sabato 30 maggio 2009

Con o senza

Ci voleva un lungo ponte come questo del 2 giugno per smuovere le acque. Quando arrivano i tipi più strani e particolari, significa che un gran numero di persone si è messo in movimento. Altrimenti si vedrebbero in giro solo pochi, sparuti e anonimi individui che si fanno dimenticare in fretta. A dimostrazione di ciò, è arrivato un signore di Reggio Emilia che fu già ospite presso di noi l'anno scorso. Quando ha prenotato al telefono non avevo idea di chi fosse ma, una volta arrivato in hotel, l'ho subito riconosciuto e non poteva essere altrimenti giacchè indossa uno dei parrucchini più spettacolari che mi sia mai capitato di vedere. In pratica, una nuova specie di animale domestico. Il fatto ecclatante però è un altro: lo toglie e lo rimette con estrema disinvoltura, anche più volte al giorno. Ad esempio, l'aveva in testa al momento del suo arrivo ma quando è sceso dopo aver sistemato i bagagli ed essersi cambiato d'abito, non l'aveva più! E' molto disorientante. Perdipiù ha una testa assolutamente glabra e lucida e, quel che è peggio, si nota la differenza di colorito tra la pelle del viso e quella della nuca con la linea di demarcazione che ricalca esattamente la forma del parrucchino.
Mi chiedo quale sia il criterio che adotta per decidere se indossarlo o meno. Quando esce la sera? Quando fa freddo? Quando guida? Non sono ancora riuscito a capirlo ed è fuori discussione che glielo possa chiedere. Peraltro, e questo mi manda ai matti, non è il solo cliente con questa particolarità. C'è anche un altro signore tedesco che solitamente prenota per luglio, un ultrasettantenne che sfoggia alternativamente il tupè e la pelata senza batter ciglio. Viene in vacanza con l'amante, una signora della stessa età o anche più vecchia (almeno lo sembra) che temo verrà presto rimpiazzata. La scorsa estate ci disse che, per l'anno seguente, avrebbe portato con sè un'altra signora più giovane e più portata per il ballo di cui è un grande appassionato. Tra parentesi, ha pure una moglie che però resta a casa perchè non le piace viaggiare.
Anche il signore di Reggio Emilia è in buona compagnia. Sta insieme ad una signora ucraina e quest'anno ci sono anche altre due amiche di lei. Tetyana, Olga e Mariya. Una pattuglia di badanti in piena regola.
Non è che stiamo sottovalutando i parrucchini?

sabato 23 maggio 2009

Cuochi



In questi giorni è venuto a trovarci i nostro cuoco Maurizio. Una ricognizione prima della partenza dato che, lavorando in un istituto alberghiero, fino alla fine di giugno sarà impegnato con gli esami e i giudizi di finali. Nel frattempo, dovremo arrangiarci come meglio possiamo e non posso dire di essere molto tranquillo. Spero solo che questo mese passi in fretta ma non succede mai: aprile e maggio volano, giugno-luglio-agosto sono interminabili.

Maurizio lavora con noi dall'agosto dell'anno scorso, quando proprio nel bel mezzo della Stagione, la cuoca che avevamo assunto decise che ne aveva avuto abbastanza. Vorrei poter dire che, in quasi cinquant'anni di attività, non era mai successo che un cuoco abbandonasse il suo posto ma questa piccola soddisfazione mi è negata perchè soltanto l'anno precedente un altro cuoco aveva fatto peggio, dando le dimissioni il giorno di Ferragosto e non presentandosi per la cena.
Ricordo che quella sera c'era molta più gente del solito in cucina e tutti correvano da una parte all'altra parlandosi senza nemmeno fermarsi a guardarsi negli occhi. C'era mia nonna ottantenne piegata sull'impasto dei passatelli come se volesse strangolarlo, la cameriera ai piani che trucidava l'insalata, l'aiuto-cucina e mia madre che affogavano la pasta asciutta nell'acqua bollente oltre ad una ex dipendente che era accorsa in nostro soccorso.
Non so come riuscimmo a scamparla. Forse l'unica spiegazione possibile è che quando accadono imprevisti del genere non hai altra possibilità che...ignorarli. Devi solo proseguire, andare avanti come se niente fosse, senza fermarti a pensare alle possibili conseguenze perchè sono così tremende, così brutte, che c'è il rischio di restare pietrificati come dallo sguardo della Medusa. E se tutti sono pietrificati in cucina, chi prepara la cena ai clienti?

Quando l'estate scorsa la cuoca saltò giù dalla diligenza in corsa lasciandola senza guida, non dico che eravamo preparati ma se hai già visto il diavolo una volta, la seconda fa meno paura. Abbiamo preso le briglie sperando di tenerle il tempo necessario per mantenere la direzione nei pochi giorni necessari a trovare un sostituto. A voler essere realisti, serviva un miracolo: dove potevamo trovare un cuoco alla fine di luglio? L'eventualità più probabile era di pescare qualcuno che fosse stato licenziato o che si fosse dimesso. Sai che bellezza!
Spargemmo la voce, facemmo qualche telefonata e nel giro di un paio di giorni ottenemmo un contatto. La persona con cui parlammo ci era stato presentato come un santone del collocamento, uno chef che lavorava in riviera da più di trent'anni e che si occupava anche di trovare il personale ad alberghi e ristoranti. Ci richiamò dopo un paio d'ore dandoci appuntamento per la sera del giorno successivo, quando avrebbe accompagnato la persona che faceva per noi. Ci suonava tutto molto surreale ma che alternative c'erano?
Delle tre persone che si presentarono in hotel alle 23,30 del giorno prestabilito, nessuna aveva anche solo vagamente la parvenza del cuoco. Colui che guidava il gruppetto era un signore di mezza età e anche di mezza altezza, con l'aria del tipico uomo di mondo. Il secondo era un ragazzotto dall'età indefinibile e dall'aria un pò smarrita che si teneva ben stretto al suo mentore compiacendosi nell'osservare le reazioni degli interlocutori del suo maestro; il terzo era un ragazzo robusto con gli occhi sgranati che si reggeva ad una stampella a causa di evidente anomalia alla gamba sinistra, stretta dentro un tutore di plastica che si infilava fin dentro la scarpa.
Ci misi qualche secondo a capire che il signore in testa al gruppo era il contatto con cui avevamo parlato. Pensavo che si trattasse dei rappresentanti di una qualche associazione operante nel sociale che erano passati a domandare un'offerta (accade di continuo quasi ogni giorno, credetemi). Mai valutazione fu più sbagliata e mi vergogno ancora di averlo pensato. Quando compresi l'intera situazione, dovetti sembrare alquanto disorientato.
La terza persona, quella con la stampella e il tutore, era Maurizio. Non ho mai saputo chi fosse la seconda.
Maurizio è napoletano o almeno così si definisce, anche se vive in provincia di Salerno (ma è nato a Napoli e questo dovrebbe bastare per strappare la cittadinanza). Il problema alla gamba è dovuto ad un incidente d'auto e all'imperizia di qualche medico. Ha ammesso subito di aver bisogno di collaborazione in cucina per non essere in grado di affrontare certi sforzi, ma non l'ho mai sentito lamentarsi e ha più determinazione della maggior parte di persone che conosco. La sera non disdegna di sedersi fuori a chiacchierare con i clienti e con qualcuno è diventato abbastanza amico da attraversare mezza Italia per andare a fargli visita. Non si gongola per i complimenti alla cucina ma, d'altro canto, sa che nessuno si lamenterà mai. Ha 34 anni ed è solo di passaggio, come sono tutti quelli giovani e bravi che capitano in riviera. La nostra sarà anche la terra dell'accoglienza ma non sarà mai la terra dell'eccellenza. E' il suo pregio e anche il suo limite. Ha viaggiato molto ma non era mai stato dalle nostre parti. Si è detto molto impressionato e sta già progettando di aprire un locale suo, in futuro. Intanto ha aperto un'agenzia di collocamento insieme alla persona che ce lo ha presentanto. L'unica consolazione per il giorno che ci lascerà, è che ci penserà lui a trovare il suo sostituto.

martedì 19 maggio 2009

Sentirsi a casa


Odio sentirmi a casa, quando vado da qualche parte.
(George Bernard Shaw)

Tutti credono che il complimento migliore che un albergatore possa ricevere dai suoi clienti sia:"qui mi sento come a casa!". Dipende da chi lo dice, a volte suona più come una minaccia. Comunque, è una grande responsabilità. La gente è capace di cose tremende, a casa propria: fare la pipì sul divano (e non mi riferisco ai bambini), sedersi a tavola in costume da bagno, schizzare i muri di Coca-Cola e mettere il parmigiano sugli spaghetti alle vongole. Quando le persone si sentono a loro agio allentano i freni inibitori.
Eppure, non dovrebbe essere poi così brutto smarrirsi un pò, trovarsi in situazioni nuove, provare sapori differenti. Un pizzico di incertezza è salutare, ci risveglia i sensi e stimola il cervello a mettersi in moto dopo un lungo periodo trascorso con il pilota automatico. E ci preserva dalle macchie indelebili che rovinano un bel tessuto.
E' vero che un soggiorno sulla riviera romagnola, in hotel a conduzione familiare, con le spiagge attrezzate per neonati ed animali, non è il prototipo di vacanza per chi cerca l'avventura ma è altrettanto vero che le vacanze migliori sono quelle in cui riusciamo a dimenticarci tutto ciò che abbiamo lasciato alla partenza e che ritroveremo al ritorno. Non è raro veder arrivare persone piene di diffidenza e di ritrosia, uomini soprattutto (giacchè le donne sono più aperte, curiose e desiderose di evasione), che avrebbero preferito restarsene dov'erano invece di trascinarsi dietro tutti e tutto per chilometri e chilometri, oppure convinti da amici o parenti ad aggregarsi alla compagnia. Gli si può leggere in viso che non sono affatto contenti di essere stati distolti dai loro problemi e dai loro pensieri i quali, ne sono assolutamente convinti, si aggraveranno solo per il fatto che non siano rimasti là a covarli. Non vogliono sentirsi a casa, vogliono essere a casa.
Per fortuna, nella maggior parte dei casi, questa situazione non dura che qualche giorno. Osservare il cambiamento può essere illuminante. Cominciano tenendosi in disparte, evitando ogni contatto, leggendo lo stesso giornale per trenta volte al giorno, mangiando il gelato in un angolo semibuio da dove possono tenere d'occhio tutti fino a quando capiscono che non possono rifiutare l'ennesimo invito a giocare a carte o a bocce. A quel punto si accorgono che non è così male, che possono sopravvivere a qualche distrazione e che gli è concesso anche posare il loro fardello per un pò. Li ritrovi gli ultimi due giorni in mezzo al gruppo, abbronzati e leggermente straniti, a seguire con vero interesse una conversazione sui motori diesel di vecchia generazione o sulla preparazione di qualche formaggio tipico. Si sono scordati di casa proprio quando è il momento di ripartire ma in definitiva chi se l'aspettava?

venerdì 15 maggio 2009

Ama il prossimo, combatti il vicino

Se dovessi vedermela solo con i clienti, anche i più agguerriti, non sarebbe tanto male. Purtroppo si aggiungono alla contesa anche la mia famiglia, il personale e i vicini. Bisogna essere molto ben allenati per tenere testa a tutti.
I vicini sono forse quelli che danno meno problemi ma, chissà perchè, non perdoniamo loro colpe che saremmo disposti ad ignorare se solo riguardassero qualche familiare o amico. Sarà per il fatto che non ce li siamo scelti, che ci sono stati imposti da una qualche divinità urbana. Ci sarà una ragione per cui in campagna i vicini si aiutano mentre in città si combattono. Comunque sia, le cose stanno cambiando in fretta: le campagne si stanno spopolando e non dovremo più preoccuparci di questa stridente differenza.

I nostri rapporti con i vicini sono sempre stati piuttosto cordiali e non si sono mai verificati episodi troppo spiacevoli. Quando il lavoro entra nella fase più intensa però, anche fatti di poco conto possono essere decisivi nel rompere gli equilibri. Come quella volta in cui il genero della signora che vive nella casa accanto (a sinistra), il giorno di Ferragosto, arriva con il suo Mercedes presidenziale e parcheggia nella nostra proprietà, sul nostro "passo carrabile", dove solitamente sostano le nostre auto. Mio padre non gli ha lasciato nemmeno il tempo di scendere dalla macchina e gli ha abbaiato contro come un mastino finchè quello non ha fatto retromarcia e ha parcheggiato dove doveva: nel parcheggio pubblico. Se vi sembra una reazione esagerata provate ad entrare in un albergo della riviera il giorno di Ferragosto: noterete che le vene del collo di chi ci lavora sono insolitamente gonfie e che le persone si muovono a scatti, come incalzate da piccole scosse elettriche. Non c'è da scherzarci troppo.
Soltanto con il figlio della medesima signora abbiamo raggiunto un tacito accordo. Lui vive ancora lì ed è stato per diversi anni il mio miglior amico dell'estate. Da bambini eravamo inseparabili, sempre a giocare insieme: io, lui, mio fratello e il figlio del fornaio di fronte. Non ricordo l'anno in cui questo sodalizio si interruppe ma accadde all'improvviso. Penso sia stato perchè ognuno di noi fu costretto a smettere di giocare per cominciare a lavorare, noi in albergo, lui con il padre marmista e il figlio del fornaio...al forno. Arrivarono le prime responsabilità e si portarono via ogni cosa. Tutta la complicità è andata perduta e adesso ci limitiamo a salutarci, raramente scambiamo qualche battuta. E' molto ingrassato, beve e fuma troppo (c'è stato un periodo in cui, dopo ogni fine settimana, la sua macchina aveva una bozza o una strisciata in più sulla carrozzeria). I suoi genitori si sono separati molti anni fa, le sue due sorelle si sono sposate e lui è rimasto solo con la madre, la quale, peraltro, cade vittima di attacchi isterici molto pericolosi. Lavora tutto il giorno e quando arriva a casa la sera è così stanco che riesce solo a mangiare e a mettersi a letto davanti alla tv. Mi capita spesso di sentirlo dalla finestra aperta della sua stanza al primo piano: alle voci della televisione si sovrappone spesso il suo russare violento. Esce solo il venerdì sera, non so con chi o dove vada ma poi trascorre sia il sabato che la domenica in casa, probabilmente per riaversi dagli effetti di qualche pratica devastante.
Ad ogni modo, è abbastanza collaborativo: lascia quasi sempre il passaggio libero e quelle volte che non lo fa è sempre pronto a spostare la macchina oppure a darmi le chiavi. In fondo usufruisce del passaggio per tutto il resto dell'anno. E' un buono ma è solo e, quel che è peggio, mi pare rassegnato.

Al piano terra della stessa casa si trova il negozio di frutta e verdura dal quale ci riforniamo. E' gestito da sempre dalla stessa famiglia ma ormai ci lavorano solo i due anziani coniugi e il loro figlio maggiore. I figli più giovani hanno avuto il buon senso di svignarsela.
Se la condizione del mio amico di cui sopra mi preoccupa, quella del figlio maggiore dei fruttivendoli mi spaventa. Non l'ho mai visto in un luogo diverso e in una circostanza diversa da quelli del negozio. Ha passato da un pezzo i quaranta e non ha altra distrazione che il lavoro. Ha sempre qualcosa per cui recriminare e ha l'aspetto di un naufrago scampato ad un tifone. Si attacca con i genitori ogni santo giorno, per i motivi più sciocchi. A volte le urla si sentono fino in fondo alla via e non si fanno problemi a metter su una delle loro scenate in presenza dei clienti. Più di una volta, andando a far l'ordine per la cucina, mi sono trovato in mezzo alle loro "scagnarate". Non è raro vedere altri albergatori o ristoratori andarsene esasperati lasciando il biglietto della spesa. Io mi imbarazzo da morire e tento qualche accenno di pacificazione, soprattutto quando la diatriba sorge per colpa mia, ossia per qualcosa di connesso alle mie richieste (l'unica nota positiva è che discutono sempre in dialetto e questo contribuisce molto a sdrammatizzare).

Il bar dall'altra parte della strada ha chiuso per ferie e riaprirà solo a fine mese. Non è l'unico locale a farlo. Poco prima che inizi il ballo, ci si prende qualche settimana per ricaricare le batterie. Non sono molto convinto che funzioni ma vorrei poter provare. Invece devo affrontare questo gigante affamato così come mi trovo. Per come mi sento, mi pare di non avere altro che una spada di plastica.

Accanto al bar, proprio di fronte all'albergo, c'è una palazzina di tre piani in cui si affittano appartamenti ai turisti. Al piano terra fino allo scorso anno c'era un negozio di tappeti persiani. Se un tappeto dà un tono alla stanza, un negozio di tappeti dà un tono alla via e questo è l'unica ragione di rimpianto. Si dice che il titolare sia scomparso senza finire di pagare l'affitto e molte altre cose. Era un iraniano, o un siriano, non ricordo bene. Da quando ha aperto, qualche anno fa, ha tenuto sempre affissi alle vetrine grandi manifesti che annunciavano: SVUOTA TUTTO o SVENDITA TOTALE o FINO AD ESAURIMENTO. Solo un anno dopo l'apertura si sparse la voce che avrebbe chiuso e la stessa cosa veniva ribadita ogni anno. Tattiche millenarie da mercante orientale. Adesso tutte le serrande sono abbassate, sormontate dal cartello "affittasi". Non sono per niente fiducioso.

In un'altra palazzina qualche decina di metri più avanti, in direzione del mare, la situazione è piuttosto vivace. Per anni l'immobile è stato dato in affitto a famiglie di pataccari napoletani fino alla sera in cui alcuni di loro si sono messi a scaraventare sedie e tavoli contro la vetrata dell'hotel accanto al nostro (a destra). Io ero ancora un ragazzino e ricordo che stavo disegnando seduto ad un tavolo della sala da pranzo quando ho sentito questa cascata di vetro rovesciarsi sul pavimento e poi il proprietario dell'albergo urlare: "mi avete rovinatoooo!"
Non ho mai saputo quali fossero stati i motivi alla base del gesto. Quando sono arrivati i carabinieri e hanno bussato alla porta della palazzina, uno dei responsabili, tale Gennarino, ha aperto la porta sbadigliando in faccia al gendarme, come se quello sconsiderato avesse potuto svegliarlo a quell'ora di notte, quando tutti i bravi guaglioni dormono beatamente.
Ero poco più di un bambino ma mi è parsa una scena ridicola.
Da quel momento in poi niente più napoletani. Lo stabile è stato ritrutturato e rinnovato e i locali sono stati affittati a lavoratori stranieri, soprattutto albanesi. Una volta c'era un uomo agli arresti domiciliari e i carabinieri passavano ogni giorno per il controllo di rito. Alla fine di quell'estate seppi che il tizio riuscì a scappare imbarcandosi clandestinamente al porto di Ancona.
Quest'anno ci sono grosse novità. A quanto pare tutti i locali sono stati affittati alle dipendenti di un night club. Una di queste è stata ribattezzata maitresse dagli altri abitanti della via, in quanto incaricata di dirigere e coordinare lo staff. Una morettina sui trent'anni con il caschetto, alta al massimo 1.60, abbronzata e piuttosto discinta nel vestire, che Dio la benedica. Ha tre cani, due Chihuahua e un Cavalier King, che ogni tanto saltano il cancello (o passano in mezzo alle sbarre, non ho ancora ben capito) e la costringono a frenetiche rincorse per la strada strillando i loro nomi. Il Cavalier si chiama Camilla. Dopo averli agguantati li prende in braccio e li sbaciucchia rimproverandoli per aver fatto i cattivi.
A volte ho visto un pulmino o un taxi fermarsi davanti alla casa e caricare o scaricare qualche ragazza. Il traffico aumenta il venerdì e il sabato sera. Se non portano il lavoro a casa, possono durare tutta l'estate.

martedì 12 maggio 2009

Non si accettano scommesse

Finchè la Stagione non sarà entrata nel vivo, ci si continuerà a chiedere come sarà (d'ora in poi userò sempre la "s" maiuscola, alla tedesca). Quando incontro qualche conoscente con il quale non ho abbastanza confidenza per poter discutere di argomenti più personali, vengo posto inesorabilmente davanti allo stesso interrogativo. Mi domandano pareri come se, lavorando nel settore, io potessi fare previsioni più attendibili di quelle che potrebbe fare chiunque altro. Che cosa rispondo? Mi dispiace ammetterlo ma si tratta di una serie di frasi fatte delle quali non vado fiero. Come quando si parla del tempo e, più in generale, di tutti quegli argomenti sui quali non abbiamo alcun controllo.
Sono giorni tranquilli ma la consuetudine vuole che non debba rallegrarmene. Mi godo la quiete prima della tempesta. Tra poco mi sarà impossibile starmene seduto auf der Terrasse a leggere un libro alle due del pomeriggio, sotto un sole ancora gentile con la lana dei pioppi che fluttua nell'aria.

venerdì 8 maggio 2009

L'importanza di tenersi occupati

Come anticipato, ho anche un secondo lavoro. Essendo la mia un'attività stagionale, devo trovare il modo di tenermi occupato nel resto dell'anno anche considerando che il nostro non è un grande albergo (allo stato attuale 33 camere).
Per me l'estate non è mai stata sinonimo di vacanze. Anche quando ero troppo piccolo per lavorare, non mi muovevo dall'albergo. Crescendo, sono stato sempre più coinvolto con la conseguenza che, una volta terminata la scuola iniziava il lavoro e una volta terminato il lavoro ricominciava la scuola. Dopo la maturità mi sono iscritto all'università ma anche in questo caso dovevo adeguare la mia tabella di studio alla stagione lavorativa. Questo è stato uno dei fattori che hanno prolungato oltremodo la mia carriera di studente. Ho impiegato dieci anni a laurearmi. Discussi la mia tesi in una calda giornata di fine giugno, nell'ultima sessione dell'anno accademico. Il periodo non era il più indicato, con il lavoro eravamo già a pieno regime e qualcuno avrebbe dovuto restare a presidiare il castello. In questo mestiere, qualunque cosa succeda, non si può abbassare la serranda e aspettare tempi migliori.
Alla discussione erano presenti solo mia madre, una delle mie nonne e un amico. Non ero agitato o preoccupato, solo accaldato dentro il mio vestito nuovo e impaziente di finire. La discussione durò una ventina di minuti, quando terminai e fui proclamato dottore mia madre aveva un'aria disorientata. Disse: "non ti avevo mai sentito dire tante parole tutte in una volta".
Quando arrivammo a casa, mio padre si commosse fino alle lacrime, ero il primo laureato in famiglia. Avevo capito che loro ci tenevano molto più di me, tuttavia avevo già fatto la mia scelta: non avrei intrapreso nessuna carriera, avevamo cominciato da poco le opere di ristrutturazione con i finanziamenti delle banche e in un'azienda familiare di questo tipo il contributo di ogni singolo membro è fondamentale.
Temo di averli delusi per metà, e di averli rassicurati per l'altra metà decidendo di restare. Ho cresciuto una pianta che non ha dato frutti (e non so se ne darà mai) ma resta lì a decorare il giardino.
Ad ogni modo, non mi ero arreso del tutto. Ero alla ricerca di qualche compromesso. Nell'ottobre seguente, dopo la chiusura, mi fu proposto di entrare come collaboratore nell'agenzia immobiliare che un amico, lo stesso che era stato presente alla mia laurea, aveva aperto con un socio. Lui e suo padre hanno fatto da sempre questo mestiere ed erano perciò ben inseriti nel settore. Perdipiù, si trattava di un impegno che mi lasciava la possibilità di continuare ad occuparmi dell'albergo in estate. All'inizio ho creduto che avrebbe potuto essere la soluzione giusta. Potevo sfruttare una parte delle mie competenze, tenermi impegnato in inverno e avere un' entrata finanziaria supplementare. Purtroppo il sodalizio non ha dato l'esito sperato e il mio amico è uscito dalla società. Io avrei anche potuto rimanere ma ho preferito non farlo. Le prospettive di guadagno erano sempre state modeste ma ero disposto a passarci sopra. Ciò che era venuto a mancare era la possibilità di imparare davvero il mestiere e questo mi premeva assai di più.
Ho trascorso un paio d'anni piuttosto tormentati, afflitto dai sensi di colpa. Mi alzavo preso la mattina e consideravo il più piccolo impegno come di fondamentale importanza.
Quando decisi di andare a vivere per conto mio la situazione si fece ancora più pressante. Non potevo più aspettare di "sistemarmi", dovevo prendermi qualche rischio.
Qualche settimana dopo mi fu offerta l'occasione di lavorare in una società di calcio dilettantistica come segretario. Non ci pensai sopra troppo a lungo, c'era l'affitto e tutte le altre spese da pagare.
Sono stato un vero appassionato e un tifoso dall'età di otto anni ma negli ultimi anni le cose hanno iniziato a cambiare in modo radicale. Se a quel tempo me lo avessero detto non ci avrei mai creduto. Ero convinto che sarebbe sempre stato così e che questo sarebbe bastato a consolarmi di qualsiasi dispiacere. Il pallone mi ha deluso e stancato. E' come aver scoperto il tradimento di una moglie troppo bella per limitarsi alle attenzioni di un solo uomo. Tu hai la ragione dalla tua parte ma lei troverà certamente di meglio. Vale la pena di arrabbiarsi?
Coloro che snobbano il calcio, che non se ne sono mai interessati o che addirittura lo detestano sono considerati persone da cui guardarsi. Qualcuno che tira a fregarti, insomma, e con il quale è consigliabile non entrare in intimità. Chi, invece, si è sempre interessato al pallone ma ad un certo punto afferma di non volerne più sapere, viene prima guardato con divertita incredulità e poi con raggelato distacco, come si guarda qualcuno che tradisce una causa comune.
Ho sviluppato un atteggiamento disincantato che mal si concilia con il coinvolgimento emotivo tipico di quest'ambiente. Inoltre, anche qui sono richiesti nervi saldi e tanta pazienza soprattutto quando le squadre da seguire sono dieci o più, come nel mio caso. A voler essere pessimisti potremmo dire che me la sono andata a cercare. Mi sono giocato anche le poche ore libere durante l'estate, quelle che solitamente riservavo ad un sonnellino o ad un bagno al mare. Molto spesso la mia giornata inizia alle otto del mattino e finisce a mezzanotte o all'una, senza pause.
Non sono più tanto convinto che sia così importante trovare qualcosa che mi tenga "occupato".

martedì 5 maggio 2009

Di ponte in ponte

Dopo la Pasqua ci si aggrappa ai ponti: 25 Aprile, 1 Maggio, 2 Giugno...Molti li segnano sul calendario con largo anticipo e li usano come gancio psicologico per farsi trascinare durante i mesi e le settimane di lavoro precedenti, poi non è detto che partano effettivamente. Se ci si sfinisce coltivando troppe aspettative si rischia di esaurire ogni stimolo. Sono tempi difficili questi, anche se qualcuno deve spiegarmi quando mai abbiamo avuto tempi facili. Ad ogni modo, c'è stato un pò di movimento in occasione del ponte del 1 Maggio (quello del 25 Aprile non è stato un vero ponte, dato che è caduto di sabato). Il 2 Giugno si prospetta come il migliore, staremo a vedere (lungi da me l'intenzione di fare la conta di chi va e di chi viene...).