiornasse a Cattolica e a Gabicce non noterebbe alcuna differenza sostanziale; non si potrebbe dire lo stesso di chi provasse a soggiornare a Gabicce e poi a Pesaro o Marotta. Un altro mondo.

La tassa di soggiorno è stata introdotta dalla riforma per il federalismo di Bossi e Berlusconi come strumento ad uso e consumo degli enti locali per rendersi sempre più indipendenti dallo stato centralistico. La filosofia di fondo è quella dell' ognun per sè e, a pronunciarla e a sentirla pronunciare, si può anche provare una certa soddisfazione. Vogliamo essere tutti padroni a casa nostra, senza dover dipendere da nessun altro. Si cerca la divisione, la separazione, convinti di poter ottenere più soddisfazione e di non dover sempre contrattare ogni cosa o addirittura chiederla in concessione. Se lo scopo è quello di tutelare gli interessi particolari a discapito di quelli generali, allora bisogna anche mettere in preventivo che si guardi al giardino del vicino. Ma se tutti vogliono il loro giardino privato devono anche essere in grado di curarlo da sè.
Di certo, decidere l'introduzione della tassa di soggiorno a stagione turistica già avviata non è proprio un capolavoro di programmazione politica e amministrativa e, almeno da questo punto di vista, gli albergatori di Gabicce hanno tutte le ragioni per protestare.