domenica 31 luglio 2011

Cineserìe



Per anni davanti al nostro hotel c'è stata una sala giochi che era la croce e delizia delle mie estati. Erano i tempi della mia adolescenza e i pc e le console di gioco non avevano ancora invaso il mercato. Si andava quindi in sala giochi per giocare ai video-games oltre che per incontrarsi con gli amici. E d'estate anche per rimorchiare, naturalmente.
Io trascorrevo là praticamente ogni momento libero. Non avevo ancora grandi responsabilità nel lavoro e mi trovavo a pochi metri dall'albergo, sempre reperibile e disponibile per ogni evenienza.
C'era però anche l'altro lato della medaglia: la sala-giochi era un'attività troppo rumorosa per i clienti dell'hotel e non mancavano mai lamentele e discussioni che conducevano a trattative con il titolare per zittire i giochi più rumorosi nelle ore dedicate al riposo.
Il locale chiuse per alcune incomprensioni con il proprietario dell'immobile. Forse voleva aumentare l'affitto, oppure lamentava il pagamento di arretrati, non saprei dire. Fatto sta che rimase vuoto per diversi anni prima di trovare un nuovo inquilino: un mercante iraniano di tappeti che conoscevo grazie alle televendite sui canali tv locali.
Faceva uno strano effetto, in piena estate, veder uscire le persone con i tappeti in spalla. Io non sarei capace di acquistare un tappeto in luglio e forse è per questo che c'erano continuamente "offerte speciali", "saldi" e "svuota tutto".
Resistette 3 o 4 anni prima di fuggire in Argentina (patria della moglie) lasciando debiti ovunque e consegnando la sua villa al tribunale. Peccato, perchè quelle vetrine addobate con tappeti e arazzi davano veramente un tono all'intera via.

Dopo un altro paio d'anni di serrate, nel giugno di quest'anno il negozio ha riaperto i battenti e grazie a chi? I cinesi, of course. Ormai gli unici negozi ad aprire sono quelli di indiani, pakistani e, appunto, cinesi. Ci si chiede come facciano dato che per un italiano è quasi impossibile restare sul mercato con un negozio stagionale per più di qualche anno. Non è facile mantenere un'attività lavorando solo 4-5 mesi all'anno, o anche meno.
Le teorie più diffuse sono le seguenti:
- tra gli immigrati orientali c'è molta solidarietà e collaborazione: chi è in difficoltà viene aiutato dalla comunità, anche sul versante finanziario
- godono delle agevolazioni di legge che permettono di avviare un'attività senza costi e in breve tempo
- lavorano molte più ore degli italiani
- le difficoltà burocratiche nell'identificarli rendono quasi impossibile perseguirli in caso di irregolarità o di reati
- praticano prezzi e tariffe bassissimi che sbaragliano la concorrenza.
Credo siano tutte osservazioni piuttosto pertinenti ma, anche così, rimango perplesso.
Ancora maggiori perplessità suscitano le buffe schermaglie che i gestori del negozio ingaggiano con gli agenti atmosferici. Di mattina il sole dirige i suoi raggi verso le vetrine e i numerosi carrelli posizionati all'esterno. Ogni giorno si affrettavano a montare delle tende di plastica di un cupo verde bottiglia che andavano dal soffitto al pavimento. Era un'operazione lunga e laboriosa dato che i pannelli dovevano essere aggangiati tra loro e alla fine l'intero negozio spariva dietro quella barriera verde, tanto che chi passava lì davanti non aveva nemmeno modo di capire cosa ci fosse dietro.
Un giorno ho visto due vigili urbani entrare risoluti con un grande blocco di carta sotto il braccio e sparire dietro i pannelli per uscirne circa una mezz'ora dopo. Le tende sono state smontate e non sono più riapparse.
Quando piove invece è una corsa a mettere al riparo la merce, come se dal cielo cadesse acido invece di acqua. 
Mi sono detto che, se devo acquistare qualcosa che non sopporta i raggi del sole e le gocce di pioggia, per poco che costi... preferisco andare in giro nudo. E non sono ancora entrato nell'ordine di idee di comprare qualcosa che duri il tempo di un'estate o anche meno. Sono sicuro che nemmeno in Cina la pensano così.

sabato 23 luglio 2011

Brutti presentimenti

Gli arredi delle camere nella maggior parte dei piccoli alberghi della riviera sono generalmente impersonali, spesso vintage se non addirittura da rigattiere. Anche noi (e lo dico a malincuore) abbiamo la nostra parte di camere in attesa di rinnovamento, almeno per quanto riguarda la mobilia. Vedere quei vecchi armadi e tavolini in formica mi mette addosso una certa mestizia anche se, immagino, qualcuno potrebbe vederli bene in una galleria d'arte post-moderna.
Ci sono però piacevoli eccezioni che compensano lo squilibrio, come un vecchio (o forse antico) letto ad una piazza in ferro battuto che troneggia in una camera singola del secondo piano. Qui lo chiamiamo "il letto del prete" perchè si trovava nella canonica di una vecchia chiesetta appartenente alla mia famiglia.
In genere, tutti i clienti che entrano in quella camera rimangono stupiti, se non addirittura meravigliati, di trovare un letto fatto a quel modo e non nascondono una certa soddisfazione, come chi scopre di essere stato oggetto di un riguardo particolare.
L'ultima cliente in ordine di tempo ad essere ospitata nella stanza con il letto del prete è stata una signora modenese sui settant'anni, un tipico esemplare da balera: capelli tinti di un nero corvino, trucco pesante e vestiti attillati. Quando la signora ha visto il letto però ha chiesto subito di cambiare stanza perchè le ricordava quello in cui era morto suo marito 10 anni prima. Abbiamo pensato che non fosse il caso nominare nessun "prete" perchè non sarebbe servito a convincerla ma solo a peggiorare le cose. Però non c'erano al momento altre stanze disponibili e la signora ha dovuto adeguarsi.
La sera stessa entra in albergo un signore alto e attempato, con spesse lenti da miope e la tipica cadenza verbale di chi è sprovvisto di denti, che domanda della signora modenese. Nel giro di qualche minuto, mentre il signore si accomodava fuori, la signora modenese ha intavolato una trattativa segreta per riuscire a portare l'amichetto in camera, ma in una dove ci fosse un letto a due piazze. Ci siamo almeno liberati del peso di costringere una povera vedova a rivangare brutti ricordi appena posata la testa sul cuscino.

Luglio è il mese dei clienti più particolari, l'ho ribadito più di una volta. I coniugi P. sono tra questi e, anche se non ne vado fiero, posso ormai dire di conoscere ogni loro peculiarità. Non sto dicendo che non hanno più la capacità di stupirmi - farei loro un torto - ma semplicemente che con gli anni ho imparato ad accusare meglio i colpi.
L'altra sera l'aria era decisamente cambiata dopo una settimana di caldo infernale. Questo non aveva impedito alla signora di prendersi, pochi giorni dopo il suo arrivo, una bronchite semi-invalidante che la faceva ancora penare. Ripeteva a tutti che era dovuta al fatto di aver sudato, cosa che lei non era abituata a fare, nemmeno ai 45 gradi della sua terra natia in Puglia. Chissà perchè invece, qui in Romagna aveva cominciato a traspirare acqua dalla pelle. Comunque fosse, il marito voleva portarla fuori per una passeggiatina serale e lei aveva dovuto cedere alla sue insistenze ma aveva posto delle condizioni: lui avrebbe dovuto salire in camera per recuperare la fotocopia dei loro documenti di identità, da allegare ad un biglietto da visita del nostro albergo, perchè non si sa mai cosa poteva succedere per la strada e almeno chi li avrebbe soccorsi avrebbe saputo chi erano e dove alloggiavano.
Mi fa paura ammetterlo ma certe cose iniziano a sembrarmi normali...aiuto!!!