domenica 30 gennaio 2011

L'inferno brucia ma anche il Paradiso scotta

Se n'è parlato per una settimana ed è successo davvero: Karima El Mahrough, alias Ruby "Rubacuori", è stata ospite alla discoteca Paradiso di Rimini, sulle colline di Covignano. 
Qui in Romagna siamo piuttosto bravi a cavalcare le mode, a rilanciare i tormentoni, a cucinare in tutte le salse i fatti di cronaca per presentarli in tavola come eventi di costume. Ogni pretesto è buono per mangiarci, berci e ballarci sopra. Sappiamo rivendere più di una volta anche l'idea più sfruttata. Tutto ciò non è necessariamente un male anzi, non lo è quasi mai. Inoltre, diciamo la verità, perchè dovremmo indignarci se una ragazza con il background di Ruby viene invitata e remunerata da un locale notturno quando ce ne sono molte altre che sono state assunte per lavorare in televisione o addirittura sono state piazzate in qualche consiglio regionale e, Dio non voglia, anche alla Camera dei Deputati della Repubblica? Tuttavia, almeno per una volta, avrei voluto rinunciare, passare la mano. Invece no, qualcuno non ha saputo resistere e ha colto l'ennesima occasione giustificandosi in maniera atroce: non importa chi fa cosa, l'importante è che se ne parli. Seguendo questa logica, bisogna concludere che, se non fosse per le spesse mura di un carcere, anche Rosa Bazzi e Olindo, Romano, Amanda Knox e Raffaele Sollecito, o addirittura Michele e Sabrina Misseri sarebbero gli ospiti ideali per un sabato sera in discoteca. Con una differenza: tutti loro hanno fatto molto male a qualcuno, da Ruby in sù ne hanno fatto altrettanto a tutti (e ancora non si sa come finirà).
Ci sono stati albergatori (uno in particolare e, conoscendolo, nessuno si è stupito: c'è anche chi si distingue in peggio) che hanno proposto pacchetti promozionali per la serata. La mia stima e la mia ammirazione vanno a tutti gli altri.
Temevo di dovermi vergognare ma se è vero che l'evento si è dimostrato un flop e che qualcuno tra quelli che l'avevano promosso si è pentito di averlo fatto, vuol dire che non tutto è perduto!

sabato 22 gennaio 2011

L'imposta di soggiorno


Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!
(Non ci resta che piangere di M. Troisi e R. Benigni, 1985)

Ci sono argomenti che ritornano con cadenza ciclica ed è tutto un cascar di braccia. Nel progetto di legge sul federalismo si prevede che i comuni capoluogo di provincia possano istituire una tassa, da cinquanta centesimi a 5 euro, per ogni pernottamento sul suolo comunale da parte di turisti o di chiunque si trovi a passare di lì - fosse anche per motivi di lavoro - e soggiorni in hotel.
Credo che sia inutile che rammenti quanto tale argomento sia sgradito agli albergatori, soprattutto a quelli della riviera romagnola dove vige una concorrenza spietata e dove i prezzi sono quelli che sono. Soprattutto nell'attuale congiuntura economica si cerca di tenerli bassi quanto più possibile, di farvi rientrare di tutto e di più (dai pasti al parcheggio, dall'uso delle biciclette alle serate a tema, ecc.). Anche così, ci si deve difendere ogni volta da tentativi di contrattazioni al ribasso, di proposte all inclusive (hotel, spiaggia, gelato, discoteca e spuntino delle 3 di notte compresi nel prezzo) o di gratuità del "bimbo" di 16 anni che  "mangia dal piatto della mamma o del papà e dorme nel lettone".
Figuriamoci se dovessimo far pagare anche la tassa di soggiorno! Passerei il mio tempo a rotolarmi sul pavimento coi clienti.
Il concetto di imposta di soggiorno contiene in sè sufficienti contraddizioni e assurdità, non c'è alcun bisogno di aggiungerne altre. Infatti, nel dibattito che si è subito aperto, i rappresentanti degli altri comuni della provincia hanno contestato il fatto che tale imposta possa essere esatta soltanto dai comuni capoluogo di regione, Rimini nel nostro caso. Al limite, si è aggiunto, questo potrebbe essere accolto solo a patto che il ricavato venisse distribuito anche a tutti gli altri comuni della provincia. Gli albergatori riminesi, naturalmente, non potrebbero essere soddisfatti da questo compromesso perchè si sentirebbero discriminati rispetto agli albergatori delle altre località. Sarebbe un motivo di alterazione della normale concorrenza nel settore.
A voler essere giusti ed imparziali, non si dovrebbe esigere un tributo soltanto da una categoria economica quando ce ne sono tante altre che guadagnano con il turismo: stabilimenti balneari, ristoranti, bar, pubs, chioschi, parchi tematici e di divertimento, negozi. Tanto per citare le principali. E anche tra le tipologie di offerta turistica si instaurano condizioni di disparità. Nelle città d'arte, ad esempio, il visitatore soggiorna in media da 1 a 3 giorni quindi potrebbe essere più propenso a pagare l'imposta rispetto ad un visitatore delle località di mare dove per una vacanza ci si sofferma 1 o 2 settimane. Inoltre, se si vuole vedere il Colosseo bisogna andare a Roma; per visitare gli Uffizi si deve andare a Firenze; per la Torre di Pisa...a Pisa, e via dicendo. Quindi la valutazione sul pagare qualcosina in più è presto fatta e accettata perchè non ci sono alternative. Tutto ciò conferisce a quei comuni (e alle relative strutture di accoglienza) un potere di contrattazione più forte con il turista. Coloro che scegliessero il mare o la montagna non avrebbero questi vincoli e il fatto che ci sia o meno una tassa di soggiorno avrebbe di sicuro un'incidenza sulla valutazione e la scelta della meta turistica.
Ci sono buone probabilità che questa sia la volta buona. Ormai i comuni sono ridotti in condizioni tali che sarà molto difficile, forse impossibile, ignorare occasioni come quella della tassa di soggiorno per riempire le casse. Se sono ricorsi alle contravvenzioni stradali per aiutare i bilanci, perchè dovrebbero rinunciare ad un'opportunità simile?

mercoledì 19 gennaio 2011

A che santo votarsi


Quando le cose sulla terra ferma prendono un brutto andazzo, si comincia a vagheggiare il trasloco sull'isola che non c'è. Riccione, e subito a ruota Cattolica, pensano ad un territorio nuovo e incontaminato dalle tossine della crisi e delle "solite vacanze": una piattaforma in mare aperto, a pochi chilometri dalla costa, dove poter vedere tutto sotto una diversa prospettiva. 
Per la Perlaverde si tratta di un'idea di qualche tempo fa alla quale dare un nuovo impulso e qualcuno inizia a crederci davvero. Non che sia una cattiva idea, intendiamoci. Anzi, è molto affascinante e sarebbe una novità in tutta l'Europa (esempi simili si trovano solo a Dubai). L'ennesima dimostrazione che i romagnoli sono capaci di tutto. Chi poteva pensare 60 anni fa di trasformare questa striscia di dune e arbusti, che serviva soltanto a separare il mare dai campi, in un luccicante, ricco e gaudente paradiso delle vacanze? E chi avrebbe mai pensato di fare i bagni in questo mare torbido di sabbia e senza fondale? Se siamo riusciti in tutto questo potremmo ben inventarci qualche isola, anche perchè quello che c'è pare non bastare più.
Si tratta di progetti innovativi e quindi molto costosi, riservati perlopiù ad un tipo di cliente facoltoso, quello che ha uno yacht da attraccare alla marina e che può permettersi di soggiornare nell'unico (o in uno dei pochi) hotel di lusso sulla piattaforma. Ma non c'è solo questo ed è giusto rimarcarlo: la struttura servirebbe anche a produrre energia sfruttando il sole, il vento e le correnti marine, energia che verrebbe ridistribuita sulla costa con beneficio generale.
Nessuno può ancora dire quali siano i costi ma di sicuro chi se li assumerà vorrà solide garanzie per rientrare delle spese e per poter ottenere un guadagno nel futuro.
 
E' curioso che, da quando la riviera ha iniziato ad andare in affanno, le soluzioni proposte vadano perlopiù nella direzione del lusso, dello strabiliante, del trendy, per imitare ,e in qualche caso scimmiottare, località turistiche che hanno preso il posto della Romagna nell'immaginario collettivo degli italiani (gli stranieri più difficilmente cadono in questi tranelli, con qualche eccezione nell'Est-Europa). E così sono arrivati i campi da golf con circoli annessi, nuove darsene per imbarcazioni da diporto, locali sulla spiaggia dove si balla tutta la notte (o si cerca di farlo), centri benessere e spiagge attrezzate con lettini a due piazze. Dove non si riesce più ad attirare il cliente tradizionale, che non ha più soldi da spendere per le vacanze, ci si rivolge al cliente VIP o comunque a quello in cerca di qualcosa di più del solito tran tran. I tempi cambiano e con essi anche i santi a cui votarsi, succede ovunque.
Tuttavia, anche in questo caso, bisogna saperci fare altrimenti si finisce come Giulio Lolli, soprannominato il "pirata": non si sa bene se per merito dell'operazione che ha portato alla sua cattura, denominata Jack Sparrow, o per il fatto che vivesse su una barca con tanto di equipaggio al largo delle coste nordafricane, dopo esser fuggito con il bottino della sua truffa.
Non deve esserci la fila per comprare uno yacht se Lolli, attraverso la sua società, ne ha venduti alcuni più volte, a compratori diversi. Quelli che possono permettersi la barca ce l'hanno già, e non sono più i tempi d'oro di chi voleva premiare il proprio exploit negli affari con uno dei simboli del benessere più potenti.
Probabilmente uno come Lolli non ha abbastanza santi in paradiso se tutto il suo castello di bugie è crollato così rovinosamente. E anche la fuga non è stata troppo felice: prima ha riparato in Tunisia, forse memore dell'accoglienza che questo paese riservò a Bettino Craxi, ma un giorno cade il governo del presidente Ben Alì che è costretto a fuggire a sua volta. Questo costringe il "pirata" ad un cambio di programma e si sposta in acque libiche, così care al nostro premier per la sua solida amicizia con il rais. Inoltre, non c'è nemmeno un accordo di estradizione tra Italia e Libia quindi deve essersi sentito sufficientemente al sicuro. Invece zac! La polizia libica lo ha arrestato mentre si faceva una vasca nel centro di Tripoli.
Qualcuno potrebbe dire che Lolli non ha pregato abbastanza e, quindi, si è meritato il castigo. Oppure l'ha fatto ma i santi non l'hanno ascoltato perchè le anime disperate che si rivolgono a loro cominciano ad essere davvero troppe.

giovedì 13 gennaio 2011

Il momento di azzardare


Sono anni che si parla di casinò in riviera e credo che siamo molto prossimi alla caduta di questo tabù. I motivi per giustificare l'apertura delle case da gioco sono ormai numerosi:
  • sarebbe un grande incentivo per aumentare le presenze ormai sempre più in calo (anche se si tratterebbe del tipico cliente "mordi e fuggi", anzi "toccata e fuga" dove la toccata è profonda e ininterrotta per tutto il tempo del soggiorno); 
  • gli albergatori sarebbero finalmente legittimati a pretendere il saldo del conto in anticipo;
  • nel 2010 gli italiani hanno speso più di tutti in Europa (60 miliardi di euro) tra concorsi, lotterie, scommesse, giochi on line, grattaevinci, ecc., non corrono più il rischio di ammalarsi con il gioco d'azzardo: lo sono già;
  • mancano luoghi in cui i turisti possano trascorrere il tempo quando piove: ci sono solo i centri commerciali e anche lì si buttano via un sacco di soldi;
  • siamo pieni di night-clubs, impedire l'apertura dei casinò sarebbe una discriminazione insopportabile;
  • c'è già tutto, manca solo questo;
sicuramente se ne aggiungeranno altri con la riapertura del dibattito. Per adesso sappiamo che la strada verrà aperta dal primo casinò elettronico a Riccione. Rimpiazzerà una storica sala-giochi sul lungomare vicino a viale Ceccarini.
La notizia ha surriscaldato le poltrone degli amministratori e dei politici sammarinesi che infatti sono balzati in piedi sollecitando la modifica della norma che da 58 anni impedisce l'apertura di un casinò con tutti i crismi sul Titano. Ormai non ci sono più ragioni valide per quel divieto, soprattutto dopo che i loro centri commerciali si sono svuotati a causa della concorrenza dei vari iper e outlet italiani e dopo che Tremonti ha dichiarato guerra all'antica Repubblica. Molte banche e società finanziarie stanno già chiudendo, l'apertura di un casinò non può più essere differita. Tanto il risultato sarà lo stesso: un mucchio di denaro scomparirà nel nulla.

lunedì 10 gennaio 2011

Dov'è finita Bologna?

Quando capita di toccare l'argomento, tutti i nostri clienti bolognesi, che vivano in città o in provincia, sono concordi su un fatto: Bologna non è più la città che era una volta. A sentir loro, è diventata caotica, sporca, insicura, inaffidabile. Insomma, un posto con tutti i difetti dei grandi centri urbani, dal traffico all'inquinamento, dalla delinquenza al malfunzionamento di ogni servizio. 
Per lungo tempo Bologna era stata immune da tutto questo ed era descritta come un paesone a misura d'uomo in cui si trovava di tutto, ogni cosa funzionava e ci si divertiva moltissimo. Invece, ora i bolognesi ne parlano come di un caro e affezionato parente che, all'improvviso, sia stato colpito da un accidente o da una malattia divenendo intrattabile, ingestibile e anche parecchio stronzo. 
Quando in una famiglia accade un fatto del genere, chi se lo può permettere spedisce il parente scomodo in una casa di cura o in una "residenza assistita". Chi invece non può, assume una badante che si occupi di tutte le faccende più fastidiose e imbarazzanti, per non dire disgustose. 
I bolognesi esasperati potrebbero decidere di trasferirsi altrove ma, com'è facilmente comprensibile, questa è un'alternativa riservata a pochissimi privilegiati ed è paragonabile alla soluzione della "residenza assistita". Chi volesse ricorrere alla badante cosa dovrebbe fare? Assumere qualcuno che vada al lavoro o a fare la spesa mentre loro se ne stanno barricati in casa?

Ho cominciato a fare queste considerazioni dopo aver letto la notizia del neonato morto di stenti in Piazza Maggiore. Il fatto in sè appare di un'assurdità atroce, non solo perchè riguarda un bambino così piccolo e una famiglia italiana ma soprattutto perchè è accaduto a Bologna e io sono più che sicuro che oggi tutti i bolognesi si sono domandati: "che ne è stato di noi e di questa città?" 
Bologna e l'Emilia-Romagna sono stati per lungo tempo il termine di paragone nelle politiche socio-assistenziali e nell'amministrazione degli enti locali. Da oggi non lo sono più e qualcosa mi suggerisce che nessuno se ne sia sorpreso. Da qualche mese, un commissario straordionario occupa la poltrona del sindaco, proprio come in alcuni di quei paesini arroccati sull'Aspromonte o  sdraiati alle falde del Vesuvio o dell'Etna (la stessa sorte, peraltro, è toccata a Cattolica, nella mia provincia). 
Giudicare senza conoscere tutti i fatti non è mai raccomandabile. Si dice che la situazione di quella famiglia fosse nota alle autorità e ai servizi sociali e che in più di un'occasione siano stati offerti aiuti e assistenza alla madre ma che questa li abbia sempre rifiutati e la legge non consentiva di intervenire in altro modo. Sarà così ma è una versione che non soddisfa e non consola nessuno.

Chi non può ricorrere ad una residenza assistita e nemmeno assumere una badante è costretto ad occuparsi in prima persona del problema. Si è costretti a vedere cose che non si vorrebbero vedere, ci si deve sporcare un pò le mani e mandar giù qualche boccone amaro. Si deve rinunciare ad un bel pò di quel tempo libero che non si era mai davvero capito come impiegare (guardare la tv non vale come risposta) e soprattutto si deve cominciare a convivere con il pensiero della responsabilità di qualcun altro, 24 ore su 24. Non è facile, anzi! Ma si tratta di legàmi: se è una persona a cui abbiamo voluto bene e che ha contato almeno un pò nella nostra vita, non saranno solo scocciature e preoccupazioni. Qualcosa torna indietro e può rivelarsi stranamente gratificante.
Sono sicuro che ci sono dei bolognesi che non resteranno indifferenti a  ciò che è accaduto e cercheranno di riprendere quel che di buono la loro città ha sempre avuto e che un giorno non troppo lontano ha smarrito. Come tutto questo Paese, in fondo.

martedì 4 gennaio 2011

Tagliare i ponti


Come se la situazione non fosse già abbastanza compromessa, dovremo rassegnarci ad un anno senza "ponti". So che può sembrare incredibile ma qui da noi è una notizia da prima pagina e infatti i quotidiani locali ne hanno subito approfittato. In teoria, che il 2011 avesse questa sinistra caratteristica, lo si sapeva anche 10 anni fa ma chi se ne preoccupava? Ora tutti ostentano sorpresa e sgomento. 
Per la nostra riviera già sofferente, lo scenario che si presenta all'orizzonte assume contorni tragici. Dopo la nebbia, il ghiaccio, il sonno, il caldo, un nuovo killer è arrivato in città: il calendario!
Nelle prime reazioni a caldo, c'è chi minaccia di passare direttamente al 2012 o addirittura al 2013, tanto per far capire che qui non scherziamo. 
Chi avesse già appeso al muro il calendario 2011 rischia di essere additato come disfattista ed eretico. Si potrebbe fare un'eccezione per meccanici, gommisti, carrozzieri, elettrauti e barbieri ma chi ha più visto un calendario di donne nude nei garage, nelle officine o nelle botteghe? (chissà perchè certe tradizioni scompaiono così, nell'indifferenza generale).
Sono iniziate le prime incursioni nelle sedi di banche e assicurazioni per rastrellamenti in serie di agende e almanacchi da ammucchiare su pire tempestivamente allestite in spiaggia ma una mareggiata notturna le ha mangiate insieme a metà della battigia e alle dune di sabbia che erano state preparate per il ripascimento del litorale in vista della nuova stagione. Albergatori e bagnini sono crollati sulle ginocchia esclamando: "merda, allora siamo circondati!"

domenica 2 gennaio 2011

Canta che ti passa


Abbiamo scavallato un altro anno e adesso aspettiamo di vedere cosa ci riserverà il 2011. Intanto abbiamo dato fondo a tutto il repertorio: musica e brindisi in piazza, bagni nell'Adriatico, il primo nato dell'anno, feriti a causa dei botti, cani smarriti, incidenti stradali, baci sincronizzati, risse tra ubriachi.
La festa in diretta televisiva in Piazzale Fellini è stata un successo, almeno questa volta non ha piovuto. Ho sbirciato la tv un paio di volte e mi ha colpito questo palco orrendo fatto con decine di pannelli luminosi colorati. All'inizio credevo che si trattasse di un collegamento da Bratislava o da Cracovia, insomma, da una di quelle città dell'est Europa dove il 31 dicembre sono già tutti ubriachi alle sette di sera. Ho trascorso un Capodanno a Praga dove volavano razzi ad altezza d'uomo e la parola d'ordine era Maximum Turbolenz! ma il palco era molto più sobrio di quello che ci hanno appioppato qui: una struttura così appariscente che distoglieva completamente l'attenzione da chi si stava esibendo. 
A pensarci bene, potrebbe esser stato tutto premeditato: sentire  cantare Orietta Berti, Paolo Mengoli, Patty Pravo, Luisa Corna ecc. richiede qualche misura precauzionale. Per tacere di Malgioglio e di Masciarelli.
Ma sì...in fondo, va bene così. Se anche la Bertè afferma: "E' stato molto bello potermi esibire qui a Rimini, di solito io a Capodanno tento il suicidio", vogliamo forse metterci a criticare 4 lampadine? E non è neanche il caso di accanirsi su Pino Insegno che toppa clamorosamente il countdown anticipandolo come il maestro Canello al veglione di Fantozzi. Come tanti altri deve aver pensato: è stato un anno difficile, prima finisce meglio è...