giovedì 30 dicembre 2010

Nostra domus


In occasione delle mie recenti immersioni nel mare della cultura riminese (si tocca quasi ovunque senza rischiare mai l'annegamento), ho visitato anche la Domus del Chirurgo. Avrei voluto scriverne prima e colgo l'occasione  per farlo dopo che la stampa locale ha celebrato la recente pubblicazione dell'ultimo libro di Alberto Angela "Impero",  in cui  il figlio del quarkiano Piero ha riservato nella sua opera un sostanzioso contributo a Rimini e alla Domus del medico Eutyches.
Alberto Angela fu invitato dall'amministrazione comunale a presiedere la cerimonia di inaugurazione del sito archeologico di Piazza Ferrari completato nel 2007, dopo ben 18 anni di lavori, non nascondendo la sua profonda impressione per quel ritrovamento. A quanto pare non furono parole di circostanza se, a distanza di così tanto tempo, è tornato sull'argomento in una sua pubblicazione.

La mia visita si è svolta in una domenica di novembre, alla fine di uno degli incontri del ciclo di biblioterapia. In quel mese era in corso l'iniziativa dei "musei aperti" che permetteva di visitare gratuitamente mostre e musei della città (di solito, per il biglietto d'ingresso servono solo 5 euro).
La prima cosa che attira l'attenzione è questa grande teca di vetro e mattoncini che ricopre lo scavo. Dopo il tramonto si accende spiccando al centro dei giardinetti e suscitando la curiosità di chi vi passa vicino. Molti si affacciano alle pareti esterne e sbirciano dentro e probabilmente pensano di poter godere anche così della vista delle varie parti.
All'interno sono stati allestiti dei camminamenti sopraelevati di metallo e plexiglass che consentono di muoversi in tutte le direzioni e di ammirare lo scavo da ogni angolazione. Essendoci ritrovamenti appartenenti ad epoche diverse, si possono ammirare i mosaici della villa del chirurgo ma anche cripte complete di scheletri relative a costruzioni di origine medievale. Insomma, con pochi spiccioli e in appena venti minuti di tempo si può ammirare uno dei siti archeologici più interessanti della regione e di tutto il nord-Italia. Il ritrovamento degli strumenti di lavoro del medico è una scoperta di livello addirittura mondiale dato che esistono pochissimi esempi di attrezzi così ben conservati. Come si può leggere anche nel sito internet, questo è stato possibile a causa del crollo del soffitto della villa che avrebbe ricoperto e protetto nel tempo sia i mosaici che gli attrezzi, consentendo che arrivassero fino a noi. E chi dobbiamo ringraziare per tutto ciò? Questo è davvero curioso: l'incendio è stato provocato da una scorreria degli Alemanni che hanno messo Rimini (Ariminum) a ferro e fuoco. In pratica, gli antenati di quegli stessi tedeschi che quasi 1800 anni dopo avrebbero fatto la fortuna di questo tratto di costa. Poi ci hanno riprovato sulla Linea Gotica e noi, nonostante tutto, li abbiamo accolti a piadina e sangiovese. Ci sarà un motivo per cui la Romagna è da tutti riconosciuta come la terra dell'ospitalità!

mercoledì 29 dicembre 2010

Un sospiro di sollievo: salvati capre e cavoli.


Dopo lunghe e concitate trattative si è giunti ad un accordo soddisfacente: il Grand Hotel di Rimini non sarà "degradato" ad albergo stagionale e il Capodanno Rai non verrà sabotato. Adesso venitemi a dire che d'inverno in riviera non succede mai nulla!
Dal giorno in cui il proprietario del Grand Hotel, Antonio Batani, aveva seriamente prospettato la possibilità di chiudere l'albergo per qualche mese durante l'inverno a causa delle difficoltà a sostenerne i costi in questi tempi di crisi, l'onda delle reazioni e delle proteste è cresciuta giorno dopo giorno,  minacciando di abbattersi senza pietà anche sul discusso Capodanno televisivo in Piazzale Fellini.
Gli esponenti politici del comune e della provincia avevano subito contestato la scelta di Batani perchè il Grand Hotel, prima di essere un'azienda, è un monumento della città di Rimini. Se le aziende appartengono al loro legittimo proprietario, i monumenti appartengono a tutti i cittadini quindi si capisce che questi debbano avere voce in capitolo per tutto ciò che li riguarda.
Inoltre, la chiusura (seppur per pochi mesi) avrebbe comportato la perdita del lavoro per i tanti dipendenti dell'albergo, i quali non possono di certo permettersi di rinunciare neanche ad una mensilità dato che, come tutti noi, tengono famiglia. Perciò i sindacati si sono mobilitati in forze e si sono legati al tavolo delle trattative minacciando di assaltare il palco dello show di Capodanno durante la diretta RAI se Batani avesse dato seguito al suo proposito (chi ha detto che quelli del capodanno in piazza sono soldi sprecati? A quanto pare, a qualcosa sono serviti...).
L'accordo prevede che metà dei dipendenti dell'albergo vengano congedati per tre mesi per poi essere riassunti. L'altra metà resterà in servizio per tutto l'anno e sarà la legge a decidere chi debba essere licenziato e chi debba essere confermato. Tutti si sono detti felici e soddisfatti per l'accordo, Batani in primis. Secondo me aveva preso in considerazione questa soluzione fin dal principio ma, da imprenditore navigato, sapeva che, se l'avesse messa subito sul tavolo della trattativa, i sindacati si sarebbero opposti per ostacolarlo e per ottenere qualcosa di più perchè, si sa, in una contrapposizione che non può prescindere da risvolti ideologici, non conta chi ha ragione ma conta soltanto portare a casa punti che muovano la classifica. Quindi Batani  è partito da molto più indietro (la chiusura totale per l'inverno) per ottenere ciò che voleva, poco importa che qualcuno possa pensare che si tratti di una vittoria del sindacato e dei lavoratori. E probabilmente ha strappato anche promesse e  impegni per il futuro alle istituzioni locali.

Informati che non avrà più luogo l'azione guastatrice dei rappresentanti sindacali e dei lavoratori, i vigili urbani devono aver pensato: se non possiamo trascinare nessuno giù dal palco della diretta Rai, ci saliamo noi! E minacciano lo sciopero con relativo corteo di protesta proprio per la sera del 31 dicembre.
Non si può stare tranquilli neanche per un momento... c'è sempre qualcuno che si lamenta! Che sia il segno tangibile che "crisi" non è solo una parola usata con intenti disfattisti ma una situazione reale e consolidata, che prima o poi tutti dobbiamo affrontare? A quanto pare soltanto a Roma continuano a non accorgersene.

venerdì 24 dicembre 2010

Auguri


Sono cose che non si fanno, lo so, ma a volte la mente sa essere debole almeno quanto la carne: con questo post supero il totale degli interventi dell'anno passato. Il 2010 batte il 2009 per 26 a 25, se non più, dato che l'anno non è ancora ufficialmente terminato.
Sono vergognosamente pochi, me ne rendo conto. Vuol dire che posso solo migliorare. E poi non siamo tutti Awesome come Neil Pasricha (che, per inteso, ha pubblicato il libro ancor prima di finire il blog e questo mi porta a pensare che: a) si è preparato anzitempo le sue 1000awesomethings per non essere costretto a mettersi al tavolo e scriverle giorno per giorno; b) certe trovate, per quanto buone, non tengono il passo con il livello di pazienza dell'uomo medio e qualcuno deve avergli suggerito che sarebbe stata una buona idea farne al più presto un libro prima che la gente si stanchi o si dimentichi. Per non parlare di quelli che vogliono sapere subito come va a finire).
Detto questo e considerate le circostanze...Buon Natale a tutti.

venerdì 17 dicembre 2010

Basta neve...ci arrendiamo!


L'ultima volta che ha nevicato tanto è stato più di vent'anni fa. Andavo ancora a scuola e non avevo la patente quindi non avrei potuto sbandare e scivolare contro la parete di un sottopasso ferroviario, come un pataca qualsiasi.
Da due giorni la mia auto è parcheggiata davanti a casa, sepolta sotto la neve e questo mi risparmia almeno la vista dei danni. Quando si sarà sciolta sarò autorizzato a mettermi le mani nei capelli.
Per adesso mi muovo poco e solo a piedi. Ieri sono andato in centro per alcune commissioni e nel ritorno ho visto un topolino con la coda rigida dal gelo che correva sopra la neve. Una morbida pallina di pelo marron-grigiastro che rimbalzava su un mare di spuma senza lasciare tracce, prima di finire in buca alla base di un palo della segnaletica stradale. E' uno spettacolo che mi sarei perso, se fossi stato in macchina. 
Cerco di consolarmi così, dato che non potrò neanche ottenere un risarcimento dall'assicurazione. Sono arrivato ad immaginare che una delle rare auto che passano davanti a casa, sbandi a causa del ghiaccio e finisca contro la mia. Sarei pronto a gettarmi dal terrazzo di casa sul tetto della macchina, prima che  il pirata possa tentare di svignarsela e sottrarsi alle sue responsabilità!

Com'era prevedibile, la riviera è andata in tilt. Non siamo attrezzati per questo tipo di evento, a livello di mezzi e di mentalità. Lo subiamo passivamente come una fatalità contro cui nulla possiamo e potremo mai. E vigliaccamente cerchiamo di sviare l'attenzione sulla cartolina della spiaggia innevata, delle cabine e dei mosconi imbiancati.
Certo, in questi tempi di vacche magre, pretendere che i comuni si muniscano di tutta l'attrezzatura e del personale necessario per far fronte con prontezza ad emergenze con scadenze ventennali, sarebbe pretendere un pò troppo....
La frase che ormai si sente pronunciare più frequentemente è: "all'inizio mi piaceva ma adesso comincio a stufarmi!".

mercoledì 15 dicembre 2010

A proposito di sosia...


Parlando di sosia, mi è venuto in mente un episodio memorabile di qualche estate fa. Lo riporterò esattamente come lo scrissi allora nell'e.mail che avevo inviato ad alcuni amici (per chi ancora non lo sapesse, questo blog è la naturale evoluzione di una corrispondenza che usavo intrattenere ogni estate con gli amici più cari che, a causa del mio lavoro, non potevo frequentare regolarmente).

I coniugi P. sono finalmente partiti dopo quasi un mese di soggiorno. Il congedo è stato all’altezza di tutto quello che l’ha preceduto: lui è andato a prendere l’auto e quando è tornato  sembrava un padre al quale hanno annunciato la nascita del primogenito maschio; ci informa che ha appena conosciuto nientemeno che Hulk Hogan! L’ha incontrato al parcheggio che usciva da una Opel Corsa targata Milano. 
Ci sta Hulk Hogan dentro una Opel Corsa? E’ stato questo il mio primo pensiero. Però, appena un paio di giorni prima, io stesso avevo visto passare davanti all’hotel un armadio biondo con la bandana, in compagnia di una donna, e ricordo di aver pensato: ma chi è, Hulk Hogan?  Era identico, forse un po’ più basso ma dopotutto l’ho sempre visto soltanto alla tv. Insomma, P. poteva anche aver ragione.  
Si è subito presentato attaccando bottone, ignaro di qualunque tipo di minaccia che potesse provenire dal suo poderoso interlocutore. Gli ha stretto la mano che, parole sue, era grande quanto una padella, e gli ha domandato (testuale): “ma lei professa ancora il wrestling?” Poi gli ha chiesto notizie dei suoi ex colleghi Antonio Hinoki, Andrè The Giant e Tigermask. Qualcuno tra quelli che erano lì con me ad ascoltarlo con tanto d'occhi gli ha domandato come avessero fatto a capirsi e P. , serafico, ha risposto che Hulk parlava  sì tedesco ma che si erano capiti benissimo.
Parlava tedesco???

Fastidiose interruzioni


Biblioterapia - come curarsi o ammalarsi coi libri (seconda edizione), a cura della Biblioteca civica Gambalunga di Rimini.
Incuriosito e sinceramente interessato all'argomento, mi sono iscritto al ciclo di incontri sul tema versando la quota prevista di 30 euro. Otto appuntamenti, dal 17 ottobre al 5 dicembre, ogni domenica pomeriggio alle 17,00 presso le sale della Biblioteca o dell'Istituto Musicale Lettimi.
I relatori che sono intervenuti sono perlopiù scrittori ma anche attori di teatro, filosofi, professori universitari.
Il pubblico era composto per la maggioranza da donne, età  media piuttosto alta, intorno ai 50 anni. Io ero uno dei più giovani, figuriamoci! C'erano molti insegnanti (la rassegna assegnava crediti formativi). Alcune facce non mi erano nuove, infatti le avevo viste anche alle conferenze filosofiche del venerdì a Misano, organizzate dalla locale biblioteca comunale. Questo conferma il fatto che in riviera gli eventi culturali fuori stagione hanno un pubblico ristretto ma affezionato, una specie di setta i cui componenti si incontrano solo in certe occasioni. Temo che se si ritrovassero in contesti diversi nemmeno si riconoscerebbero.
Uno di loro è stato da me ribattezzato "Mario" perchè assomiglia in modo impressionante al compianto attore romano Mario Brega, comparso in memorabili Spaghetti-Western di Sergio Leone ma assurto a gloria eterna con i film di Carlo Verdone. Era proprio tale e quale, dalla mole fisica alla barba brizzolata, dalla calvizie agli occhiali, alla voce tonante, solo che era romagnolo al cento per cento.
L'avevo preso subito in simpatia anche perchè, nei dibattiti che seguivano alle lezioni dei relatori, interveniva regolarmente con domande o commenti (non sempre a proposito, a dire il vero) che toglievano tutti dall'imbarazzo del tipico silenzio che segue l'invito degli organizzatori: "e adesso diamo spazio alle domande del pubblico!". Questo, almeno fino al giorno in cui "Mario" si è prodotto in un'uscita infelice che gli ha fatto perdere molte posizioni nella griglia della mia considerazione.

Era la domenica dell'incontro con Patrizia Zappa Mulas, attrice di teatro e scrittrice, che avrebbe dovuto esibirsi in un reading , ossia una lettura ad alta voce, sul tema "Il messaggero. Un narratore senza nome".
"Mario" era seduto un paio di file davanti a me. Subito dietro di lui c'erano due ragazze molto giovani, probabilmente studentesse universitarie, che avevo visto anche in occasione di precedenti incontri. Parlavano tra loro nel modo in cui parlano di solito le ragazze di quell'età: ad alta voce, con concitazione, spesso sovrapponendosi e inframezzando le frasi con risatine e squittii scoiattoleschi. Posso capire che qualcuno potrebbe trovarle moleste ma in quell'occasione secondo me rendevano più lieve lo spirito aleggiante nella sala data la presenza di varie "mummie" e anche di una vecchia sulla sedia a rotelle in prima fila. E poi mi ricordavano i miei anni di studente universitario quindi ero in uno stato di assoluta tolleranza.
Ad un certo momento la curatrice della rassegna ha preso la parola per la consueta introduzione dell'incontro e presentazione dell'ospite. Le due ragazze hanno continuato a chiacchierare  ma abbassando il volume di un paio di tacche e dopo nemmeno dieci secondi "Mario" si è girato verso di loro per ringhiare un "Basta parlare! Io voglio seguire la conferenza!" che non lasciava spazio a repliche. Infatti le due ragazze si sono "spente" di botto, come se qualcuno avesse strappato la spina dal muro.

Ha reagito come avrebbe reagito il vero Mario Brega? Non lo so.  Dubito che quest'ultimo avesse mai potuto trovarsi ad un reading della Zappa Mulas, mi è sempre parso una persona interessata a cose più concrete. Però, se anche ci fosse capitato per caso, sono sicuro che si sarebbe dimostrato più bonario e più tollerante del suo sosia romagnolo. In fondo si trattava solo dell'introduzione della curatrice, non della performance dell'attrice... La mia opinione personale è che da queste parti certe iniziative sono così rare che la gente non ha modo di sviluppare la disinvoltura necessaria per godersele. Intendiamoci, "Mario" aveva ragione ma nel suo tono ho avvertito un messaggio sottinteso, quello che dice: non è cosa per voi, giovincelle, quindi abbiate riguardo per chi è davvero interessato! Quindi ho trovato l'interruzione di quel signore più fastidiosa di quella delle due ragazze. Ci si dovrebbe rallegrare quando si trovano i giovani ad eventi come questo ma forse qui ci siamo convinti che il loro posto sia nelle discoteche, nei pubs, nelle sale giochi e sui campi di calcio, tutti "recinti" in cui possono sfogare la loro esuberanza senza dar fastidio a chi ha di meglio da fare.



venerdì 10 dicembre 2010

Con le migliori intenzioni


Sulle pagine dei quotidiani locali avevo letto di un corso di scrittura scenica per il teatro organizzato da un'associazione culturale  di Rimini. La sera della prima lezione sono partito da casa munito di penna e quaderno, contento di potermi dedicare a qualcosa di diverso dal solito.
La sede dell'associazione, che era anche quella del corso, è situata in una traversa del lungomare di Rivazzurra. Non è stato un problema trovare parcheggio e mentre camminavo passando in rassegna i numeri civici lungo il marciapiede deserto cosparso dalle prime foglie cadute, osservavo gli alberghi e i ristoranti chiusi, le vetrine dei negozi spente e serrate. Impossibile non avvertire il contrasto con la vita brulicante e chiassosa dei mesi estivi.
A volte, dopo il lavoro, se non sono particolarmente stanco, mi piace girovagare un pò in macchina per svuotare la mente dai pensieri e distrarmi cambiando scenario. Metto un cd nel lettore e mi infilo nella infinita coda di mezzi sul lungomare: auto, moto, scooters, biciclette e gli odiatissimi risciò. Osservo le persone camminare  e unirsi in una sorta di frenetica osmosi lungo i marciapiedi oppure mentre sono sedute ai tavoli fuori dagli alberghi, nei ristoranti e nei bar.  E' il mio piccolo film della notte. In qualche occasione mi spingo tanto in là che torno a casa più tardi di quanto dovrei ma non m'importa. Il sonno non è l'unico  modo per conservare la salute.

Il palazzo con la sede dell'associazione era un condominio di 6 piani nuovo di zecca ma completamente disabitato, come tanti altri lì intorno. Appartamenti chiusi anzi, sigillati, in attesa di aprire i battenti agli affittuari estivi.
Nel quadro dei campanelli, tutti contrassegnati da un numero, spiccava l'unico con l'etichetta personalizzata:  Arteficio - Associazione Sportiva Dilettantistica. L'ho trovato molto insolito. Che avessero anche una squadra di calcio?
Ho notato un ingresso laterale illuminato, al quale si accedeva con una breve rampa di gradini, con il nome dell'associazione sulla portone  di vetro e alluminio e mi ci sono diretto senza suonare alcun campanello.  Nel piccolo atrio ,  ai versanti opposti di un banco di ricevimento, due ragazze stavano conversando.  Ho detto di essere lì per il corso di scrittura scenica e la ragazza dietro il banco mi ha fatto compilare un modulo mentre quell'altra si è presentata come Chiara, collaboratrice del corso e psicologa. Aveva glaciali occhi azzurri e una di quelle espressioni languide che ti fanno contorcere dentro i vestiti. Mi hanno invitato ad aspettare qualche minuto, affinchè si liberasse la sala. Infatti sentivo della musica e degli incitamenti provenire da un'altra stanza, in fondo ad un  breve corridoio.
Poco dopo sono arrivati alla spicciolata anche gli altri partecipanti al corso e i due istruttori: Alberto e Chiara della compagnia Korekanè (per comodità indicherò l'istruttrice come Chiara1 d'ora in avanti, per distinguerla dall' ammaliante collaboratrice Chiara2).
Dopo pochi minuti la musica era cessata e dal corridoio sono arrivate tre ragazze scapigliate e accaldate che hanno salutato tutti mentre uscivano indossando i giacconi sopra il body e le pantacalze. Ricordo di aver pensato: però, si danno da fare in questa associazione! L'affluenza non è proprio da record ma, appunto per questo, tanto di cappello a chi si sforza di creare queste iniziative.
 
Mi sono diretto verso la sala e appena entrato ho avuto un momento di smarrimento. Nella stanza non c'erano nè tavoli nè sedie: era uno spazio unico, completamente sgombro, con un lucido parquet sul pavimento e le pareti ricoperte di specchi, con una maniglia che correva intorno al perimetro ad un metro da terra. Ho avvertito un lieve pizzicore dietro al collo, che risaliva veloce per la nuca. Sono tornato indietro sospettando di aver sbagliato stanza.  In effetti non c'era traccia di tutti gli altri ma questo perchè si erano infilati nei due spogliatoi lungo il corridoio. Entro anche io nello spogliatoio maschile e appendo il giubbotto alla parete. Ritorno nella sala e Chiara1 mi invita a togliermi le scarpe e a restare in calzini facendomi notare che avrei dovuto indossare indumenti più comodi al posto dei jeans. Decido che a quel punto era inutile mettersi a fare troppe domande anche perchè sembrava che tutti sapessero benissimo cosa fare e che parlassero tra loro come se si conoscessero già. Lascio anche le scarpe nello spogliatoio e torno nella sala scalzo, con la penna e il quaderno che a quel punto capisco essere superflui: li ho posati sul pavimento, in un angolo dove erano ammucchiate borse, borselli e telefoni cellulari. Aspetto in mezzo alla sala insieme agli altri, assicurandomi che i miei calzini non lasciassero dietro di sè impronte umide di sudore.

Eravamo nove in tutto: oltre al sottoscritto c'erano i due istruttori, Alberto e Chiara1; la collaboratrice, Chiara2; due ragazzi, uno alto e l'altro più basso col pizzetto;  due ragazze, una delle quali andava in giro con la maglietta sbottonata a mostrare una vistosa scollatura; e un'altra ragazza sui 20 anni di nome Rosita che in effetti era un  vero "fiore":  alta circa un metro e settanta, capelli biondi raccolti dietro la nuca, grandi occhi azzurri, carnagione chiara e dei modi che esprimevano grazia e timidezza. Io e Rosita eravamo gli unici nuovi  arrivati, tutti gli altri erano reduci dall'edizione dell'anno scorso.
Chiara1 ha dato inizio alla lezione invitando a sciogliere i muscoli del collo. In piedi, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, ha cominciato ad oscillare la testa in tutte le direzioni. A questo punto ho avuto la certezza di aver frainteso ogni cosa riguardo quel particolare corso. Non ero ancora sicuro di cosa trattava ma almeno sapevo cosa non trattava: ho lanciato un'occhiata d'addio al quaderno e alla penna sul pavimento, ho tirato un bel sospiro e ho iniziato  a lavorare di collo.
Subito dopo abbiamo cominciato a correre per la sala, prima per linee rette e poi con improvvisi scarti in ogni direzione. Altri esercizi per le articolazioni che mi hanno riportato con la mente alla mia breve carriera calcistica e poi....qualcosa di completamente diverso. Siamo stati divisi in due gruppi e addossati alle pareti  ai latti opposti della sala. I componenti di un gruppo, uno per volta, dovevano chiudere gli occhi e camminare attraverso la stanza fino all'altro gruppo, dove qualcuno si sarebbe preoccupato di fermarlo prima del muro. Anche se i rischi erano praticamente nulli, ho notato che la maggior parte delle persone rallentava drasticamente l'andatura già a metà sala. Fidarsi è bene...eccetera, eccetera.
Altro esercizio simile ma a coppie. A turno, bisognava chiudere gli occhi e farsi guidare dal compagno per la stanza, esplorando con il tatto l'ambiente, toccando gli oggetti, o ubbidendo alle sue silenziose indicazioni trasmesse con la pressione delle mani sulle spalle o sulle braccia.
Poi è venuto il momento della comunicazione visuale. Vagare qua e là individuando di volta in volta dei "bersagli" nelle altre persone e seguirle per un pò; camminare per fermarsi all'improvviso davanti a qualcuno e osservarsi attentamente da capo a piedi (unici momenti di difficoltà: quando ho incrociato Chiara2, quella con lo sguardo che apre anche le scatolette di tonno, la quale mi ha fatto saltare per aria tutti i bottoni; e quando ho affrontato miss scollatura che, l'ho capito  in quel momento, non aveva lasciato nulla al caso....). E che dire di Rosita? Avrei potuto stare a guardarla per tutto il tempo della lezione ma era così timida che, immagino, questo avrebbe anche potuto ucciderla.
Lo scopo di quest'ultimo esercizio era quello di allenare la capacità di osservazione. Gli istruttori hanno scelto alcuni di noi e hanno chiesto loro di descrivere con esattezza ogni singolo dettaglio di chi avevano osservato: com'era vestito, di che colore avesse gli occhi e i capelli, se portava collane, orecchini (e come erano fatti)....

Ormai avevo capito di cosa trattava il corso e poco dopo Chiara1 lo ha ricordato a tutti esponendo il progetto al quale avremmo dovuto lavorare: una rappresentazione che partiva da un testo già pronto (un'opera di A. Schnitzler) ma avrebbe dovuto conformarsi in base al contributo di ognuno in fase di prova e sperimentazione. "Scrittura scenica" era quindi da intendere come costruzione e sviluppo della scena attraverso il lavoro degli attori.
Per quanto l'abbia trovata un'esperienza diversa e interessante sotto molti aspetti, tra cui quelli di poter saltellare scalzo sul parquet, toccare e guardare negli occhi belle ragazze, interagendo con le persone in modi completamente diversi da quelli che siamo soliti praticare ogni giorno e che, curiosamente, mi sono parsi molto più autentici....ho deciso di non continuare il corso.  La mia attenzione si dirige altrove, per adesso, ma un giorno potrei riprovarci.


(Un sabato sera, diverse settimane dopo, mi trovavo in "piazzetta" a Rimini, cioè nella zona dei locali intorno alla vecchia pescheria. Nella folla ho intravisto Chiara2 che parlava con un'amica. Aveva il suo solito sguardo ma regolato sul minimo, come usa fare Ciclope degli X-Men con il suo visore al quarzo rubino. Subito dopo ho visto anche Rosita mentre correva con un'amica da qualche parte, ma non lontano. E una mattina, al bar, ho visto sul giornale una foto di Chiara1 nuda dentro un carrello del supermercato. Forte!!)