giovedì 30 dicembre 2010

Nostra domus


In occasione delle mie recenti immersioni nel mare della cultura riminese (si tocca quasi ovunque senza rischiare mai l'annegamento), ho visitato anche la Domus del Chirurgo. Avrei voluto scriverne prima e colgo l'occasione  per farlo dopo che la stampa locale ha celebrato la recente pubblicazione dell'ultimo libro di Alberto Angela "Impero",  in cui  il figlio del quarkiano Piero ha riservato nella sua opera un sostanzioso contributo a Rimini e alla Domus del medico Eutyches.
Alberto Angela fu invitato dall'amministrazione comunale a presiedere la cerimonia di inaugurazione del sito archeologico di Piazza Ferrari completato nel 2007, dopo ben 18 anni di lavori, non nascondendo la sua profonda impressione per quel ritrovamento. A quanto pare non furono parole di circostanza se, a distanza di così tanto tempo, è tornato sull'argomento in una sua pubblicazione.

La mia visita si è svolta in una domenica di novembre, alla fine di uno degli incontri del ciclo di biblioterapia. In quel mese era in corso l'iniziativa dei "musei aperti" che permetteva di visitare gratuitamente mostre e musei della città (di solito, per il biglietto d'ingresso servono solo 5 euro).
La prima cosa che attira l'attenzione è questa grande teca di vetro e mattoncini che ricopre lo scavo. Dopo il tramonto si accende spiccando al centro dei giardinetti e suscitando la curiosità di chi vi passa vicino. Molti si affacciano alle pareti esterne e sbirciano dentro e probabilmente pensano di poter godere anche così della vista delle varie parti.
All'interno sono stati allestiti dei camminamenti sopraelevati di metallo e plexiglass che consentono di muoversi in tutte le direzioni e di ammirare lo scavo da ogni angolazione. Essendoci ritrovamenti appartenenti ad epoche diverse, si possono ammirare i mosaici della villa del chirurgo ma anche cripte complete di scheletri relative a costruzioni di origine medievale. Insomma, con pochi spiccioli e in appena venti minuti di tempo si può ammirare uno dei siti archeologici più interessanti della regione e di tutto il nord-Italia. Il ritrovamento degli strumenti di lavoro del medico è una scoperta di livello addirittura mondiale dato che esistono pochissimi esempi di attrezzi così ben conservati. Come si può leggere anche nel sito internet, questo è stato possibile a causa del crollo del soffitto della villa che avrebbe ricoperto e protetto nel tempo sia i mosaici che gli attrezzi, consentendo che arrivassero fino a noi. E chi dobbiamo ringraziare per tutto ciò? Questo è davvero curioso: l'incendio è stato provocato da una scorreria degli Alemanni che hanno messo Rimini (Ariminum) a ferro e fuoco. In pratica, gli antenati di quegli stessi tedeschi che quasi 1800 anni dopo avrebbero fatto la fortuna di questo tratto di costa. Poi ci hanno riprovato sulla Linea Gotica e noi, nonostante tutto, li abbiamo accolti a piadina e sangiovese. Ci sarà un motivo per cui la Romagna è da tutti riconosciuta come la terra dell'ospitalità!

mercoledì 29 dicembre 2010

Un sospiro di sollievo: salvati capre e cavoli.


Dopo lunghe e concitate trattative si è giunti ad un accordo soddisfacente: il Grand Hotel di Rimini non sarà "degradato" ad albergo stagionale e il Capodanno Rai non verrà sabotato. Adesso venitemi a dire che d'inverno in riviera non succede mai nulla!
Dal giorno in cui il proprietario del Grand Hotel, Antonio Batani, aveva seriamente prospettato la possibilità di chiudere l'albergo per qualche mese durante l'inverno a causa delle difficoltà a sostenerne i costi in questi tempi di crisi, l'onda delle reazioni e delle proteste è cresciuta giorno dopo giorno,  minacciando di abbattersi senza pietà anche sul discusso Capodanno televisivo in Piazzale Fellini.
Gli esponenti politici del comune e della provincia avevano subito contestato la scelta di Batani perchè il Grand Hotel, prima di essere un'azienda, è un monumento della città di Rimini. Se le aziende appartengono al loro legittimo proprietario, i monumenti appartengono a tutti i cittadini quindi si capisce che questi debbano avere voce in capitolo per tutto ciò che li riguarda.
Inoltre, la chiusura (seppur per pochi mesi) avrebbe comportato la perdita del lavoro per i tanti dipendenti dell'albergo, i quali non possono di certo permettersi di rinunciare neanche ad una mensilità dato che, come tutti noi, tengono famiglia. Perciò i sindacati si sono mobilitati in forze e si sono legati al tavolo delle trattative minacciando di assaltare il palco dello show di Capodanno durante la diretta RAI se Batani avesse dato seguito al suo proposito (chi ha detto che quelli del capodanno in piazza sono soldi sprecati? A quanto pare, a qualcosa sono serviti...).
L'accordo prevede che metà dei dipendenti dell'albergo vengano congedati per tre mesi per poi essere riassunti. L'altra metà resterà in servizio per tutto l'anno e sarà la legge a decidere chi debba essere licenziato e chi debba essere confermato. Tutti si sono detti felici e soddisfatti per l'accordo, Batani in primis. Secondo me aveva preso in considerazione questa soluzione fin dal principio ma, da imprenditore navigato, sapeva che, se l'avesse messa subito sul tavolo della trattativa, i sindacati si sarebbero opposti per ostacolarlo e per ottenere qualcosa di più perchè, si sa, in una contrapposizione che non può prescindere da risvolti ideologici, non conta chi ha ragione ma conta soltanto portare a casa punti che muovano la classifica. Quindi Batani  è partito da molto più indietro (la chiusura totale per l'inverno) per ottenere ciò che voleva, poco importa che qualcuno possa pensare che si tratti di una vittoria del sindacato e dei lavoratori. E probabilmente ha strappato anche promesse e  impegni per il futuro alle istituzioni locali.

Informati che non avrà più luogo l'azione guastatrice dei rappresentanti sindacali e dei lavoratori, i vigili urbani devono aver pensato: se non possiamo trascinare nessuno giù dal palco della diretta Rai, ci saliamo noi! E minacciano lo sciopero con relativo corteo di protesta proprio per la sera del 31 dicembre.
Non si può stare tranquilli neanche per un momento... c'è sempre qualcuno che si lamenta! Che sia il segno tangibile che "crisi" non è solo una parola usata con intenti disfattisti ma una situazione reale e consolidata, che prima o poi tutti dobbiamo affrontare? A quanto pare soltanto a Roma continuano a non accorgersene.

venerdì 24 dicembre 2010

Auguri


Sono cose che non si fanno, lo so, ma a volte la mente sa essere debole almeno quanto la carne: con questo post supero il totale degli interventi dell'anno passato. Il 2010 batte il 2009 per 26 a 25, se non più, dato che l'anno non è ancora ufficialmente terminato.
Sono vergognosamente pochi, me ne rendo conto. Vuol dire che posso solo migliorare. E poi non siamo tutti Awesome come Neil Pasricha (che, per inteso, ha pubblicato il libro ancor prima di finire il blog e questo mi porta a pensare che: a) si è preparato anzitempo le sue 1000awesomethings per non essere costretto a mettersi al tavolo e scriverle giorno per giorno; b) certe trovate, per quanto buone, non tengono il passo con il livello di pazienza dell'uomo medio e qualcuno deve avergli suggerito che sarebbe stata una buona idea farne al più presto un libro prima che la gente si stanchi o si dimentichi. Per non parlare di quelli che vogliono sapere subito come va a finire).
Detto questo e considerate le circostanze...Buon Natale a tutti.

venerdì 17 dicembre 2010

Basta neve...ci arrendiamo!


L'ultima volta che ha nevicato tanto è stato più di vent'anni fa. Andavo ancora a scuola e non avevo la patente quindi non avrei potuto sbandare e scivolare contro la parete di un sottopasso ferroviario, come un pataca qualsiasi.
Da due giorni la mia auto è parcheggiata davanti a casa, sepolta sotto la neve e questo mi risparmia almeno la vista dei danni. Quando si sarà sciolta sarò autorizzato a mettermi le mani nei capelli.
Per adesso mi muovo poco e solo a piedi. Ieri sono andato in centro per alcune commissioni e nel ritorno ho visto un topolino con la coda rigida dal gelo che correva sopra la neve. Una morbida pallina di pelo marron-grigiastro che rimbalzava su un mare di spuma senza lasciare tracce, prima di finire in buca alla base di un palo della segnaletica stradale. E' uno spettacolo che mi sarei perso, se fossi stato in macchina. 
Cerco di consolarmi così, dato che non potrò neanche ottenere un risarcimento dall'assicurazione. Sono arrivato ad immaginare che una delle rare auto che passano davanti a casa, sbandi a causa del ghiaccio e finisca contro la mia. Sarei pronto a gettarmi dal terrazzo di casa sul tetto della macchina, prima che  il pirata possa tentare di svignarsela e sottrarsi alle sue responsabilità!

Com'era prevedibile, la riviera è andata in tilt. Non siamo attrezzati per questo tipo di evento, a livello di mezzi e di mentalità. Lo subiamo passivamente come una fatalità contro cui nulla possiamo e potremo mai. E vigliaccamente cerchiamo di sviare l'attenzione sulla cartolina della spiaggia innevata, delle cabine e dei mosconi imbiancati.
Certo, in questi tempi di vacche magre, pretendere che i comuni si muniscano di tutta l'attrezzatura e del personale necessario per far fronte con prontezza ad emergenze con scadenze ventennali, sarebbe pretendere un pò troppo....
La frase che ormai si sente pronunciare più frequentemente è: "all'inizio mi piaceva ma adesso comincio a stufarmi!".

mercoledì 15 dicembre 2010

A proposito di sosia...


Parlando di sosia, mi è venuto in mente un episodio memorabile di qualche estate fa. Lo riporterò esattamente come lo scrissi allora nell'e.mail che avevo inviato ad alcuni amici (per chi ancora non lo sapesse, questo blog è la naturale evoluzione di una corrispondenza che usavo intrattenere ogni estate con gli amici più cari che, a causa del mio lavoro, non potevo frequentare regolarmente).

I coniugi P. sono finalmente partiti dopo quasi un mese di soggiorno. Il congedo è stato all’altezza di tutto quello che l’ha preceduto: lui è andato a prendere l’auto e quando è tornato  sembrava un padre al quale hanno annunciato la nascita del primogenito maschio; ci informa che ha appena conosciuto nientemeno che Hulk Hogan! L’ha incontrato al parcheggio che usciva da una Opel Corsa targata Milano. 
Ci sta Hulk Hogan dentro una Opel Corsa? E’ stato questo il mio primo pensiero. Però, appena un paio di giorni prima, io stesso avevo visto passare davanti all’hotel un armadio biondo con la bandana, in compagnia di una donna, e ricordo di aver pensato: ma chi è, Hulk Hogan?  Era identico, forse un po’ più basso ma dopotutto l’ho sempre visto soltanto alla tv. Insomma, P. poteva anche aver ragione.  
Si è subito presentato attaccando bottone, ignaro di qualunque tipo di minaccia che potesse provenire dal suo poderoso interlocutore. Gli ha stretto la mano che, parole sue, era grande quanto una padella, e gli ha domandato (testuale): “ma lei professa ancora il wrestling?” Poi gli ha chiesto notizie dei suoi ex colleghi Antonio Hinoki, Andrè The Giant e Tigermask. Qualcuno tra quelli che erano lì con me ad ascoltarlo con tanto d'occhi gli ha domandato come avessero fatto a capirsi e P. , serafico, ha risposto che Hulk parlava  sì tedesco ma che si erano capiti benissimo.
Parlava tedesco???

Fastidiose interruzioni


Biblioterapia - come curarsi o ammalarsi coi libri (seconda edizione), a cura della Biblioteca civica Gambalunga di Rimini.
Incuriosito e sinceramente interessato all'argomento, mi sono iscritto al ciclo di incontri sul tema versando la quota prevista di 30 euro. Otto appuntamenti, dal 17 ottobre al 5 dicembre, ogni domenica pomeriggio alle 17,00 presso le sale della Biblioteca o dell'Istituto Musicale Lettimi.
I relatori che sono intervenuti sono perlopiù scrittori ma anche attori di teatro, filosofi, professori universitari.
Il pubblico era composto per la maggioranza da donne, età  media piuttosto alta, intorno ai 50 anni. Io ero uno dei più giovani, figuriamoci! C'erano molti insegnanti (la rassegna assegnava crediti formativi). Alcune facce non mi erano nuove, infatti le avevo viste anche alle conferenze filosofiche del venerdì a Misano, organizzate dalla locale biblioteca comunale. Questo conferma il fatto che in riviera gli eventi culturali fuori stagione hanno un pubblico ristretto ma affezionato, una specie di setta i cui componenti si incontrano solo in certe occasioni. Temo che se si ritrovassero in contesti diversi nemmeno si riconoscerebbero.
Uno di loro è stato da me ribattezzato "Mario" perchè assomiglia in modo impressionante al compianto attore romano Mario Brega, comparso in memorabili Spaghetti-Western di Sergio Leone ma assurto a gloria eterna con i film di Carlo Verdone. Era proprio tale e quale, dalla mole fisica alla barba brizzolata, dalla calvizie agli occhiali, alla voce tonante, solo che era romagnolo al cento per cento.
L'avevo preso subito in simpatia anche perchè, nei dibattiti che seguivano alle lezioni dei relatori, interveniva regolarmente con domande o commenti (non sempre a proposito, a dire il vero) che toglievano tutti dall'imbarazzo del tipico silenzio che segue l'invito degli organizzatori: "e adesso diamo spazio alle domande del pubblico!". Questo, almeno fino al giorno in cui "Mario" si è prodotto in un'uscita infelice che gli ha fatto perdere molte posizioni nella griglia della mia considerazione.

Era la domenica dell'incontro con Patrizia Zappa Mulas, attrice di teatro e scrittrice, che avrebbe dovuto esibirsi in un reading , ossia una lettura ad alta voce, sul tema "Il messaggero. Un narratore senza nome".
"Mario" era seduto un paio di file davanti a me. Subito dietro di lui c'erano due ragazze molto giovani, probabilmente studentesse universitarie, che avevo visto anche in occasione di precedenti incontri. Parlavano tra loro nel modo in cui parlano di solito le ragazze di quell'età: ad alta voce, con concitazione, spesso sovrapponendosi e inframezzando le frasi con risatine e squittii scoiattoleschi. Posso capire che qualcuno potrebbe trovarle moleste ma in quell'occasione secondo me rendevano più lieve lo spirito aleggiante nella sala data la presenza di varie "mummie" e anche di una vecchia sulla sedia a rotelle in prima fila. E poi mi ricordavano i miei anni di studente universitario quindi ero in uno stato di assoluta tolleranza.
Ad un certo momento la curatrice della rassegna ha preso la parola per la consueta introduzione dell'incontro e presentazione dell'ospite. Le due ragazze hanno continuato a chiacchierare  ma abbassando il volume di un paio di tacche e dopo nemmeno dieci secondi "Mario" si è girato verso di loro per ringhiare un "Basta parlare! Io voglio seguire la conferenza!" che non lasciava spazio a repliche. Infatti le due ragazze si sono "spente" di botto, come se qualcuno avesse strappato la spina dal muro.

Ha reagito come avrebbe reagito il vero Mario Brega? Non lo so.  Dubito che quest'ultimo avesse mai potuto trovarsi ad un reading della Zappa Mulas, mi è sempre parso una persona interessata a cose più concrete. Però, se anche ci fosse capitato per caso, sono sicuro che si sarebbe dimostrato più bonario e più tollerante del suo sosia romagnolo. In fondo si trattava solo dell'introduzione della curatrice, non della performance dell'attrice... La mia opinione personale è che da queste parti certe iniziative sono così rare che la gente non ha modo di sviluppare la disinvoltura necessaria per godersele. Intendiamoci, "Mario" aveva ragione ma nel suo tono ho avvertito un messaggio sottinteso, quello che dice: non è cosa per voi, giovincelle, quindi abbiate riguardo per chi è davvero interessato! Quindi ho trovato l'interruzione di quel signore più fastidiosa di quella delle due ragazze. Ci si dovrebbe rallegrare quando si trovano i giovani ad eventi come questo ma forse qui ci siamo convinti che il loro posto sia nelle discoteche, nei pubs, nelle sale giochi e sui campi di calcio, tutti "recinti" in cui possono sfogare la loro esuberanza senza dar fastidio a chi ha di meglio da fare.



venerdì 10 dicembre 2010

Con le migliori intenzioni


Sulle pagine dei quotidiani locali avevo letto di un corso di scrittura scenica per il teatro organizzato da un'associazione culturale  di Rimini. La sera della prima lezione sono partito da casa munito di penna e quaderno, contento di potermi dedicare a qualcosa di diverso dal solito.
La sede dell'associazione, che era anche quella del corso, è situata in una traversa del lungomare di Rivazzurra. Non è stato un problema trovare parcheggio e mentre camminavo passando in rassegna i numeri civici lungo il marciapiede deserto cosparso dalle prime foglie cadute, osservavo gli alberghi e i ristoranti chiusi, le vetrine dei negozi spente e serrate. Impossibile non avvertire il contrasto con la vita brulicante e chiassosa dei mesi estivi.
A volte, dopo il lavoro, se non sono particolarmente stanco, mi piace girovagare un pò in macchina per svuotare la mente dai pensieri e distrarmi cambiando scenario. Metto un cd nel lettore e mi infilo nella infinita coda di mezzi sul lungomare: auto, moto, scooters, biciclette e gli odiatissimi risciò. Osservo le persone camminare  e unirsi in una sorta di frenetica osmosi lungo i marciapiedi oppure mentre sono sedute ai tavoli fuori dagli alberghi, nei ristoranti e nei bar.  E' il mio piccolo film della notte. In qualche occasione mi spingo tanto in là che torno a casa più tardi di quanto dovrei ma non m'importa. Il sonno non è l'unico  modo per conservare la salute.

Il palazzo con la sede dell'associazione era un condominio di 6 piani nuovo di zecca ma completamente disabitato, come tanti altri lì intorno. Appartamenti chiusi anzi, sigillati, in attesa di aprire i battenti agli affittuari estivi.
Nel quadro dei campanelli, tutti contrassegnati da un numero, spiccava l'unico con l'etichetta personalizzata:  Arteficio - Associazione Sportiva Dilettantistica. L'ho trovato molto insolito. Che avessero anche una squadra di calcio?
Ho notato un ingresso laterale illuminato, al quale si accedeva con una breve rampa di gradini, con il nome dell'associazione sulla portone  di vetro e alluminio e mi ci sono diretto senza suonare alcun campanello.  Nel piccolo atrio ,  ai versanti opposti di un banco di ricevimento, due ragazze stavano conversando.  Ho detto di essere lì per il corso di scrittura scenica e la ragazza dietro il banco mi ha fatto compilare un modulo mentre quell'altra si è presentata come Chiara, collaboratrice del corso e psicologa. Aveva glaciali occhi azzurri e una di quelle espressioni languide che ti fanno contorcere dentro i vestiti. Mi hanno invitato ad aspettare qualche minuto, affinchè si liberasse la sala. Infatti sentivo della musica e degli incitamenti provenire da un'altra stanza, in fondo ad un  breve corridoio.
Poco dopo sono arrivati alla spicciolata anche gli altri partecipanti al corso e i due istruttori: Alberto e Chiara della compagnia Korekanè (per comodità indicherò l'istruttrice come Chiara1 d'ora in avanti, per distinguerla dall' ammaliante collaboratrice Chiara2).
Dopo pochi minuti la musica era cessata e dal corridoio sono arrivate tre ragazze scapigliate e accaldate che hanno salutato tutti mentre uscivano indossando i giacconi sopra il body e le pantacalze. Ricordo di aver pensato: però, si danno da fare in questa associazione! L'affluenza non è proprio da record ma, appunto per questo, tanto di cappello a chi si sforza di creare queste iniziative.
 
Mi sono diretto verso la sala e appena entrato ho avuto un momento di smarrimento. Nella stanza non c'erano nè tavoli nè sedie: era uno spazio unico, completamente sgombro, con un lucido parquet sul pavimento e le pareti ricoperte di specchi, con una maniglia che correva intorno al perimetro ad un metro da terra. Ho avvertito un lieve pizzicore dietro al collo, che risaliva veloce per la nuca. Sono tornato indietro sospettando di aver sbagliato stanza.  In effetti non c'era traccia di tutti gli altri ma questo perchè si erano infilati nei due spogliatoi lungo il corridoio. Entro anche io nello spogliatoio maschile e appendo il giubbotto alla parete. Ritorno nella sala e Chiara1 mi invita a togliermi le scarpe e a restare in calzini facendomi notare che avrei dovuto indossare indumenti più comodi al posto dei jeans. Decido che a quel punto era inutile mettersi a fare troppe domande anche perchè sembrava che tutti sapessero benissimo cosa fare e che parlassero tra loro come se si conoscessero già. Lascio anche le scarpe nello spogliatoio e torno nella sala scalzo, con la penna e il quaderno che a quel punto capisco essere superflui: li ho posati sul pavimento, in un angolo dove erano ammucchiate borse, borselli e telefoni cellulari. Aspetto in mezzo alla sala insieme agli altri, assicurandomi che i miei calzini non lasciassero dietro di sè impronte umide di sudore.

Eravamo nove in tutto: oltre al sottoscritto c'erano i due istruttori, Alberto e Chiara1; la collaboratrice, Chiara2; due ragazzi, uno alto e l'altro più basso col pizzetto;  due ragazze, una delle quali andava in giro con la maglietta sbottonata a mostrare una vistosa scollatura; e un'altra ragazza sui 20 anni di nome Rosita che in effetti era un  vero "fiore":  alta circa un metro e settanta, capelli biondi raccolti dietro la nuca, grandi occhi azzurri, carnagione chiara e dei modi che esprimevano grazia e timidezza. Io e Rosita eravamo gli unici nuovi  arrivati, tutti gli altri erano reduci dall'edizione dell'anno scorso.
Chiara1 ha dato inizio alla lezione invitando a sciogliere i muscoli del collo. In piedi, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, ha cominciato ad oscillare la testa in tutte le direzioni. A questo punto ho avuto la certezza di aver frainteso ogni cosa riguardo quel particolare corso. Non ero ancora sicuro di cosa trattava ma almeno sapevo cosa non trattava: ho lanciato un'occhiata d'addio al quaderno e alla penna sul pavimento, ho tirato un bel sospiro e ho iniziato  a lavorare di collo.
Subito dopo abbiamo cominciato a correre per la sala, prima per linee rette e poi con improvvisi scarti in ogni direzione. Altri esercizi per le articolazioni che mi hanno riportato con la mente alla mia breve carriera calcistica e poi....qualcosa di completamente diverso. Siamo stati divisi in due gruppi e addossati alle pareti  ai latti opposti della sala. I componenti di un gruppo, uno per volta, dovevano chiudere gli occhi e camminare attraverso la stanza fino all'altro gruppo, dove qualcuno si sarebbe preoccupato di fermarlo prima del muro. Anche se i rischi erano praticamente nulli, ho notato che la maggior parte delle persone rallentava drasticamente l'andatura già a metà sala. Fidarsi è bene...eccetera, eccetera.
Altro esercizio simile ma a coppie. A turno, bisognava chiudere gli occhi e farsi guidare dal compagno per la stanza, esplorando con il tatto l'ambiente, toccando gli oggetti, o ubbidendo alle sue silenziose indicazioni trasmesse con la pressione delle mani sulle spalle o sulle braccia.
Poi è venuto il momento della comunicazione visuale. Vagare qua e là individuando di volta in volta dei "bersagli" nelle altre persone e seguirle per un pò; camminare per fermarsi all'improvviso davanti a qualcuno e osservarsi attentamente da capo a piedi (unici momenti di difficoltà: quando ho incrociato Chiara2, quella con lo sguardo che apre anche le scatolette di tonno, la quale mi ha fatto saltare per aria tutti i bottoni; e quando ho affrontato miss scollatura che, l'ho capito  in quel momento, non aveva lasciato nulla al caso....). E che dire di Rosita? Avrei potuto stare a guardarla per tutto il tempo della lezione ma era così timida che, immagino, questo avrebbe anche potuto ucciderla.
Lo scopo di quest'ultimo esercizio era quello di allenare la capacità di osservazione. Gli istruttori hanno scelto alcuni di noi e hanno chiesto loro di descrivere con esattezza ogni singolo dettaglio di chi avevano osservato: com'era vestito, di che colore avesse gli occhi e i capelli, se portava collane, orecchini (e come erano fatti)....

Ormai avevo capito di cosa trattava il corso e poco dopo Chiara1 lo ha ricordato a tutti esponendo il progetto al quale avremmo dovuto lavorare: una rappresentazione che partiva da un testo già pronto (un'opera di A. Schnitzler) ma avrebbe dovuto conformarsi in base al contributo di ognuno in fase di prova e sperimentazione. "Scrittura scenica" era quindi da intendere come costruzione e sviluppo della scena attraverso il lavoro degli attori.
Per quanto l'abbia trovata un'esperienza diversa e interessante sotto molti aspetti, tra cui quelli di poter saltellare scalzo sul parquet, toccare e guardare negli occhi belle ragazze, interagendo con le persone in modi completamente diversi da quelli che siamo soliti praticare ogni giorno e che, curiosamente, mi sono parsi molto più autentici....ho deciso di non continuare il corso.  La mia attenzione si dirige altrove, per adesso, ma un giorno potrei riprovarci.


(Un sabato sera, diverse settimane dopo, mi trovavo in "piazzetta" a Rimini, cioè nella zona dei locali intorno alla vecchia pescheria. Nella folla ho intravisto Chiara2 che parlava con un'amica. Aveva il suo solito sguardo ma regolato sul minimo, come usa fare Ciclope degli X-Men con il suo visore al quarzo rubino. Subito dopo ho visto anche Rosita mentre correva con un'amica da qualche parte, ma non lontano. E una mattina, al bar, ho visto sul giornale una foto di Chiara1 nuda dentro un carrello del supermercato. Forte!!)


giovedì 18 novembre 2010

Una visita al sottobosco

Diciamo la verità: in riviera non c'è mai stato molto spazio per la cultura. Soltanto negli ultimi anni si assiste ad un tentativo di recupero su questo versante, anche per arricchire un'offerta di accoglienza che rischia di fossilizzarsi su scenari conosciuti e ampiamente sfruttati. E soprattutto non più esclusivi: il turismo balneare non ha più confini e le discoteche e i locali di tendenza sono sorti ovunque. 
Nonostante ciò, mi sembra che permanga una sorta di diffidenza verso eventi ed iniziative di tipo strettamente culturale, sia da parte dei turisti che da parte dei cittadini di qui. Anche chi accetta di parteciparvi lo fa senza riuscire a liberarsi del tutto da un certo disagio, come se si domandasse ad ogni passo se sia davvero il caso spingersi tanto in là.
Si dice che i periodi di crisi economica spingano ad avvicinarsi, o a tornare, a determinati aspetti dell'esistenza, di solito trascurati a vantaggio di altri. Si esce e si viaggia meno quindi si passa più tempo a raccogliersi in se stessi...Credo che questo sia vero solo in parte. Ci sono ormai troppe persone che si sentirebbero perdute una volta raccolte in se stesse. Per fortuna che c'è la televisione, il vero ammortizzatore socio-esistenziale di questi anni, che impedisce a tutti noi di schiantarci a terra se appena tentiamo la via del pensiero profondo: un lungo e stretto cornicione che corre sopra il baratro.
Comunque sia, una volta chiuso l'albergo, sono andato alla ricerca di occasioni che mi permettessero di coltivare i miei interessi, quegli stessi che sono sempre costretto a sacrificare durante l'estate, per mancanza di tempo e di lucidità mentale.
"Andare alla ricerca" è l'espressione giusta perchè non risulta facile trovare occasioni di approfondimento culturale nel quotidiano. Il massimo a cui si può aspirare è notare un manifesto negli spazi della pubblica affissione ma quante persone conoscete che leggono i manifesti? Perciò bisogna spingersi molto più in là, inoltrarsi in un sottobosco particolare. Bisogna entrare nelle biblioteche e nelle librerie, spulciare i giornali locali (soprattutto quelli distribuiti gratuitamente) oppure far visita a quegli amici misantropi che rifuggono la mondanità come se fosse un morbo contagioso. Loro vi sapranno aggiornare su ogni più piccolo evento culturale, dalle mostre comunali alle esposizioni private in qualche garage.
Nel corso delle ultime settimane ho acquisito ogni tipo di informazione su corsi, mostre, laboratori, incontri, conferenze e via dicendo, operando un'attenta selezione in base ai miei interessi. Quindi il materiale raccolto non è che una parte di quello disponibile, il che dimostra quanto l'offerta di eventi ed iniziative culturali nelle nostre zone sia più ricca di quanto uno s'immagini.
Procedo ad un breve elenco esemplificativo seguendo gli opuscoli, i libretti e i volantini che ho sotto gli occhi:
  • Università Aperta "Giulietta Masina e Federico Fellini" di Rimini: Guida ai Corsi. Anno Accademico 2010/11.
  • Teatro della Regina di Cattolica, Stagione 2010/11.
  • Avvolti dalla scrittura: laboratorio di introduzione all'arte della scrittura autobiografica (a cura di Anna Cecchini)
  • Incursioni Filosofiche, coordina Loris Falconi, consulente filosofico (l'accompagnamento di caffè, tisane e torte varie prevede un contributo di 5 euro)
  • Biblioterapia: come curarsi (o ammalarsi) coi libri, seconda edizione - conversazioni a cura della Biblioteca Comunale Gambalunga di Rimini.
  • "I bambini ci guardano"- 4 incontri di cinema e psicanalisi.
  • Corso di filosofia pratica: diventare ciò che si è (a cura di Loris Falconi).
  • "Con noi non diventi famoso ma puoi essere qualcuno" - Cerchiamo nuovi volontari (Volontarimini).
  • L'Epoca delle Passioni Tristi - ciclo di conferenze a cura della Biblioteca Comunale di Misano Adriatico.
  • Scuola di Scrittura Creativa, a cura dell'associazione Rablè.
  • Laboratorio teatrale del "Teatro Instabile" - Assessorato alla Cultura del Comune di Gabicce.
  • XVI Rassegna Cineclub Notorius di Rimini, presso il cinema Tiberio di Borgo S.Giuliano.
  • Rassegna cinema d'autore del Cinema Astra di Misano Adriatico, a cura dell'associazione Effetto Notte.
  • Rassegna cinematografica "Sguardi sul cinema" a cura del circolo cinema di Cattolica Toby Dammit, presso il Salone Snaporaz di Cattolica.
L'elenco potrebbe continuare con i programmi di altri teatri, altre rassegne cinematografiche, mostre d'arte, rassegne musicali, ma anche sagre, fiere e musei. In genere non ci sono nomi conosciuti ai più tra chi cura o interviene a questi eventi ma alcune iniziative cominciano ad avere un curriculum importante e può capitare di assistere al numero di personalità famose, gente che scrive sui giornali o fa l'ospite in note trasmissioni!
Non mancherò di riportare testimonianze dirette e personali nei prossimi post.

lunedì 15 novembre 2010

Resistenza

Sono finiti i tempi in cui il lavoro stagionale permetteva di svernare occupandosi soltanto di impegni come la manutenzione delle strutture, la corrispondenza con i clienti, la promozione pubblicitaria. Spesso queste attività sono tutt'altro che marginali (ad esempio, quando si devono affrontare grandi lavori di ristrutturazione) ma vengono comunque "spalmate" sull'arco dei mesi che vanno dalla chiusura all'apertura e comportano il reinvestimento dei guadagni dell'estate. Come giustamente faceva osservare un anziano collega albergatore, incontrato in edicola l'altra mattina, i conti della stagione si fanno all'inizio di quella successiva, quando si è finito di pagare ogni spesa. Allora si può veramente giudicare come sia andata, se sia stata bella o brutta. Diciamo che, anche senza arrivare all'ultimo giorno, uno se lo immagina.
Oggi, in particolare dopo le ultime sanguinose annate, ci si deve reinventare per poter sostenere anche il più modesto tenore di vita. Insomma, chi si ferma è perduto. Lo dimostra il fatto che sempre più alberghi medio-piccoli chiudono o vengono trasformati. Molte famiglie, dopo aver fatto i loro calcoli, arrivano alla conclusione che la gestione stagionale di un hotel non è più un'attività redditizia o addirittura sufficiente per far fronte alle loro esigenze. E mollano. Una percentuale significativa delle strutture che hanno chiuso alla fine dell'estate, non riaprirà in primavera. In certi casi ci sono circostanze contingenti: i figli hanno trovato lavoro altrove per tutto l'anno, magari uno di quei lavori da mille euro al mese o poco più, ma si sentono più garantiti per il futuro (anche dal rischio di ammalarsi di esaurimento nervoso ogni anno). Questa è l'aria che tira in riviera e chiunque voglia venire qui ad annusarla se ne accorgerebbe.

Il Grand Hotel di Rimini ha annunciato che si trasformerà in albergo stagionale, non più annuale. I costi di mantenimento non sono più sostenibili e, anche se per pochi mesi all'anno, questa istituzione del turismo e della storia riminese chiuderà i battenti. E' una decisione legata alla contingenza economica quindi non definitiva. La proprietà spera di poter tornare alla gestione annuale quanto prima, sempre che si creino i presupposti. Molti hanno protestato o avanzato perplessità su questa scelta, come se il Grand Hotel, proprio in quanto simbolo di Rimini e della riviera, non potesse venir meno alla propria immagine e al proprio ruolo istituzionale nella città, nemmeno per pochissimi mesi. D'altro canto, non si può chiedere a qualcuno di sacrificarsi per tutti solo per salvare le apparenze. Perchè indossare lo smoking per cena quando viene servito solo un piatto di lenticchie? Forse è meglio scegliere una veste da camera, sobria e pulita, e mettere un pò di carne nella minestra.

A fronte di chi sceglie di accorciare la stagione, c'è chi opta per il suo prolungamento. Come quegli alberghi che si sono dotati di impianti di riscaldamento/condizionamento e decidono di restare aperti per tutto l'anno, offrendo solo il servizio di camere con o senza colazione e rassegnandosi perlopiù ad accogliere solo gli avventori del finesettimana. Fiere e congressi non bastano ancora per accontentare tutti, dato l'alto numero di alberghi presente nella zona.
E' una scelta che non sempre paga, soprattutto perchè la riviera non ha ancora intrapreso in maniera convinta la strada del turismo invernale o "fuori stagione". Qualcuno si accontenta si far pari, come si suol dire, e magari di accapararsi qualche cliente per l'estate seguente; qualcun altro non riesce a vedersi in panni diversi e quindi a reinventarsi, anche per poco, con altri mestieri; qualcun altro ancora invece sì, e si adatta a fare cose diverse. Non che si possano fare miracoli, almeno io la vedo così, oppure resistere è di per sè un piccolo miracolo.


mercoledì 20 ottobre 2010

Ferragosto, vacanza mia non ti conosco

Qualcuno si sarà domandato se nel giorno di Ferragosto sia accaduto qualcosa di grave dato che da allora non ho più dato notizie. Non sarebbe nemmeno un ipotesi così infondata considerando che questa giornata rappresenta da sempre il climax dell'intera stagione. Il fatto è che quest'anno abbiamo assistito ad uno dei Ferragosti più modesti della storia, in linea con l'andamento dell'intera stagione. Non c'è stato il tutto esaurito ed è rimasta anche una camera libera, tanto per darci conferma che non c'era trippa per gatti. In compenso, abbiamo recuperato nelle sue settimane successive, il che fa sorgere più di un dubbio sul mantenimento delle vecchie abitudini degli italiani. Molti ormai preferiscono trascorrere il 15 a casa e partire dopo. Non è solo una questione di prezzi dato che nella settimana successiva al Ferragosto questi rimangono invariati. Probabilmente si pensa di trovare meno confusione, o di evitare la compagnia di "quelli del Ferragosto", persone rumorose e moleste, in preda a deliri festaioli. Non saprei dire. Di questi tempi, solo il fatto di riuscire a farsi le vacanze meriterebbe un festeggiamento a parte. Infatti io non le farò ma questo è un argomento che avrò modo di sviluppare nei prossimi interventi.

lunedì 11 ottobre 2010

Rompo il silenzio

Un silenzio tanto lungo non ci sta molto bene in un blog, lo so. Chiedo perdono ma si tratta della sindrome di fine-stagione: corpo e mente se ne vanno per conto loro appena slegate le catene che per mesi li hanno imprigionati in un unico spazio e in un unico pensiero. Ora stanno tornando quindi seguiranno gli opportuni aggiornamenti.
Viva l'autunno!

domenica 15 agosto 2010

Un posto pericoloso

Sarà che comincio ad accusare la stanchezza ma in certi momenti questo mi sembra un posto pericoloso.
Meno di due settimane fa uscivo per andare a fare il solito carico di spesa. Stavo per salire in macchina quando l'ululato di una sirena mi ha bloccato tra il montante e lo sportello. Sono arrivati un'ambulanza, un'unità medica di rianimazione e un mezzo dei Vigili del Fuoco. Si sono fermati lungo la via, davanti all'albergo prospicente il nostro. I paramedici si sono lanciati all'interno mentre cinque Vigili del Fuoco sono scesi dal mezzo e hanno cominciato ad aprire portelli e portelloni. I passanti si isono immobilizzati, teste e busti sono comparsi alle finestre e ai balconi. Alcuni vigili urbani che passavano di lì casualmente si sono affrettati a bloccare l'ingresso nella via e a deviare il traffico.  Per un istante sono stato travolto dall'istinto di scappare e di risparmiarmi quello spettacolo ma l'assembramento di mezzi mi impediva di uscire con la macchina. Ci vuol poco ad immedesimarsi e infatti ero già alle prese con il pensiero: sarebbe potuto toccare a noi...che mi mette addosso sempre una certa angoscia.
Un Vigile del Fuoco si è caricato in spalla una sorta di zaino metallico che dei cavi collegavano ad una enorme tenaglia. Un collega lo ha aiutato a trasportarla all'interno.
Ho provato a farmi un'idea di quello che poteva essere successo. Non vedo uscire fumo da nessuna parte e quell'attrezzo non serviva di certo a spegnere incendi. Qualcuno rimasto chiuso nell'ascensore? Ma i paramedici allora? Forse l'ascensore è precipitato! Nel corso degli anni mi sono immaginato tutti i possibili incidenti con l'ascensore e tra questi c'era anche la rottura dei cavi che lo sorreggono e lo fanno viaggiare.
Alcuni clienti dell'hotel erano seduti ai tavolini della terrazza e non sembravano particolarmente allarmati. Forse la situazione non era così grave oppure il cinismo umano ha raggiunto nuovi traguardi.
Con il passare dei minuti sono trapelate le prime indiscrezioni: una dipendente dell'hotel che lavorava in cucina aveva un braccio incastrato nella macchina impastatrice. Le mie ginocchia hanno barcollato. Mia madre, che si trovava a pochi metri da me, si è messa una mano davanti alla bocca per smorzare un grido di orrore.
Poco dopo i Vigili del Fuoco sono usciti. Quello che portava le tenaglie si è affrettato a togliersi di dosso tutto il macchinario e ha sbottato: " che cazzo di sudata!". E si è acceso subito una sigaretta. Non mi sono parsi bei segnali, temevo di veder uscire la poveraccia con il braccio maciullato. Però un'impastatrice non è un tritacarne, a meno che non fosse così potente da avergli staccato la mano.
La donna è uscita in barella accompagnata dai paramedici. che l'hanno caricata sull'ambulanza. Sembrava più esausta che spaventata e aveva una mano tumefatta e gonfia, con lividi che risalivano fin quasi al gomito. Tutto sommato se l'è cavata abbastanza bene perchè non ha riportato nemmeno una frattura e dopo qualche giorno  è tornata a lavorare.


venerdì 6 agosto 2010

Partire è un pò morire

Nel 2010 non dovrebbe rivelarsi un'avventura raggiungere la riviera romagnola per le vacanze eppure in qualche caso è proprio così. Non mi riferisco alle ore di coda sull'autostrada che ormai sono la regola, e nemmeno ai treni affollati in cui ci si fa strada a valigiate ma ci sono paesi da cui può rivelarsi davvero difficile raggiungere le nostre spiagge se non si è muniti di un mezzo proprio. Non sto parlando del Kirghizistan o di Sao Tomè & Principe ma della vicina, civile e organizzatissima Svizzera.
Stavo riflettendo su tutto ciò mentre, all' una e un quarto della notte, fuori dal casello autostradale di Riccione, aspettavo sotto una pioggia battente il pullman per Berna che doveva prelevare G. e la sua compagna di vacanze A. per riportarle a casa.
Il pullman era partito alle 18,00 da Potenza e secondo la tabella di viaggio avrebbe dovuto uscire a Riccione intorno all' 1,30. Le due signore si erano raccomandate che chiamassi l'autista nel pomeriggio, per assicurarmi dell'orario e del luogo di incontro. Non volevano che finisse come l'anno scorso, quando tutto era andato storto. Anche allora l'appuntamento era per le ore 01,30 fuori dal casello dell'autostrada. Avevamo prenotato per loro un taxi che avrebbe dovuto prelevarle in albergo intorno all' una per portarle al luogo d'incontro. Quello però si era presentato poco dopo mezzanotte con la scusa che aveva altre corse da fare e le ha portate a destinazione con un'ora abbondante di anticipo. A questo primo contrattempo se ne è aggiunto un altro ben più grave: il pullman aveva un ritardo di 2 ore! Quindi le due attempate signore (entrambe sopra gli ottant'anni) sono state costrette ad aspettare 3 ore fuori da un casello dell'autostrada, con macchine e camion che andavano e venivano e, a sentire loro, sotto la costante minaccia di venire rapinate, picchiate e violentate da qualche malintenzionato sbucato dall'oscurità.

- Appiamo aspettatto fin all'alboggiorn! - Continuava a ripetere G. fissando un punto indefinito al di sopra della mia testa e rivivendo all'istante tutta la loro odissea che, evidentemente, la perserguitava ogni notte da un anno con incubi terrificanti. Da quando avevo dato la mia disponibilità ad accompagnarle non facevano che ringraziarmi e raccontarmi da cima a fondo tutto quello che avevano dovuto passare quella notte. Credo che lo facessero per giustificare  il disturbo per il quale mi avevano promesso anche una lauta mancia.
Lo so, i tassisti non vedono di buon grado gli albergatori che rubano loro il lavoro ma in questo caso , visti i precedenti, solo a nominare la parola taxi si levavano al cielo maledizioni e scongiuri. Non ne volevano proprio sentir parlare. Non volevano qualcuno che le accompagnasse e che poi le lasciasse al loro destino. Volevano qualcuno che potesse fornire un'assistenza completa e che le mettesse al riparo da qualunque rischio e da eventuali sorprese. 
Insomma, volevano un maggiordomo.
Avevamo concordato di partire dall'albergo all'1,00 e alle 23,30 erano già di sotto con i bagagli: due grandi valigie a rotelle e poi borse e borsine varie che per maggiore praticità avevano cercato di mettere una dentro l'altra. G. indossava una bizzarra tenuta da viaggio: pantaloni e giacchettino di cotone felpato a scacchi  bianchi e neri ma scacchi di misure diverse tra il pezzo sopra e quello sotto. L'effetto, oltrechè anti-estetico, era leggermente ipnotizzante.
Una volta riposto il bagaglio in un angolo dove non desse troppo fastidio si erano sedute nelle poltrone davanti alla tv, aspettando in silenzio che si scoccasse l'ora. Dopo che sono scomparse le preoccupazioni legate agli aspetti pratici della partenza resta solo la malinconia per la fine delle vacanze. G. e A. sembravano proprio avvolte da tale malinconia, che è contagiosa e che stava spargendosi tutt'intorno arrivando a lambire anche il sottoscritto.Certe prestazioni extra cominciano ad essere emotivamente e fisicamente logoranti. Temo che un giorno o l'altro mi troveranno disteso sulla banchina di una stazione ferroviaria o sotto la pensilina di una fermata d'autobus. Potendo scegliere, meglio la sala d'attesa di un aeroporto.
Ad ogni modo, allo scoccare dell'una ho caricato i bagagli nella macchina , che si è subito riempita di un odore dolciastro e pungente causato dalle specialità alimentari di cui G. ha riempito una delle sue borse: carne cruda, prosciutto, Parmigiano e chissà cos'altro. Dovevo percorrere solo pochi chilometri ma la pioggia mi avrebbe impedito di tenere aperti i finestrini. Speravo solo che gli effluvi non mi facessero perdere i sensi lungo la strada.

Sotto una pensilina di metallo che  riparava tutti dalla pioggia,  le due signore e il loro maggiordomo tenevano  lo sguardo rivolto ai cancelli di uscita del casello, in attesa di avvistare le luci e la sagoma di un pullman di linea in arrivo dalla Basilicata.  Ogni tanto transitava qualche auto o qualche  autoarticolato, uno dei quali si è fermato proprio davanti alla pensilina ostruendo completamente la visuale verso il casello. Questo ha generato subito del nervosismo nelle due signore, che si alzavano sulle punte dei piedi o si piegavano di lato per cercare di vedere al di là del grosso autoarticolato. Ci mancava solo che il pullman arrivasse, non ci vedesse e se ne andasse senza di loro.
Dal mezzo è sceso un tizio che ha salutato l'autista prima che quello ripartisse e sgombrasse finalmente la visuale. Era un uomo di circa 45 anni, con gli occhiali da miope e un bel paio di baffi neri. Aveva un borsello a tracolla e un marsupio intorno alla pancia prominente. G. mi si è avvicinata subito e mi ha bisbigliato: - Hai vist'? Se ci portava o tassì eravamo sole, qui, di notte...con persone sconosciute...
Per qualcuno trovarsi all'una e mezza della notte ad un casello autostradale è un evidente dimostrazione di capacità delinquenziale.
- Anche voi scendete signora? - Ha domandato l'uomo a G. con uno spiccato accento pugliese.
G. non se l'aspettava e, di primo acchito, ha risposto: - Sì.
- E dove andate, in Abruzzo?
- In Abruzzo? No, andiamo in Svizzera...
- Ma allora salite!
- Eh?
- Prima avete detto che scendevate!
- Chi, io? - G. ha allargato le braccia e assunto un'espressione sorpresa. - No, no...io non l'ho mai detto!
- Aspettate il pullman? - Incalzava quello.
- Sì, anche voi? - Ha chiesto di rimando G. e si capiva fin troppo bene che scongiurava quella possibilità con tutta se stessa.
- No, macchè! Io aspetto l'altro camion. - E ha concluso la frase con alcune imprecazioni in dialetto che non sono riuscito a tradurre.
Infatti, pochi minuti dopo è arrivato un tir arancione, con le insegne di un noto servizio di corriere sul quale l'uomo è salito dopo averci salutato. Avendoci ostruito ancora la visuale, le due signore hanno ricominciato il loro balletto nervoso e anche io cominciavo a preoccuparmi. Era già passata l'ora e il pullman avrebbe potuto arrivare da un momento all'altro. Per fortuna il tir è ripartito dopo un minuto appena (ma che mi è parso lunghissimo) e il nostro sguardo si è riposizionato sul casello.
Il pullman per Berna è arrivato con un solo quarto d'ora di ritardo, con buona pace di tutti, soprattutto delle due anziane signore che fino all'ultimo avevano pronosticato incidenti, deviazioni di percorso, caselli sbagliati e altri contrattempi. Le due donne erano così contente e così eccitate che a malapena mi hanno salutato e ringraziato. Dopo averle consegnate agli autisti con tutti i bagagli, ho ripreso la strada di casa. Contavo di essere a letto per le 2,00: niente male per chi ha puntato la sveglia alle 7,00...



sabato 31 luglio 2010

Serve una guida?


Ho appena finito di leggere "101 cose a fare in Romagna almeno una volta nella vita" di Elisa Genghini. L'intenzione era quella di testare le mie conoscenze al riguardo, anche considerando il fatto che, da un albergatore, ci si aspettano sempre buoni consigli su cosa fare, cosa vedere, dove andare (o non andare) durante il soggiorno in riviera. Dato che per tutta l'estate non metto il collo fuori da queste mura, non è poi così scontato che sia in grado di fornire indicazioni sicure e aggiornate. Molte cose sono fruibili solo in questa stagione e se non si ha modo di testarle di persona che razza di consigli si possono mai dare? Ci si deve fidare delle impressioni di amici e conoscenti, quelli che che hanno il tempo di uscire e spassarsela nei locali, nei ristoranti, nelle sagre, nei parchi....
Per chi fa un lavoro normale l'estate è una miniera di occasioni e fonte di molte soddisfazioni. Queste persone spesso maledicono il turista, il traffico che aumenta, le code in ogni negozio o ufficio dove solitamente non si trova nessuno, ma sono sempre pronte ad approfittare delle occasioni di divertimento e di svago che la stagione propone. Inoltre, il romagnolo di costa si vanta di sapere quali siano i posti giusti in cui andare, i ristoranti dove si mangia meglio, le spiaggie più accoglienti e meglio frequentate. Ognuno ne sa sempre più degli altri e sull'argomento si accendono discussioni che possono durare anche un'intera serata.  E' un istinto innato, che si è formato nel corso del tempo attraverso le generazioni. Anche chi non esce mai di casa si sente in diritto di consigliare a destra e a manca e di far pesare il proprio giudizio, proprio perchè ha affrontato decine di discussioni sull'argomento e bene o male, si è formato una piccola cultura.
Siccome tutto è già stato provato, l'unica discriminante di una certa importanza è quella della "tendenza", o della moda. Il romagnolo è particolarmente sensibile a questo aspetto anzi, diciamo pure che ne è vittima in maniera vergognosa. La riviera, essendo un luogo aperto al turismo di massa, non può fare a meno dei tormentoni, delle icone, dei riti. Il "fai da te" non è ben visto e chi va contro corrente ha vita dura. A meno che "andare controcorrente" non sia una tattica ben precisa per seguire la corrente.


Tornando alla guida, non posso dire che la lettura mi sia dispiaciuta ma...ci sono un sacco di "ma". Innanzitutto si nomina Bologna una volta di troppo. La Romagna è cosa troppo seria per essere considerata meta d'evasione di chi è impegnato altrove per studio o lavoro, (soprattutto se si tratta del capoluogo emiliano).
Scrivere guide turistiche è faticoso ed impegnativo, altrimenti non si comprende perchè costino così tanto. Lo sforzo maggiore non è tanto quello di mettere su carta le informazioni bensì quello di cercarle e verificarle. Non voglio schiacciare troppo sul pedale della critica perchè risulta evidente che "101 cose da fare in Romagna..." non è la classica guida didascalica ma un racconto dei luoghi, delle persone e degli aspetti della romagnolità e come tale va inteso e goduto. Però, in qualche circostanza,  sarebbe stato meglio fornire meno commenti e più informazioni. E poi, l'autrice mi scuserà, 27 anni sono troppo pochi per filosofeggiare su questa terra che ne ha viste (e continua a vederne) di tutti i colori. Se avesse aspettato almeno 10 anni le avrei concesso maggior credito. Non mi sembra una grande idea affidarsi ai ricordi d'infanzia e ai consigli del babbo per redigere una guida ma torniamo sempre allo stesso punto: se più che informare si vuole intrattenere, ci può stare tutto.

Se si confrontano i numeri delle presenze turistiche in Romagna con quelli delle vendite di guide sulla stessa, credo che ci si imbatterebbe in uno dei rapporti più bassi in assoluto. Ogni anno passano da qua milioni di turisti e quante guide sono vendute? Forse qualche decina. Non mi ricordo di nessuno che sia entrato qui con una guida in mano, tranne forse qualche tedesco o qualche inglese che stavano girando l'Italia.
Provato a proporre alla famigliola milanese o romana che hanno appena finito di imbottire l'auto di valigie, sacche, borsoni, canotti gonfiabili, ecc. di portarsi dietro un bel volume sulla Romagna e poi  scattate un'istantanea delle loro facce.
Quasi tutto vengono qui per "passare le vacanze", non per scoprire le bellezze e le caratteristiche dei luoghi. Ci sono abbastanza cose da fare per tenersi impegnati per tutta la giornata e anche per tutta la notte quindi perchè andare alla ricerca di alternative che possono rivelarsi di una noia mortale?
C'è stato un tempo in cui la visita ai borghi e ai monumenti era riservata alle eventuali quanto scongiurabili giornate di pioggia, ormai abbiamo abbastanza centri commerciali per evitare anche questo incomodo.

Tutto sommato, non ho riscontrato grosse lacune nella mia preparazione. Non conosco molto delle zone di Ravenna o Forlì ma chi viene nel riminese non si spinge così lontano per eventuali gite o visite.
L'ultimo cliente che mi ha chiesto dei consigli è stato un signore veneto di mezza età che doveva essere un giornalista o qualcuno che lavora nell'ambito dell'informazione (sulla carta d'identità, alla voce professione, era riportato "pubblicista"). Si è fermato solo tre giorni ma, a quanto ho potuto capire, era venuto appositamente per vedere la zona "Marano" di Riccione, il tratto di lungomare che da alcuni anni è diventato un punto di riferimento per la vita notturna e di cui, evidentemente, aveva sentito molto parlare. Nel domandarmi chiarimenti e indicazioni sembrava che si riferisse ad una misteriosa regione della foresta alluvionale e valutava con grandissima attenzione ogni mio suggerimento. In effetti, ad osservarlo bene, aveva un non so che da antropologo o esploratore: guidava una Range Rover (non quella chic-snob-cult che siamo abituati a vedere sulle strade, bensì un modello più datato e adatto ai percorsi fuori-strada) dalla quale ha scaricato pesanti sacche di attrezzatura che, ci scommetto, contenevano anche un fucile da elefante con relative munizioni. Inoltre, indossava il classico gilè color kaki multitasca, quelli in vendita con il siero anti-veleno incluso.
Dopo aver esplorato la zona Marano mi ha chiesto informazioni su Aquafan, la regione delle grandi piscine, e vi si è recato senza indugio. La sua prima constatazione è stata: "ero sicuramente la persona più anziana presente" e immagino che l'abbia vergata con dovizia sul suo taccuino. Ci tenevo ad indicargli anche altri posti dove avrebbe potuto osservare varie specie di vacanziero romagnolo in cattività ed è quello che ho fatto. Non so se abbia effettivamente seguito tutti i miei consigli ma so che se ne è andato soddisfatto e che ci ha fatto i complimenti per la cucina. Forse, uno di questi giorni, in qualche notiziario locale veneto andrà in onda un servizio sulla riserva della Riviera Romagnola con il nostro amico che commenta accucciato dietro un frigo di gelati mentre un bambino ciccione viene sparato di pancia da uno scivolo causando un esplosione in piscina.
Sarei curioso di vederlo.

lunedì 19 luglio 2010

La stagione dello squalo

They're not so bad as they appear
could it be
that it's the season of the shark
(Yo La Tengo, Season Of The Shark)

Ho già avuto modo di osservare che luglio è il mese più difficile a causa del tipo di clientela che si concentra in questo periodo della stagione.
Se agosto assomiglia ad una grossa balena che va accompagnata in mare aperto, stando ben attenti ad evitare improvvisi colpi di coda, luglio è uno squalo che ci nuota intorno mettendo a dura prova i nostri nervi.
Ci sono tutti questi pensionati che non fanno altro che uscire e rientrare in albergo, perchè hanno dimenticato qualcosa o perchè non sanno decidere se sia meglio andare in spiaggia, restare in albergo o prendere le biciclette.
Qualcuno ha la mascella serrata e il passo del chirurgo atteso in sala operatoria per un intervento delicatissimo. E' inutile rivolgergli la parola. Altri sono l'esatto contrario: ti braccano ovunque per poter scambiare "due chiacchiere".
M. da Arezzo è impareggiabile in tal senso. Si tratta di un caso così particolare che sono arrivato a credere di aver individuato una nuova malattia. In genere danno il Nobel per cose come questa.
Che pensereste di uno che, il primo giorno vi racconta cosa farà in tutti i giorni successivi e,l'ultimo vi ripete quello che ha fatto in tutti i giorni precedenti? Quando poi si trova a metà strada è un continuo saltare tra passato e futuro, un esercizio davvero impressionante.
Una sera me ne stavo andando a casa e l'ho salutato mentre uscivo. Lui era seduto ad uno dei tavolini della terrazza a fumare l'ennesima sigaretta. Sapevo che non me la sarei cavata con una semplice "buonanotte" o un "ci vediamo domani" e avevo messo in conto almeno 5 minuti di monologo forward/rewind sulla sua vacanza. Ogni tanto mi allontanavo di un passo, con tutte le tipiche mosse di chi "proprio deve andare": allargare le braccia, estrarre le chiavi della macchina dalle tasche, piegarsi all'indietro con la mani puntate sulle reni e una smorfia di dolore, sbadigliare in modo educato ma inequivocabile, ecc.. M. non sembrava accorgersi di nulla e continuava a parlare. I 5 minuti erano ormai trascorsi e, un passo dopo l'altro, ero ormai arrivato dall'altra parte della strada ma quello non mollava, aveva solo aumentato il tono della voce e lo stesso avevo fatto io.  La conversazione proseguiva ad una distanza di 25-30 metri. Ad un certo punto mi sono accorto che i passanti dell'ultima ora ci guardavano  in modo strano. M. aveva allungato il collo per guardarmi oltre i rami delle piante che delimitano la terrazza. Ancora qualche passo e l'avrei costretto ad alzarsi in piedi. Non  è stato necessario. Non so come ma sono riuscito a congedarmi una volta per tutte, senza nemmeno sentirmi troppo sollevato peraltro. L'indomani si sarebbe ricominciato da capo.

M. è soltanto uno dei tanti e neanche il peggiore. Ognuno ha le proprie peculiarità  che meriterebbero una disamina appropriata. A volte agiscono anche in gruppo, pur se in modo del tutto casuale e non predeterminato. Come quando qualcuno di loro decide di chiedere il ghiaccio a tavola. Gli altri seguono a ruota. Capirai, con questi caldi ... I frigoriferi faticano più del solito e la refrigerazione non è al solito livello quindi c'è bisogno di un aiuto supplementare. Però, se si ha una certa età e non si è abituati, si può andare incontro a spiacevoli inconvenienti, come una congestione nel cuore della notte che li fa contorcere e rivoltare su se stessi, come pesci finiti in una secca. E' quello appena accaduto a U., vedovo "riaccompagnato" con una signora italo-americana, vedova anch'ella. Lei continua a chiedere il ghiaccio perchè negli Stati Uniti è un'abitudine diffusa consumare le bevande così quindi, possiamo ben dirlo, è temprata al punto giusto. Lui invece no e fatica a mandarla giù.
Anche M. aveva i suoi riti per cercare di dissetarsi. Era sempre al bar a chiedere un bicchiere d'acqua. Si vantava di bere almeno due litri di acqua al giorno ma poi lo si poteva osservare in precipitose corse alla toilette con il volto deformato dalla sofferenza. Cominciava a slacciare cintura e pantaloni appena varcata la soglia d' ingresso, passando davanti al banco del ricevimento si informava se il bagno fosse occupato, incurante della risposta, qualunque essa fosse, e vi si precipitava dentro lasciandosi la porta aperta alle spalle e rendendo tutti partecipi dell'operazione. Il salone rimbombava dello scroscio della sua pipì e, quando potevo, accorrevo ad aprire l'acqua del rubinetto del bar per camuffare l'effetto.
Per non parlare di G., la vedova italiana emigrata in Svizzera che rende la semplice ordinazione di una bottiglia d'acqua una tortura psicologica degna dei peggiori carcerieri vietnamiti. Lo svolgimento è il seguente:
ordina una bottiglia d'acqua al bar
se ne fa versare un bicchiere o anche due
ti chiede di rimettere la bottiglia d'acqua in frigorifero ma, all'ora dei pasti...
di portarla a tavola poi, dopo mangiato...
riportarla al bar per il momento in cui andrà a dormire (non prima di versarne 1-2 bicchieri).
Quando invece ordina l'acqua a tavola, bisogna fare il percorso inverso, se riuscite a capire quale sia.
Insomma, è tutto un via-vai di bottiglie (con il suo nome scritto sopra, altrimenti siamo fottuti) tra frigoriferi, tavoli e bar; quando arriva il momento di pagare a fine giornata (G. pretende di saldare ogni giorno le spese extra), i conti non tornano mai anche perchè si ostina a tenere a mente tutte le sue ordinazioni ma spesso confonde quello che ha preso il giorno prima con quello che ha preso il giorno corrente. Quando poi arrivano la figlia e la nipote e chiedono di addebitare loro qualche ordinazione, si aprono ricostruzioni su "chi e quando ha preso cosa" degne del miglior Poirot alla fine di un giallo di Agatha Christie. Solo che non si trova mai l'assassino. Di sicuro c'è solo il morto e porta i segni di un morso di squalo sulla carne!




venerdì 9 luglio 2010

Conosci i tuoi limiti

L'altra sera un uomo è stramazzato al suolo mentre stava ballando in strada nel corso di una delle feste danzanti settimanali all'aperto che sono organizzate dagli albergatori e da altri esercenti commerciali. A quanto ho saputo aveva 64 anni . Il caldo afoso, una ricca cena e uno sforzo fisico eccessivo devono essere risultati fatali per una persona che, evidentemente, aveva già qualche problema. Sul posto erano presenti degli infermieri di professione (non in servizio) che le hanno provate tutte per rianimare il poveraccio ancor prima che arrivassero gli operatori sanitari del pronto intervento.
La festa danzante è finita in quel momento e tutti se ne sono andati dopo che l'ambulanza è partita verso l'ospedale. Mi pare un fatto da rimarcare in tempi in cui i telegiornali non mancano di osservare come i bagnanti indifferenti restano a prendere il sole in spiaggia dopo che qualcuno ci è rimasto, affogato in mare o schiantato dal solleone.

I commenti dei filosofi della scuola rivierasca (persone del posto abituate e vederne di tutti i colori e solite ad indulgere in accurate riflessioni) si sono fondati sulla teoria del "tirare troppo la corda": che cosa ci si sarebbe potuti aspettare dopo tre giorni consecutivi di festeggiamenti sfrenati per la Notte Rosa?
Gli Antichi Greci affermavano che, per trovare la felicità, gli uomini non dovessero fare altro che conoscere se stessi e non oltrepassare i propri limiti. In certi casi una simile raccomandazione basta a garantire la mera sopravvivenza ma, a quanto pare, non è seguita come meriterebbe.
In effetti quest'anno gli organizzatori della Notte Rosa hanno voluto alzare l'asticella. Invece di una sola nottata di festeggiamenti, un fine settimana. E per l'anno prossimo c'è già chi ha rilanciato con un' intera settimana!
La conta dei danni del "giorno dopo" è stata proporzionale. Il fatto più clamoroso (anche se meno trucido) è stato il sequestro del Cristo in Croce ligneo fuori da una parrocchia di Riccione da parte di un gruppo di giovanotti euforici che l'hanno poi portato "in processione" per le vie cittadine fino alla spiaggia, dove sono stati fermati dai Carabinieri. Il sacerdote della parrocchia interessata si è recato personalmente in caserma per recuperare la statua trasportandola sulle spalle fino a destinazione, in una sorta di penitenza che avrebbe dovuto servire da espiazione per il peccato commesso. Lo stesso sacerdote ha colto l'occasione per dire la sua su tutta la faccenda e ha osservato che si finisce per criticare e condannare i giovani per un evento organizzato, gestito e sfruttato dagli adulti. Se sono questi ultimi a soffiare sulla fiamma dello sballo e della trasgressione, per evidenti fini economici, perchè poi ci si dovrebbe lamentare delle conseguenze e prendersela con i giovani? Infatti, a chi sosteneva la tesi della ragazzata (genitori dei blasfemi in primis) il giudice ha risposto con la condanna ad otto mesi di reclusione, con la pena sospesa per essere tutti gli interessati ancora incensurati. Tanto per far capire dove si trova il limite.

mercoledì 30 giugno 2010

Psycho alla n.34


- La tenda della doccia è tutta sporca di sangue!
L'informazione mi è stata passata da una giovane donna incinta che ha appena occupato la stanza n.34 insieme al marito.
- Oh! - Rispondo cercando frettolosamente una scusa per quel disguido, senza riuscire a trovarne una decente. In quella stanza aveva soggiornato una famiglia di quattro persone: papà, mamma e le due figliole, tutti di taglia extralarge. Li avevo visti con i miei occhi lasciare l'albergo e posso assicurare che non ne mancava neanche un pezzo.
Dopo aver rassicurato la giovane signora che avremmo provveduto al più presto e proprio mentre stavo riflettendo che, in certi momenti, non sarebbe male avere un tipo come Norman Bates a zonzo per i corridoi, sono stato subito distolto dai miei pensieri.
- Mi scusi... - Non mi ero accorto del signore che era appena arrivato e che attendeva il suo turno, sudato e con una strana pallatura oculare. Sembrava preoccupato.
- Sì? - Domando a mia volta, sforzandomi ancora di trovare una scusa che potesse fornire un senso all'accaduto.
- Ma non c'è il box doccia nelle camere?

giovedì 24 giugno 2010

Servi la panna cotta, schiavo!


Con l'inizio della stagione estiva in alcune città emiliane sono comparsi manifesti che mettono in guardia dallo "schiavismo" del lavoro in riviera. Dopo aver appreso la notizia dal giornale ho voluto approfondire andando a visitare il relativo sito internet che poi non è altro che un blog, proprio come questo.
Mi sono cadute le braccia: ma come? uno s'impegna per dimostrare che anche gli albergatori, in fondo, sono esseri umani come tutti gli altri e subito arriva qualcuno ad affermare che, invece, sono come i Visitors: sotto le rassicuranti sembianze umane nascondono scaglie di rettile!
Non intendo negare che la realtà ivi descritta esista davvero ma, da come se ne parla, sembra che sia la regola. Insomma, chi avesse intenzione di andare a lavorare in riviera, deve aspettarsi di avere a che fare con sfruttatori disposti a tutto.
Si avverte un certo rancore nel tono e nelle parole dei curatori del blog; immagino che sia dovuto ad esperienze dirette che hanno segnato irrimediabilmente il giudizio di chi le ha vissute. Non sono ancora riuscito a capire, però, se chi scrive ha rinunciato definitivamente a cercare opportunità di lavoro in riviera, limitandosi a fungere da consulente e consigliere per chi volesse affrontare il rischio oppure se continui a proporsi, con evidente dimostrazione di masochismo.

"Schiavi" mi sembra una parola grossa. I veri schiavi non hanno un blog in cui raccontare le ingiustizie di cui sono vittime, al massimo guadagnano l'onore delle cronache quando accade qualcosa di terribile: una prostituta romena trovata morta in un fosso a bordostrada; un africano ucciso e sepolto nello stesso campo in cui raccoglieva i pomodori; un cinese trovato a dormire con altri venti in una stanza sotto un laboratorio clandestino. Dopodichè, ritornano nell'oblio e nel silenzio in cui tutti noi li confiniamo.
E' vero: ci sono casi di "caporalato" anche tra gli stranieri che vengono a lavorare in riviera . Gli albergatori che li assumono, se sono a conoscenza della reale situazione, si rendono complici di un'ingiustizia proprio come qualunque altro imprenditore che assume personale con queste modalità, che operi esso nel turismo, nell'edilizia, nella manifattura, nell'agricoltura.

Chi si propone di lavorare in riviera lo fa perlopiù volontariamente ed ha una vasta gamma di opportunità per scegliere. Proprio come i turisti possono valutare diverse opzioni alla ricerca di quella a loro più congeniale, la stessa cosa può fare il lavoratore stagionale. Se le condizioni di lavor proposte non sono giuste o anche solo sgradite, può rifiutarle e cercarne altre. Se dopo una stagione in albergo ritiene di non essersi trovato bene e di aver subito un trattamento ingiusto o non adeguato alle proprie aspettative, per il futuro si cercherà sicuramente un'altra sistemazione. Quanto al diritto ad essere riassunti nello stesso posto dell'anno precedente, il primo interrogativo da porsi è: quanto conviene imporre quest'obbligo se il datore di lavoro non intende riassumere il lavoratore? Qualunque sia la ragione della mancata conferma, imporre il proprio diritto a lavorare dove non si è graditi non è un'idea brillantissima. Penso che fino a qui ci arrivano tutti.
Certo, una consapevolezza e una preparazione minima per valutare quali siano le opportunità migliori e per far valere i propri diritti è necessaria; iniziative come "schiavinriviera" può servire allo scopo, insieme a tante altre che sono a disposizione del lavoratore: i consulenti del lavoro, gli uffici dei centri per l'impiego della provincia, l'esperienza di altre persone che hanno lavorato nel settore. Non si può certo affermare che il lavoratore stagionale dipendente sia lasciato solo, tantopiù che in Emilia-Romagna le organizzazioni sindacali hanno una storia , una presenza e un'azione ancora efficace.
Inoltre, credo che siano davvero pochi i comparti di lavoro sottoposti ogni anno ad una fitta rete di controlli come quella che viene dispiegata sulla riviera.
Noi riceviamo ogni anno la visita di uno o più dei seguenti soggetti: Guardia di Finanza, Ispettorato del Lavoro (eh già!), ASL-Ufficio di Igiene e, Dio ci scampi, i NAS. Il tutto nel giro di 4-5 mesi. Qualcuno se la sentirebbe di scommettere che le stesse attenzioni siano rivolte anche alle attività delle coste di Calabria, Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata...? Non credo quindi che la Romagna sia l' "inferno" del lavoratore stagionale, come la si vuole dipingere.

Schiavinriviera denuncia gli stipendi a mille euro per gli ingenui lavoratori romeni o quelli "apparentemente" alti senza essere davvero tali. A parte il fatto che, se è legittimo per il lavoratore dipendente cercare di ottenere lo stipendio più alto possibile, lo è anche per l'albergatore cercare di tenere lo stesso al livello più basso possibile: sono due forze contrarie che si fondano sulle leggi del mercato del lavoro e che rispondono ad esigenze differenti. La contrattazione è fatta proprio per trovare un punto di incontro tra le rispettive volontà. Se si confrontano gli stipendi dei lavoratori stagionali con i prezzi dei soggiorni in albergo, non sembreranno poi così bassi.
Oggi con i voli low cost si può girare il mondo con costi prima inimmaginabili. Ci sono pacchetti volo/hotel (o villaggio) che competono, e spesso vincono, con il prezzo richiesto da una vacanza in riviera.
Ormai tutti sono stati sul Mar Rosso, o in Grecia, in Turchia, alle Maldive! Nessuno però si pone il problema di quali siano le condizioni lavorative dei dipendenti degli alberghi in quei paesi. E che dire del personale dei grandi alberghi di città? Londra, New York, Parigi, Roma...siamo sicuri che godano di maggiori garanzie rispetto ai loro colleghi in Romagna? Se appena si approfondisse l'argomento si scoprirebbero cose da brividi.
Piuttosto, se domandate a qualsiasi albergatore cosa rimpiange di più, vi risponderà: il personale specializzato. C'è troppa gente che arriva in riviera alla ricerca di un lavoro qualunque, senza offrire garanzie di professionilità e di competenze specifiche. Molti non capiscono che imparare le professioni dell'ambito dell'accoglienza turistica garantisce, oltre che la possibilità di trovare sempre un posto (al mare o in montagna, in estate e in inverno), anche la prospettiva di una carriera e quindi di stipendi sempre crescenti. I bravi cuochi, i bravi camerieri, i bravi segretari, possono permettersi di scegliere e di strappare compensi di tutto rispetto perchè quando si ha in casa qualcuno che vale e che contribuisce alla crescita dell'azienda, ci si pensa bene prima di sostituirlo con qualcuno che costa meno.

Infine, gli autori di schiavinriviera si sorprenderanno nell'apprendere che oltre agli albergatori schiavisti ci sono anche i dipendenti banditi.
Ci sono persone che sono tutt'altro che sprovvedute e che hanno piena coscienza dei propri diritti e non esitano ad esercitarli in maniera approfittatoria; oppure persone che, semplicemente, se ne fregano e fanno quello che gli pare, convinte che tanto l'albergatore non le licenzierà (e anche nel caso che le lincenziasse, si potrebbero consolare con una buonuscita) perchè non saprebbe come sostituirle in corsa.
Noi abbiamo avuto cuochi che non si sono presentati la sera di Ferragosto (senza preavviso e senza giustificazione), gente che teneva i piedi in due staffe facendo un secondo lavoro a nostra insaputa, o che se ne sono andati (offesi e risentiti!) alla fine di luglio perchè non riuscivano ad organizzarsi quando c'erano più di 25 persone (dopo essersi spacciati per professionisti abituati a lavorare con 150-200 coperti). Cameriere che hanno intentato una vertenza sindacale su presupposti totalmente inventati, al solo fine di estorcere denaro, salvo poi venire clamorosamente sbugiardate.
Uno spazio come quello di schiavinriviera ha una sua utilità non solo per i lavoratori ma anche per i datori di lavoro. Secondo me è un bene che ci sia, sempre che impronti i propri giudizi all'obiettività. L'unico suggerimento che mi permetto di dare, è quello di cambiare il titolo.


mercoledì 16 giugno 2010

Soccorso stradale

Questa mattina sono stato fermato per strada da una coppia di anziani milanesi il cui camper ha avuto un guasto meccanico. Si sono fermati per andare a comprare il pane prima di raggiungere il campeggio in cui avevano prenotato e al momento di ripartire si è verificato l'inconveniente. Mi hanno chiesto aiuto per poter chiamare il soccorso stradale dell'ACI. Erano leggermente agitati , con il tipico smarrimento di chi incorre in un guaio lontano da casa.
Ho accettato di aiutarli con piacere anche perchè in questi giorni non c'è molto da fare. Inoltre, mi hanno ricordato i personaggi di un bel romanzo che ho letto solo qualche mese fa, The Leisure Seeker - In Viaggio Contromano di Micheal Zadoorian, che narra proprio le vicissitudini di una coppia di anziani coniugi che decidono di intraprendere un lungo viaggio con il loro vecchio camper.

In effetti, il mezzo in questione pareva uscito da un film o da un libro . Si trattava di un furgone Peugeut adibito a camper con almeno quarant'anni di servizio e c'era da meravigliarsi che riuscisse ancora a circolare. Niente di strano quindi che avesse avuto un guasto.
Il vecchio signore mi ha subito informato che era socio Aci e che perciò poteva richiedere il soccorso stradale gratuito. Avrei soltanto dovuto fare la chiamata ed indirizzare il carro-attrezzi sul luogo. Dopo una frenetica ricerca della tessera ACI nel cruscotto, nell'astuccio del libretto di circolazione e infine nel portafoglio, mi hanno offerto il loro telefono cellulare, un modello degli anni 90 da 1,5 kg di peso. Molto più vecchio del camper se confrontiamo i tempi di evoluzione dell'elettronica con quelli della meccanica. Ad ogni modo, ho composto il numero ACI e dopo aver seguito le indicazioni del centralino computerizzato sono stato messo in contatto con un'addetta che ha cominciato a rivolgermi domande alle quali ero completamente impreparato. Ad esempio: che tipo di guasto si è verificato? Quanto è lungo il veicolo? Altezza? Larghezza? Allora mi sono fatto consegnare il libretto di circolazione dal vecchietto per trovare tutte le informazioni necessarie. Mentre cercavo di fornire tutti i dati e le sigle del caso, mi sono accorto che l'uomo mi stava parlando ma io non coglievo del tutto il senso delle sue parole, concentrato com'ero a rispondere alle domande della signorina.
- Dov'è che posso fare una pisciatina?
- Cosa?
- Devo fare una pisciatina, c'è un posto in cui...
Adesso dovevo anche trovare un luogo appartato per permettere ad un vecchio signore di liberare la vescica in pieno centro alle 11 del mattino.
L'ho indirizzato al campetto di calcio dietro alla chiesa lì vicino ma non ero affatto sicuro che fosse una buona idea. Non sarebbe passato inosservato ma che potevo farci? Mentre lui si dirigeva al campo sua moglie, che aveva avvistato una vigilessa poco più avanti, se ne è andata per chiedere chissà che altri consigli. Intanto l'interrogatorio della signorina proseguiva e io cercavo di prendere tempo per rispondere a domande di cui nulla sapevo. Non potevo giustificarmi adducendo la scusa della "pisciatina" del legittimo proprietario del veicolo ma forse quella l'aveva capito da sola.
Quando entrambi sono tornati ho potuto completare tutte le informazioni richieste e l'addetta mi ha annunciato che sarebbe arrivato un sms con la tempistica del soccorso. Ho ringraziato la signorina e l'ho salutata. L' anziana signora mi ha chiesto se potessi restare per leggere il messaggio che sarebbe arrivato dato che lei era poco pratica ma dissi che dovevo tornare al lavoro (il che era vero) e che, se avessero avuto delle difficoltà, avrebbero potuto rivolgersi al personale del panificio in cui aveva fatto spese. Mi hanno ringraziato pieni di gratitudine e ci siamo salutati.

A volte ci vuole poco per far contento qualcuno, o solo per rendersi utile. In un moto di auto-compiacimento ho pensato che erano stati fortunati ad incontrare me e non qualcun altro che magari si sarebbe inventato una scusa per dileguarsi. Lo si vede accadere sempre più spesso.
Sono tornato in albergo e ho sbrigato qualche faccenda. Circa una mezzora dopo ho guardato fuori e ho visto che il camper non era più dove lo avevo lasciato. Bene, mi sono detto. E' andato tutto a posto e non c'è voluto neanche troppo tempo. La mia autostima stava raggiungendo il picco di giornata.
E poi è arrivato il carro attrezzi. Un grosso carro attrezzi giallo, con la scritta ACI stampata sulle portiere della cabina. Ha accostato parcheggiando nel punto esatto concordato con la signorina. L'uomo al volante sembrava molto perplesso ma affatto stupito e si guardava intorno alla ricerca di qualcosa da caricare. Non trovandolo è ripartito dopo pochi secondi.
Sono rimasto a fissare il punto in cui si trovava (e avrebbe dovuto ancora trovarsi) il camper per un minuto buono. Non potevo credere che l'avessero fatto invece si erano dileguati! Evidentemente erano riusciti a far ripartire quella specie di trabiccolo e non si erano preoccupati di richiamare il servizio ACI. Se fossi rimasto con loro non avrebbero osato farlo ma non posso certo colpevolizzarmi per questo.
Adesso posso dirlo: il libro mi è piaciuto di più.


sabato 12 giugno 2010

Tutto fa brodo

Non è ancora estate, ufficialmente, ma almeno dal punto di vista climatico i segnali sono incoraggianti. Dopo le oscillazioni alla borsa del meteo delle scorse settimane si era tutti un pò inquieti. Per tutto il resto invece, sussiste ancora una forte incertezza. In giro si respira un'aria strana, non si avverte la vivace aspettativa per la bella stagione e per le vacanze. Tutto va a rilento, al massimo va a singhiozzo.

Non si prospetta una buona stagione e questo è motivo di grande angoscia per l'albergatore romagnolo. Quando si lavora meno si ha più tempo per pensare e non è sempre un bene. Ci si sofferma più del dovuto sul fido in banca, sull'affitto da pagare (per chi ha in gestione un albergo), sul personale da far restare a casa, sulle spese di fornitura già anticipate, sui prezzi da tenere bassi nonostante tutto e ci si domanda una volta di troppo se cedere o meno all'umiliante compromesso dell' "all inclusive", il vero patto col Diavolo per l'operatore turistico romagnolo (non mi riferisco soltanto agli albergatori ma anche ai titolari degli stabilimenti balneari cioè i bagnini).

Sotto questa enorme pressione psicologica, si è tentati di cedere al " tutto fa brodo" che può riservare risvolti molto insidiosi.
Qualche sera fa, ad esempio, erano da poco trascorse le 23 quando la mia attenzione è stata attirata da rumori provenienti dall'esterno: grida strozzate, incedere di passi e rullo di carrelli sulla pavimentazione in porfido della strada antistante. Alcuni giovani stavano percorrendo la via di corsa, trascinandosi dietro trolley e borsoni e dandosi voce a distanza, rompendo il silenzio che era già calato sulle strade e che avrebbe dovuto conciliare il sonno del villeggiante.
Ricordo di aver pensato: "Non invidio affatto chi dovrà ospitarli, con persone così sono solo rogne!".
Meno di un minuto dopo due di loro sono piombati in albergo a grandi falcate. Mio padre , che era seduto in terrazza, è saltato su dalla sedia e li ha tallonati fin dentro il salone. Io non sono intervenuto, sicuro com'ero che li avrebbe rispediti fuori con una scusa (ad esempio: "siamo al completo"), invece ha iniziato a snocciolare tariffe e condizioni! D'un tratto mi sono irrigidito, non riuscivo a crederci. Evidentemente l'avevano colto in un momento di debolezza, dopo che per l'intera giornata si era tormentato per la scarsità di clienti e di prenotazioni. I ragazzi hanno affermato che sarebbero usciti subito per andare in discoteca, che sarebbero tornati il mattino seguente e che sarebbero usciti di nuovo, definitivamente, per passare la giornata al mare. Dentro e fuori, senza ulteriori divagazioni. Sembrava quasi che volessero rassicurarci , anche per spuntare il prezzo migliore possibile. Quello proposto è stato subito accettato e ognuno ha pagato sul posto la propria parte. Una trattativa fulminea per mettersi in casa quattro ventenni ipereccitati o, come si usa dire dalle nostre parti: imbiriti duri.
Mentre li accompagnavo in camera, mascherando abilmente la mia riluttanza, mi sono dovuto sorbire i loro commenti di soddisfazione; negli alberghi vicini si erano sentiti proporre tariffe molto superiori e del tutto irrealistiche, di sicuro per convincerli a cercare altrove, come avevano effettivamente fatto. Qualcuno si era dimostrato più lucido e lungimirante di noi quella sera.

Quando il mattino seguente sono arrivato in albergo più di un cliente mi ha domandato se sapessi qualcosa dei "disordini" della notte appena trascorsa. A sentirli, doveva esserci stata una sorta di rivoluzione, con morti, feriti e danni per milioni. E' pur vero che in quei giorni si era svolto il raduno Ducati, con motociclisti che scorrazzavano giorno e notte per le strade, lasciando strisce di gomma sull'asfalto e nuvole di fumo ad altezza uomo ma io ho avuto paura a chiedere i particolari. Ho indossato la mia miglior espressione di stupore e ho fatto intendere che mi sarei informato ma non ne avevo la minima intenzione.
I ragazzi dovevano lasciare la stanza per le 10 e sono stati puntuali. Due parevano cloroformizzati, un altro sghignazzava senza motivo e il quarto aveva due tagli piuttosto profondi sulla mano, poco sotto il mignolo. A sentir loro, avevano subito una vera e propria rapina in discoteca: tra ingresso e consumazioni se n'era andato un centinaio di euro a testa. La Dolce Vita ha il suo prezzo.
Non c'era più traccia dell'entusiasmo della sera prima e non dipendeva soltanto dalle poche ore di sonno. Tuttavia, non riuscivo a compiacermene perchè qualcosa mi suggeriva che ci aspettava qualche altra sorpresa. Infatti, poco dopo è scesa la cameriera ai piani. Era sconvolta ma cercava di apparire rassicurante: - Sono partiti i ragazzi?
- Sì.
- Non prendeteli più.
- Assolutamente no.
Ed è tornata di sopra senza aggiungere altro.

Non c'è stato bisogno di arrivare fino alla loro camera per fare la conta dei danni. Basti dire che avevano sfondato il pannello del naspo antincendio che si trova nel corridoio. Forse le loro menti ottenebrate dall'alcol e il grande caldo di questi giorni gli avevano fatto credere che ci fosse un incendio da spegnere.
Non so se torneranno da queste parti ma se lo facessero non escludo che possano ripresentarsi qui. Probabilmente erano troppo ubriachi per ricordarsi dei danni e del disturbo causati ma erano sobri quando hanno pagato quindi sanno dove andare per risparmiare sul pernottamento.
Li aspettiamo col sorriso.


mercoledì 2 giugno 2010

I soliti "portoghesi"

Quattro ragazzi hanno cenato in una nota pizzeria di viale Ceccarini, a Riccione, e poi sono scappati senza pagare il conto. Il titolare del locale e alcuni suoi collaboratori li hanno inseguiti riuscendo ad acchiapparne uno che è stato battuto come un tamburo per poi essere riportato al locale dove è stato costretto, prima, a chiamare i suoi complici affinchè tornassero a pagare la propria parte e poi, data la latitanza prolungata degli stessi, a saldare da solo l'intero importo.
L'accaduto ha suscitato molto clamore e la notizia è comparsa anche sulle pagine di cronaca di qualche quotidiano nazionale. Il sindaco di Riccione è dovuto intervenire per difendere il buon nome della sua cittadina e della Riviera in generale ma anche per condannare il comportamento del ristoratore che ha voluto farsi giustizia da solo. Qualcuno, forse prefigurando un'aggravante, ha fatto notare che non è stata neanche emessa una regolare ricevuta a fronte del pagamento.
Per respingere le accuse di brutalità il ristoratore ha voluto precisare che "all'interno del locale nessuno si è permesso di toccare il giovane". Il lavoro sporco è stato fatto fuori con buona pace degli altri clienti. Insomma, non è un tipo del tutto insensibile. Anche il buon nome della categoria è stato salvaguardato: fuori dal proprio locale infatti avrebbe potuto essere scambiato per un teppista qualunque.
Nessuno ha ritenuto di chiamare i Carabinieri o la Polizia, che fosse per denunciare il mancato pagamento o l'aggressione subita dal ragazzo, in linea con l'andazzo che sta prendendo questo nostro bel paese in cui le persone hanno imparato a proprie spese che richiedere la tutela della legge e delle autorità è solo una perdita di tempo e una causa di ulteriori frustrazioni.

Com'era immaginabile, si sono subito formate diverse opinioni che hanno animato un dibattito tutt'ora aperto. Con la dismissione dei terreni demaniali (tra cui ampie porzioni dell'arenile) da parte dello stato a favore degli enti locali, i "portoghesi" sono l'argomento preferito delle discussioni di questo inizio di stagione. Non che si tratti di una novità ma qualcuno afferma che con la crisi il loro numero sia destinato ad aumentare. Nel caso qualcuno si sia domandato quale sia l'origine di questa espressione, come ho fatto io, eccola qua.

Anche qui da noi ci sono stati clienti che se la sono svignata senza pagare e non sempre alla chetichella. A parte i classici episodi di quello che fugge di notte dopo 1 o 2 giorni di soggiorno, c'è stato anche chi si è fatto una settimana o più e al momento di saldare ha avuto un "incoveniente" ma..."niente paura! Appena arrivato a casa le faccio un bonifico e mettiamo tutto a posto". O qualcosa di simile.
Che cosa volete che vi dica? Non è gentile mettere in discussione la buona fede di una persona, soprattutto se non la si conosce. D'altro canto, quanto bene si può conoscere qualcuno che s'incontra una volta all'anno?
Il fatto è che non ci sono rimedi. Non si può trattenere il cliente (sarebbe sequestro di persona), non si può trattenere il bagaglio (sarebbe appropriazione indebita) e non si può trattenere nemmeno la stizza, come dimostra il caso del ristoratore di Riccione. Si può solo sporgere denuncia alle autorità e intentare una causa per il risarcimento del danno. Il che significa: assumere un avvocato, iniziare un procedimento e, quando va bene, ottenere qualcosa con la vendita forzata dei beni (se ci sono). Potrebbero volerci degli anni. Quindi si spera sempre di prevenire le fregature perchè una volta che si verificano è troppo tardi per rimediare. Da qualche anno, anche grazie alla diffusione dei pc e di internet, gli operatori turistici si scambiano i dati degli scrocconi e sembra che stiano per partire anche iniziative istituzionali con elenchi preddisposti dalle questure.

Posso citare due casi emblematici. Il primo è quello di un cliente toscano che per diversi anni è venuto in vacanza con la fidanzata e con i genitori di lei, che pagavano tutto. Era un tipo esuberante ma si vedeva che "mordeva il freno".
Per qualche anno non lo rivedemmo più, poi tornò con la famiglia, che non era quella di prima. Aveva sposato un'altra ragazza e avevano già un bambino piccolo. Aveva "sbracato" completamente, pareva un Ceccherini con trenta chili in più.
Ogni tanto mi scroccava qualcosa da bere e quando non andava a scrocco faceva segnare sul conto (il che, come avemmo modo di constatare in seguito, era la stessa cosa).
Quando venne il momento della partenza disse che aveva dimenticato a casa il libretto degli assegni o che aveva smarrito il portafoglio, non ricordo bene. In entrambi i casi si trattava di scuse ridicole ma: 1) era nostro cliente da diversi anni 2) aveva moglie e figlio al seguito. Questo è bastato per concedergli una seconda opportunità.
Dopo che per tutto l'inverno successivo abbiamo atteso il pagamento, ci siamo decisi a ricorrere alle vie legali. Sentirsi defraudati fa piuttosto male ma sentirsi presi in giro è anche peggio. Non abbiamo ottenuto il cento per cento della cifra dovuta ma abbiamo fatto quello che andava fatto.

In un altro caso, una coppia di mezza età ha trascorso da noi una settimana e poi, al momento di pagare, ha inventato la solita scusa riservandosi di pagare una volta tornati a casa. Non l'hanno mai fatto, ovviamente, e hanno osato anche di più.
Un vecchio adagio nella tradizione del romanzo giallo recita: l'assassino torna sempre sul luogo del delitto.
L'anno seguente una nostra cliente affermò di aver visto la signora della coppia suddetta camminare per le strade del centro ed essendo a conoscenza di tutta la vicenda per avervi assistito lei stessa, la seguì fino a che la vide entrare in un hotel poco lontano dal nostro. Tornata in albergo, fece un rapporto dettagliato meritandosi uno sconto e noi ci mettemmo in contatto con l'altro albergatore per metterlo in guardia dal pericolo di una fregatura. Il collega ci fu molto riconoscente e in quattro e quattr'otto organizzammo la trappola: lui li avrebbe convocati nell'ufficio con una scusa e mio padre li avrebbe raggiunti subito dopo con una perfetta manovra a tenaglia. Quando la coppia di bari si ritrovò bloccata nella stessa stanza con due albergatori in cerca di soddisfazione, non potè far altro che arrendersi. Pagarono in anticipo il loro soggiorno nell'albergo e ci scappò qualcosa anche per noi, anche se si trattò di un rimborso più simbolico che effettivo.

Non pensate che intraprendere questo genere di iniziative sia divertente. Se ne farebbe volentieri a meno. Tuttavia, è anche peggio arrendersi alla mancanza di una vera tutela e allora uno fa quel che può e che sente giusto, con dei limiti. Se il ristoratore di Riccione si è sentito autorizzato a menar cazzotti per un conto di qualche decina di euro, cosa avremmo dovuto fare noi? Ci vuole sangue freddo così, quand'anche dovesse arrivarci tutto alla testa, ci aiuterà a sopportare meglio la calura.