giovedì 29 dicembre 2011

Sfilano i corridori



Mai come nel periodo delle festività la TV si rivela tanto brava a ripetere se stessa. Ogni anno assistiamo ai soliti servizi sui regali, sul presepe, sul pranzo di Natale, sulla corsa per smaltire i chili presi dopo le abbuffate di rito.  Io ho ricominciato a correre dopo la fine dell'estate e lo faccio per 3 o 4 volte alla settimana, ad orari variabili. Incontro sempre diverse persone: chi corre, chi cammina, chi pedala. In questi giorni mi aspettavo di veder crescere il numero di chi decide di darsi ad un pò di moto, invece è l'esatto contrario.
Non penso che siano tutti partiti per le vacanze, non con l'aria che tira. E allora che cosa succede? Peraltro il tempo è ideale: fredde giornate di sole, senza nebbia, vento e umidità. Non si potrebbe chiedere di meglio.
Anche così però, s'incontrano dei bei tipi. L'altro giorno ho visto uno che si stava suicidando. Era un uomo di mezza età, sovrappeso di parecchi chili, che correva a torso nudo con una temperatura che oscillava tra i 5 e i 7 gradi. Non ho letto nulla sui giornali dei giorni successivi ma potrebbe essere dovuto al fatto che non ne hanno ancora trovato il corpo. Forse sbucherà fuori in maggio, quando le gru spianeranno le dune di sabbia sulla battigia.
Per contro, un paio di mesi prima, con 17 gradi di temperatura esterna, ho incrociato una specie di marziano. Un tizio in pantacalza da sciatore, giacca a vento, passamontagna, occhiali da sole e berrettino che si sarebbe disciolto nei vestiti dopo 3 chilometri.
Qualcuno assomiglia ad un operaio dell'Anas o al postino, tanto è fosforescente.
Quelli con i jeans poi sono inquietanti. Pensi che stiano inseguendo l'autobus ma non ci sono mai autobus nei paraggi, e nemmeno fermate.
Ma le migliori sono le donne. Non c'è niente da fare: qui da noi uscire per una "vasca" in centro o per una corsa sul lungomare è la stessa cosa. Queste signorine sembrano uscite da un catalogo di abbigliamento sportivo. Non sudano, non si spettinano, corrono con i Ray-ban e gli auricolari dell'i-pod nelle orecchie. E lasciano una scia di profumo per 70 metri. E io mi domando: se non puzzi, che senso ha?

venerdì 25 novembre 2011

Nuovi arrivi in città



Mercoledì scorso è stata inaugurata la nuova libreria Feltrinelli di Largo Giulio Cesare a Rimini. Avrei voluto essere presente ma ho preferito aspettare qualche giorno, anche per approfittare dell'offerta promozionale su tutti i libri che durerà fino a domenica prossima. 
Immaginavo che ci sarebbe stata la solita "ressa" ed in effetti così è stato, come riportato dai giornali del giorno seguente. Dopotutto, le affollate inaugurazioni di negozi del centro sono uno degli argomenti più in voga in questo autunno. Qualche settimana fa era stata la volta di H&M in Corso d'Augusto, con tanto di polemica sul rifiuto di pagare la quota per le luminarie natalizie da parte del gruppo svedese di abbigliamento (subito rientrata però).
Oggi sono quindi andato a visitare questa nuova libreria, con le vetrine che si affacciano sul corso e sull'Arco di Augusto, in una zona che negli ultimi anni è rimasta troppo ai margini nella rotta dello shopping e dello struscio. Il suo recupero è iniziato con l'eliminazione del parcheggio e annessi parcheggiatori abusivi (che si erano rivelati una vera e propria organizzazione a delinquere); poi è stata la volta della ristrutturazione dell'ufficio postale e dell'apertura di nuovi negozi e attività, la libreria appunto e, per citarne un'altra, la pizzeria al taglio all'angolo est della piazza.
Entrando nella nuova Feltrinelli si avverte chiaramente l'odore del parquet e delle vernici e la forma irregolare del locale, con tanti angoli e insenature, lo rende piacevole da attraversare. Gli arredi sono standard e di tipo minimalista, i colori predominanti sono il rosso del marchio, il bianco delle pareti e il beige del pavimento. 
I libri sono suddivisi per sezioni, con isole tematiche non sempre coerenti, a dire il vero; ci sono anche i reparti dei cd musicali e dei dvd che compongono l'offerta multimediale tipica della catena. Alle casse viene proposta la tessera di fidelizzazione che dà diritto a sconti ed agevolazioni (ne ho sottoscritta una anch'io). Il personale è composto di giovani under 30 che sono troppo impegnati a sistemare la merce sui numerosi scaffali e a battere i tasti dei registratori di cassa per fermarsi a dare consigli o a confrontarsi sui singoli volumi con i clienti. Anche se potessero farlo, sarebbero in grado? Sono dei lettori? Quanti libri potrebbero aver letto nel corso della loro breve vita? 
Ecco, sotto questo punto di vista credo che una libreria debba cercare di assumere anche qualche dipendente più attempato, qualcuno che possa aver avuto il tempo per leggere qualche centinaio di libri, che conosca gli autori, i generi, i temi. Lo so, i giovani costano meno, finchè sono in età di apprendistato e la logica della grande distribuzione prevede che il cliente sappia già quello che vuole o che gli serve quando entra nel negozio e se non lo sa si prende da solo il rischio dell'acquisto. Ciò che importa è che la merce sia in buono stato e fruibile senza troppe controindicazioni. Il consumatore è solo e lo sa. 
Questa impostazione da grande magazzino non può applicarsi a tutto ma, evidentemente, l'accettiamo tutti di buon grado. Forse domandiamo consigli al personale dei supermercati su come si fa il ragù o sulla ricetta del coniglio in porchetta?
Non vorrei essere frainteso. Sono contento che anche Rimini abbia la sua Feltrinelli. Per molti anni siamo stati il paradiso dei tendoni con i libri  fuori catalogo a metà prezzo, non dovremmo lamentarci! Ed è meglio una libreria dei soliti negozi di abbigliamento e di telefonia. O di un bar. Di tutto ciò ne abbiamo in eccedenza. Inoltre, aspetto non secondario, Rimini è ormai a tutti gli effetti anche una città universitaria. 
Nel centro storico ci sono altre librerie, naturalmente. Ho scoperto il Punto Einaudi di via Bertola, lungo la quale, poco distante, si trova anche una libreria per ragazzi (Viale dei Ciliegi 17); c'è la libreria Mondadori in Piazza Tre Martiri e la Libreria Riminese in Piazzetta. E non sono le uniche. La nuova Feltrinelli è una minaccia o un'opportunità per tutte loro? Si sarebbe tentati di scegliere la prima ipotesi, come accade con i supermercati con le botteghe di quartiere ma speriamo tutti di restare sorpresi.

domenica 23 ottobre 2011

Un ricordo personale



Non sono un appassionato di motori e nemmeno un vero tifoso. Seguo le gare in tv ma in modo un pò distratto e raramente mi permetto qualche commento, anche quando la sala tv è gremita di clienti che guardano il gran premio di Formula 1 o di Moto GP. Sotto questo aspetto sono un romagnolo atipico. Tuttavia, sento il bisogno di contribuire al ricordo di Marco Simoncelli, ma non perchè fosse delle mie parti e vivesse a pochi chilometri da dove vivo io. Non era il solo, dopotutto.
Da qualche anno a questa parte mi è capitato di incrociarlo quando, con i suoi amici, passava di qui per andare al ristorante-pizzeria in fondo alla via. Arrivava più o meno sempre all'ora in cui io staccavo dal lavoro quindi piuttosto tardi, quando le strade e i locali si erano già svuotati. Parcheggiava dove parcheggio io di solito e più di una volta l'ho visto uscire dalla sua macchina mentre io entravo nella mia. Non ho mai azzardato un saluto, tantomeno mi sono permesso di chiedergli un autografo o una foto. Semplicemente, lo vedevo come un ragazzo che voleva rilassarsi un pò con gli amici di sempre nelle poche occasioni in cui passava da casa e non credevo fosse il caso di ricordargli che era anche uno sportivo conosciuto in tutto il mondo, quindi una celebrità. Sicuramente, qualcun altro l'avrebbe fatto un minuto dopo o anche meno. 
Una sera è passato davanti all' hotel e alcuni clienti, nonchè il nostro cuoco, l'hanno fermato per salutarlo e per scattare qualche foto con il cellulare. Hanno detto che si era dimostrato molto disponibile, simpatico, un tipo "alla mano", proprio come appariva in tv e questo non è mai un fatto scontato. Infatti le prime volte che l'avevo sentito parlare, rilasciando un'intervista o commentando una gara, mi ero chiesto: ma questo qui ci è o ci fa? Mi sembrava troppo nature per essere vero e avevo il sospetto che calcasse su quei tasti che Valentino Rossi aveva progressivamente smesso di pigiare per costruirsi un'immagine più neutrale ed esportabile. Anche quella testa di riccioli biondi mi pareva un tentativo di emulare e, allo stesso tempo, superare il modello vincente di Valentino che, oltre ad essersi imposto in pista, aveva saputo farlo anche tra i media. E così, mentre i riccioli di Simoncelli sbocciavano, crescevano e proliferavano, quelli di Rossi sparivano. Prima o poi, mi dicevo, se li taglierà anche lui, magari dopo che avrà vinto il suo primo campionato del mondo nella Moto GP o anche prima, quando sarebbe diventato uno dei piloti "top", come si usa dire. Ma quei ricci non sono mai scomparsi e mi azzardo a dire che non l'avrebbero mai fatto. Per non citare la sua cadenza romagnola al limite della parodia. Col tempo, però, ho capito che Simoncelli era proprio così e che non sentiva alcun bisogno di cambiare o di correggersi. Ho la sensazione che fosse così felice di fare qualcosa che amava profondamente, di vivere la vita che aveva sempre sognato che non credesse di dover fare niente di più e niente di meno. Si stava impegnando per migliorarsi, anno dopo anno, ed era tutto ciò che pretendeva da se stesso, anche a costo di errori gravi e di critiche tanto severe quanto giustificate. Se aveva sogni di gloria, com'è normale che fosse, li aveva inseriti in fondo alla sua personale lista delle priorità, in modo da non esserne distratto o fuorviato.
Al ristorante gli apparecchiavano un tavolo dietro la cucina. Praticamente mangiava in un cortile che fungeva da parcheggio e da rimessa per le attrezzature più varie. Era l'unico modo per mangiare in pace e per non essere disturbato continuamente e non è certo quello che nessuno di noi s' immagina quando  decide di andare a cena fuori. Eppure, ne sono convinto, lui aspettava e coglieva ogni occasione per poterlo fare.
Mi è sembrato giusto ricordarlo soprattutto per questo.

sabato 1 ottobre 2011

Quando l'abito fa il monaco

Ci sono luoghi a cui associamo il ricordo di un periodo particolare della nostra vita. La parrocchia di San Lorenzo in Correggiano a Rimini è per me uno di questi luoghi. Diversi anni fa, prestando servizio civile per un' associazione culturale di Rimini (Comunità Aperta, la stessa che organizza il premio giornalistico televisivo intitolato Ilaria Alpi e Miran Hrovatin), mi era stato assegnato come alloggio proprio quella parrocchia. Non che dormissi sulle panche della chiesa, intendiamoci. Avevo la mia branda in uno stanzone di otto letti nell'edificio attiguo, quello che faceva parte della canonica. Pur distando pochi chilometri da casa mi fermavo là per tre notti a settimana, soprattutto per stare in compagnia con uno dei miei colleghi obiettori, Andrea, di cui sono diventato amico e che proprio quest'estate è tornato a trovarmi trascorrendo quasi due settimane nel mio hotel con sua figlia Alice. So che Andrea legge questo blog e ne approfitto per salutarlo, nonchè per dividere con lui la mia indignazione per quello che mi appresto a scrivere.
Prestavamo servizio a Radio Icaro, l'emittente diocesana che ha sede al secondo piano di Palazzo Marvelli, in via Cairoli a Rimini. Al primo piano dello stesso stabile, c'è la redazione de Il Ponte, di cui era ed è tuttora direttore don Giovanni Tonelli, parroco di San Lorenzo in Correggiano.
C'erano anche altri obiettori e tutti avevano l'alloggio assegnato nello stanzone  ma si limitavano a lasciare il pigiama sul cuscino. In fondo, non potevo biasimarli: non c'era praticamente riscaldamento perchè i piccoli e vecchi caloriferi non erano sufficienti a riscaldare un ambiente tanto grande. Io e Andrea ci svegliavamo al mattino con la faccia congelata e ci volevano almeno 10 minuti di stretching facciale per riuscire ad articolare la prima parola.
I bagni e le doccie si trovavano al piano terra, in un'altra ala dell'edificio e bisognava attraversare un passaggio esposto alle correnti e anche alla fauna locale. Non era raro avvistare scorpioni, ragni, lucertole e anche qualche bisciolina. Quei locali erano da condividere con alcuni muratori extracomunitari che vivevano nello stesso complesso, ospiti della parrocchia.
Nel nostro stanzone l'unico altro pensionante era un albanese sulla trentina che lavorava per un'azienda di abbigliamento di San Marino e che si fermava a dormire a San Lorenzo quando non era in giro per lavoro. A volte tornava a Rimini nel cuore della notte, entrava nello stanzone mentre noi eravamo sprofondati in un sonno da ibernati, staccava dalla presa elettrica il caricabatterie di Andrea e ci attaccava il proprio. Il mio amico e collega si ritrovava quindi con il telefono scarico e questo lo mandava puntualmente in bestia perchè gli serviva per lavorare. Per fortuna ha tenuto duro e adesso è un giornalista di professione e, presumo, abbia anche un secondo telefono aziendale che lo rende immune da certi scherzi.
Quando nevicava, e quell'inverno nevicò, gli autobus di linea si fermavano ai piedi della collina e noi dovevamo farcela a piedi, al buio, con la neve fin sopra le caviglie, fino in cima. Ci consolavamo con una delle pizze migliori di tutta Rimini, quella della pizzeria "Da Carlo" che si trova vicino alla fermata.
Spesso, quando ritornavamo a San Lorenzo il lunedì, trovavamo la cucina svaligiata dagli scout o da altre comitive che avevano animato i locali la domenica precedente e non c'era più traccia delle nostre già povere scorte di vivande. Un motivo in più per scendere Da Carlo per la sua squisita pizza napoletana.

Quando ho letto sulla cronaca locale che nella chiesa di San Lorenzo in Correggiano era stato officiato il matrimonio della sorella della consigliera regionale più famosa d'Italia, Nicole Minetti, e ho visto le foto della stessa con addosso un vestito che definire succinto è opera di alta diplomazia, ho sentito un crack dentro il petto.
Ammettendo che i fotografi avrebbero comunque atteso al varco uno dei personaggi più chiacchierati dell'anno, credo che, almeno per rispetto della sposa (sua sorella, non una lontana cugina o una semplice amica) avrebbe dovuto optare per qualcosa di meno appariscente. Evidentemente, il detto l'abito non fa il monaco non può valere per tutti. Ad ogni modo, come ben mi si potrebbe ribattere, saranno pure fatti loro...Io me ne sono occupato solo perchè l'evento ha smosso qualche ricordo e perchè le belle esperienze che abbiamo vissuto in certi luoghi lasciano là una piccola parte di noi. E la piccola parte di me che è rimasta a San Lorenzo in Correggiano ha sofferto non poco!

mercoledì 7 settembre 2011

I costumi locali

Ormai da qualche anno non è insolito veder arrivare in hotel cittadini stranieri residenti in Italia. Spesso si tratta di un coniuge ma anche di un'intera famiglia. Oppure di badanti al seguito di anziani non completamente autosufficienti. 
Albanesi, marocchini, rumeni, ucraine....tutta gente che lavora e che vive stabilmente nel "nostro" paese e che ha abbracciato il nostro stile di vita. 
Molti sono convinti che queste persone, solo per il fatto di essere state accolte e di venir tollerate, dovrebbero limitarsi a lavorare e, al massimo, a lamentarsi. Invece eccolì qua a godersi il sole e il mare, a leccare un cono gigante e a spedire cartoline come un milanese o un bolognese qualunque. E qualcuno punta anche più in alto, come si vedrà.

Una piccola comitiva di rumeni è venuta a trascorrere un fine settimana in riviera. Erano in 5 e sono arrivati a bordo di un gippone Chrysler grigio metallizzato. L'organizzatore della trasferta, un muratore che vive in Italia da più di 20 anni, era stato consigliato e indirizzato presso di noi da un altro cliente perugino.
Il rumeno aveva appena un anno più di me ma a vederlo poteva essere scambiato per mio padre o mio zio. Ha iniziato facendo il manovale e adesso dirige una piccola impresa edile con operai alle sue dipendenze. Non ha perso l'accento rumeno ma il suo vocabolario è ricco di termini dialettali umbri come "fiolo/a", "gimo", " magnamo" ecc.. Per questa sua puntatina al mare della Romagna ha voluto invitare degli amici arrivati apposta dalla patria natìa, una famigliola composta da padre, madre e figlia (fiola) preadolescente. Il padre è un poliziotto nel suo paese e infatti aveva il tipico sguardo fisso, freddo e insensibile dei gendarmi dell'est Europa.
E poi c'era una mora vistosissima, dai lunghi capelli ricci sciolti sulla schiena  che si atteggiava a femme fatale. Era la sua compagna o almeno così pareva; andavano spesso in giro mano nella mano o a braccetto ma c'era qualcosa che stonava....a parte il dettaglio non trascurabile che lui era sempre in braghe corte e infradito mentre lei sfoggiava jeans attillati e zeppe di 10 cm. Non c'era l'intimità tipica di una coppia anche se lui si faceva in 4 per ogni minimo capriccio della bellona.
In questi casi si è soliti pensare che un tipo del genere che sta con una tipa del genere, non può far altro che assecondarla in tutto altrimenti sai quanto ci impiega lei a trovare un rimpiazzo....
Non passava giorno senza che lui ci girasse qualche richiesta particolare di lei: il pane integrale al posto di quello normale, i cibi cotti ai ferri invece che fritti o arrostiti, una grigliata di pesce con gamberoni che lui ha dovuto pagare a parte in quanto fuori dal menu e anche le bustine di tè dovevano essere selezionate con cura (solo perchè sulla bustina erano raffigurati dei fiori, pretendeva un tè di una grande distribuzione invece del più pregiato Lipton. " Perchè più naturale", si giustificava lui quando domandava il cambio di bustina. Potenza del packaging!).
Ad ogni modo, voci e illazioni avevano già iniziate a circolare: quella là non poteva che essere un putanùn, come si dice qui in Romagna. E la conferma è arrivata nel giro di pochissimo tempo: un'altra famiglia perugina (clienti abituali di lunga data) è arrivata in albergo e quando hanno visto la tipa l'hanno riconosciuta subito. Trattasi di una notissima entreneuse, accompagnatrice e via dicendo. Perciò era fin troppo chiaro che erà qui in missione.
Quello che mi ha colpito di più è stata la disinvoltura e l'aria disincantata di lui. Sembrava felicissimo e perfettamente a suo agio, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Oddio, magari lo è...ed è pur vero che ognuno è libero di fare quello che vuole ma io non posso fare a meno di domandarmi che idea si siano fatti tutti gli stranieri che sono arrivati in Italia. Vuoi vedere che pensano che frequentare escort o accompagnatrici che dir si voglia, fa parte dei costumi del luogo?


lunedì 22 agosto 2011

Al mare per lasciarsi andare


Perchè la gente va in vacanza? Per qualcuno, andare in vacanza peggiora soltanto le cose. Meglio farebbe a restarsene a casa: risparmierebbe denaro e ne guadagnerebbe in salute. Infatti ci sono persone che, private delle proprie abitudini e fuori dalla solita routine, non sanno gestirsi. Magari vengono qui perchè lo hanno promesso a qualche amico giacchè, se fosse per loro, non si prenderebbero il disturbo di fare centinaia di chilometri in auto per arrivare al mare, un luogo in cui evidentemente non hanno la più pallida idea di come muoversi.
C'è questa coppia di Milano che - non saprei come dire - non passa inosservata.  Lei peserà almeno 130 chili, porta occhiali con spesse lenti da miope e ha l'alopecia. Ha sempre in mano il cellulare da cui invia e riceve decine di sms. Lui non si può definire grasso ma gira con un'enorme anguria sotto la maglietta: ha un ventre così prominente e così rotondo che pare dovergli cadere e rotolare sul pavimento in qualunque momento.
La pancia è il particolare più evidente ma le mani sono quello più impressionante: le unghie sono come marcite, completamente seccate e ritirate dentro la carne, e le dita sono quasi del tutto spellate. Sembrano le mani di chi si è fatto strada verso la superficie da sotto una montagna di sabbia e sassi. Dice che qui al mare sono peggiorate e che non sa più come fare. Per lui è un problema anche salutare le altre persone perchè quando porge la mano tutti si irrigidiscono, come se fossero invitati a toccare la carogna di qualche animale.

Qualche sera fa eravamo tutti in terrazza per una degustazione serale di cozze alla marinara. Io ero l'addetto al pentolone e distribuivo piatti di plastica pieni di mitili sugosi e fette di limone. L'appuntamento era per le 22,30 ma molti hanno preso posto fuori subito dopo cena, per non correre rischi...
In mezz'ora il pentolone si è svuotato: anche il cinese del negozio di fronte ha preteso la sua razione: è spuntato alle mie spalle allungato un braccio al di sopra del pitosforo che circonda la terrazza ripetendo "glazie! glazie!" e emettendo quelle tipiche risatine da cinese. Gli ho riempito il piatto di carta e l'ho rispedito al suo negozio.
Il milanese di cui sopra mi ha marcato stretto fin dall'inizio. E' rimasto sempre al mio fianco riempiendo il piatto almeno 3 volte. Stessa tattica con il vino. Alla fine ho dovuto intimargli l'alt altrimenti qualche altro cliente sarebbe rimasto a bocca asciutta. Mi ha chiesto scusa, dispiacendosi di non essersi saputo controllare. In quel momento mi ha fatto tenerezza. Ma il mondo è pieno di persone ciniche e insensibili e un romano che sedeva lì vicino e che aveva osservato la scena se ne è uscito con: " mò ce starebbe bbene mezzo cocomero!" e mi fissava ammiccando verso il tizio panciuto alle mie spalle.

Fin dal primo giorno la "strana coppia" ha sempre saltato qualche pasto e non sapevo spiegarmi il perchè. Uno s'immagina che due individui di quella stazza si diano da fare a tavola. Di sicuro erano molto accordi nel bere perchè ogni giorno mi domandavano a quanto ammontasse il conto delle bevande.
Un pomeriggio li vedo rientrare in albergo con una busta del supermercato dentro cui si intravedeva una confezione di cartone da 1 litro di vino bianco. Lui la teneva lungo il fianco per cercare di passare inosservato e io naturalmente ho fatto finta di nulla. Capita spesso che i clienti si portino in camera bevande acquistate fuori e succede anche che qualcuno se le porti a tavola...ma lasciamo perdere.
Due giorni dopo le buste sono diventate due ed erano piene di confezioni di vino. Questa volta era più difficile nasconderle e il nostro si è limitato ad affrettare il passo verso l'ascensore.
Una delle cameriere ai piani mi ha riferito che trovava sempre mucchi di cartoni di vino vuoti nella loro stanza.
Una sera, trascorsa la mezzanotte e terminata l'ennesima lunghissima giornata di lavoro, mi sono avviato alla macchina per tornare a casa. Avevo parcheggiato in una strada laterale da cui, grazie ad uno scorcio tra gli altri edifici circostanti, avevo una visuale del lato posteriore dell'hotel. C'era un'unica finestra ancora illuminata, quella della loro camera. Non ho potuto fare a meno di immaginarli sdraiati sul letto a bere vino scadente dal cartone mentre fissavano la tv senza guardarla davvero...

Questo è il secondo anno che vengono da noi. Sono aggregati ad una compagnia di altri amici (?) che per lo più li trascura, se non li ignora del tutto. Le signore (tutte intorno ai 50) parlano di calcio, di telefonini e di Facebook e soprattutto quando si toccano gli argomenti sportivi riescono ad essere di una volgarità rivoltante. Abbaiano contro chiunque osi soltanto contestare le loro argomentazioni, come capita a chi è seduto allo stadio in uno stato di tensione perenne. Basti aggiungere che in occasione del Trofeo Tim e del Trofeo Berlusconi, sono scese a cena indossando le magliette del Milan (una celebrava l'ultimo scudetto e recitava Milan is all in) e poi piazzandosi in prima fila davanti alla tv per dare sfogo a tutto il loro repertorio.
Hanno tatuaggi che risalgono a vent'anni fa, quando la moda ha iniziato a dilagare, e che ora sembrano dover scivolare via su quelle carni flaccide.
Tutto considerato, preferisco i due coniugi extra-large. Almeno non hanno quella boria e quell'arroganza (e lui è juventino come me). E poi un giorno - era un tardo pomeriggio - tornando al lavoro e parcheggiando la macchina nello stesso punto in cui si trovava quella sera, ho di nuovo puntato lo sguardo verso la finestra della loro camera: l'uomo incinto di un cocomero era seduto sul balcone e aveva un libro sulle ginocchia. Sembrava molto rilassato e attento e io sarei rimasto lì a guardarlo tanto m'ispirava serenità. Succede sempre quando vedo qualcuno (sempre più raramente, ahimè) assorto nella lettura.
Quando sono partiti, gli ho pure stretto la mano.

domenica 31 luglio 2011

Cineserìe



Per anni davanti al nostro hotel c'è stata una sala giochi che era la croce e delizia delle mie estati. Erano i tempi della mia adolescenza e i pc e le console di gioco non avevano ancora invaso il mercato. Si andava quindi in sala giochi per giocare ai video-games oltre che per incontrarsi con gli amici. E d'estate anche per rimorchiare, naturalmente.
Io trascorrevo là praticamente ogni momento libero. Non avevo ancora grandi responsabilità nel lavoro e mi trovavo a pochi metri dall'albergo, sempre reperibile e disponibile per ogni evenienza.
C'era però anche l'altro lato della medaglia: la sala-giochi era un'attività troppo rumorosa per i clienti dell'hotel e non mancavano mai lamentele e discussioni che conducevano a trattative con il titolare per zittire i giochi più rumorosi nelle ore dedicate al riposo.
Il locale chiuse per alcune incomprensioni con il proprietario dell'immobile. Forse voleva aumentare l'affitto, oppure lamentava il pagamento di arretrati, non saprei dire. Fatto sta che rimase vuoto per diversi anni prima di trovare un nuovo inquilino: un mercante iraniano di tappeti che conoscevo grazie alle televendite sui canali tv locali.
Faceva uno strano effetto, in piena estate, veder uscire le persone con i tappeti in spalla. Io non sarei capace di acquistare un tappeto in luglio e forse è per questo che c'erano continuamente "offerte speciali", "saldi" e "svuota tutto".
Resistette 3 o 4 anni prima di fuggire in Argentina (patria della moglie) lasciando debiti ovunque e consegnando la sua villa al tribunale. Peccato, perchè quelle vetrine addobate con tappeti e arazzi davano veramente un tono all'intera via.

Dopo un altro paio d'anni di serrate, nel giugno di quest'anno il negozio ha riaperto i battenti e grazie a chi? I cinesi, of course. Ormai gli unici negozi ad aprire sono quelli di indiani, pakistani e, appunto, cinesi. Ci si chiede come facciano dato che per un italiano è quasi impossibile restare sul mercato con un negozio stagionale per più di qualche anno. Non è facile mantenere un'attività lavorando solo 4-5 mesi all'anno, o anche meno.
Le teorie più diffuse sono le seguenti:
- tra gli immigrati orientali c'è molta solidarietà e collaborazione: chi è in difficoltà viene aiutato dalla comunità, anche sul versante finanziario
- godono delle agevolazioni di legge che permettono di avviare un'attività senza costi e in breve tempo
- lavorano molte più ore degli italiani
- le difficoltà burocratiche nell'identificarli rendono quasi impossibile perseguirli in caso di irregolarità o di reati
- praticano prezzi e tariffe bassissimi che sbaragliano la concorrenza.
Credo siano tutte osservazioni piuttosto pertinenti ma, anche così, rimango perplesso.
Ancora maggiori perplessità suscitano le buffe schermaglie che i gestori del negozio ingaggiano con gli agenti atmosferici. Di mattina il sole dirige i suoi raggi verso le vetrine e i numerosi carrelli posizionati all'esterno. Ogni giorno si affrettavano a montare delle tende di plastica di un cupo verde bottiglia che andavano dal soffitto al pavimento. Era un'operazione lunga e laboriosa dato che i pannelli dovevano essere aggangiati tra loro e alla fine l'intero negozio spariva dietro quella barriera verde, tanto che chi passava lì davanti non aveva nemmeno modo di capire cosa ci fosse dietro.
Un giorno ho visto due vigili urbani entrare risoluti con un grande blocco di carta sotto il braccio e sparire dietro i pannelli per uscirne circa una mezz'ora dopo. Le tende sono state smontate e non sono più riapparse.
Quando piove invece è una corsa a mettere al riparo la merce, come se dal cielo cadesse acido invece di acqua. 
Mi sono detto che, se devo acquistare qualcosa che non sopporta i raggi del sole e le gocce di pioggia, per poco che costi... preferisco andare in giro nudo. E non sono ancora entrato nell'ordine di idee di comprare qualcosa che duri il tempo di un'estate o anche meno. Sono sicuro che nemmeno in Cina la pensano così.

sabato 23 luglio 2011

Brutti presentimenti

Gli arredi delle camere nella maggior parte dei piccoli alberghi della riviera sono generalmente impersonali, spesso vintage se non addirittura da rigattiere. Anche noi (e lo dico a malincuore) abbiamo la nostra parte di camere in attesa di rinnovamento, almeno per quanto riguarda la mobilia. Vedere quei vecchi armadi e tavolini in formica mi mette addosso una certa mestizia anche se, immagino, qualcuno potrebbe vederli bene in una galleria d'arte post-moderna.
Ci sono però piacevoli eccezioni che compensano lo squilibrio, come un vecchio (o forse antico) letto ad una piazza in ferro battuto che troneggia in una camera singola del secondo piano. Qui lo chiamiamo "il letto del prete" perchè si trovava nella canonica di una vecchia chiesetta appartenente alla mia famiglia.
In genere, tutti i clienti che entrano in quella camera rimangono stupiti, se non addirittura meravigliati, di trovare un letto fatto a quel modo e non nascondono una certa soddisfazione, come chi scopre di essere stato oggetto di un riguardo particolare.
L'ultima cliente in ordine di tempo ad essere ospitata nella stanza con il letto del prete è stata una signora modenese sui settant'anni, un tipico esemplare da balera: capelli tinti di un nero corvino, trucco pesante e vestiti attillati. Quando la signora ha visto il letto però ha chiesto subito di cambiare stanza perchè le ricordava quello in cui era morto suo marito 10 anni prima. Abbiamo pensato che non fosse il caso nominare nessun "prete" perchè non sarebbe servito a convincerla ma solo a peggiorare le cose. Però non c'erano al momento altre stanze disponibili e la signora ha dovuto adeguarsi.
La sera stessa entra in albergo un signore alto e attempato, con spesse lenti da miope e la tipica cadenza verbale di chi è sprovvisto di denti, che domanda della signora modenese. Nel giro di qualche minuto, mentre il signore si accomodava fuori, la signora modenese ha intavolato una trattativa segreta per riuscire a portare l'amichetto in camera, ma in una dove ci fosse un letto a due piazze. Ci siamo almeno liberati del peso di costringere una povera vedova a rivangare brutti ricordi appena posata la testa sul cuscino.

Luglio è il mese dei clienti più particolari, l'ho ribadito più di una volta. I coniugi P. sono tra questi e, anche se non ne vado fiero, posso ormai dire di conoscere ogni loro peculiarità. Non sto dicendo che non hanno più la capacità di stupirmi - farei loro un torto - ma semplicemente che con gli anni ho imparato ad accusare meglio i colpi.
L'altra sera l'aria era decisamente cambiata dopo una settimana di caldo infernale. Questo non aveva impedito alla signora di prendersi, pochi giorni dopo il suo arrivo, una bronchite semi-invalidante che la faceva ancora penare. Ripeteva a tutti che era dovuta al fatto di aver sudato, cosa che lei non era abituata a fare, nemmeno ai 45 gradi della sua terra natia in Puglia. Chissà perchè invece, qui in Romagna aveva cominciato a traspirare acqua dalla pelle. Comunque fosse, il marito voleva portarla fuori per una passeggiatina serale e lei aveva dovuto cedere alla sue insistenze ma aveva posto delle condizioni: lui avrebbe dovuto salire in camera per recuperare la fotocopia dei loro documenti di identità, da allegare ad un biglietto da visita del nostro albergo, perchè non si sa mai cosa poteva succedere per la strada e almeno chi li avrebbe soccorsi avrebbe saputo chi erano e dove alloggiavano.
Mi fa paura ammetterlo ma certe cose iniziano a sembrarmi normali...aiuto!!!

martedì 14 giugno 2011

La strada non è per tutti - Parte II

Da quel giorno non sono più salito su un risciò o simili. Non credo che lo farò mai più, fosse solo per una questione di principio. Mi limito a maledirli e a guardarli con disprezzo, soprattutto quando vedo un gruppo di ragazzini (ma capita anche con gli adulti) che ingaggiano gare di velocità in mezzo alla folla, o quando cercano di passare dove è impossibile farlo o centrano i vasi davanti al nostro ingresso.
Qualche anno fa, alla fine di una delle tante lunghissime giornate, spossato dal caldo e dalla stanchezza, stavo avviandomi verso la mia auto per tornare a casa e svenire sul letto. Avvicinandomi mi accorgo di un foglietto sul parabrezza, infilato sotto uno dei tergicristalli. Una contravvenzione? Sarebbe stato strano, dato che di sera non vige il disco-orario e avevo anche l'autorizzazione a circolare nella zona a traffico limitato del centro.
Constatai che si trattava di un semplice foglio di bloc-notes in cui qualcuno aveva scritto a penna un messaggio. Mi informava che dei clienti tedeschi nell'albergo lì vicino avevano assistito alla bravata di alcuni ragazzi in risciò i quali erano piombati sulla mia macchina per poi dileguarsi. Si specificava che nessuno era riuscito a leggere il nome del noleggiatore stampato sul mezzo ma in compenso erano riusciti a vedere il numero della vettura, il 12.
Fu come una coltellata al fegato. 
Mi chinai subito per verificare la fiancata e vidi i segni di una lunga strisciata sulla carrozzeria nonchè il copricerchione rotto in mille pezzi sparsi in terra. Quei figli di buona donna!
Se non fosse stato per il biglietto, sarei salito in macchina senza accorgermi di nulla fino all'indomani mattina, quando la luce del giorno mi avrebbe messo di fronte a quell'ignominia. Quindi decisi di recarmi nell'albergo per chiedere ulteriori informazioni e naturalmente per ringraziare. Pensai che se invece di tedeschi si fosse trattato di italiani, si sarebbero fatti una risata e sarebbero tornati a giocare a carte o a fare quello che stavano facendo prima di sentire il botto. In un certo senso avevo avuto fortuna.
All'hotel mi confermarono quanto era scritto sul biglietto ma senza riuscire a darmi ulteriori indicazioni. Decisi di farmi bastare quelle che avevo e mi diressi verso il noleggio più vicino, l'unico della zona a dire il vero, quindi con molte probabilità si trattava di quello giusto.
Nella rimessa trovai un uomo sui 65 anni con un paio di occhiali dalle lenti spesse, alto e panciuto, con un'ampia stempiatura da cui partiva una corona di capelli che dalle orecchie scendeva fino alla base del collo. Stava spostando alcune carrozzelle all'interno del locale, preparandosi alla chiusura. Ci conoscevamo solo di vista.
Senza tanti preamboli domandai: - Per caso la vettura n.12 è rientrata danneggiata?
L' uomo si bloccò, guardandomi con un senso di speranza, come se finalmente avesse trovato qualcuno con cui sfogarsi per i continui danneggiamenti al suo patrimonio ciclistico.
- Si! Hanno rotto un pedale... - disse, rinunciando a qualificare con i termini appropriati le persone che erano arrivate a tanto.
Allora gli raccontai l'accaduto e che c'erano dei testimoni che avevano visto il suo risciò danneggiare la mia macchina e che, ovviamente, mi aspettavo di essere risarcito dalla sua assicurazione. A quel punto l'uomo s'indispettì. Proprio così, io mi ero ritrovato la macchina sbranata da una delle sue biciclette e lui s'indispettiva! Cominciò ad andare di qua e di là per la rimessa, mostrandosi improvvisamente troppo indaffarato.
- Io non posso fare più niente, ormai sono andati via...doveva venire subito, quando è successo -  disse, col tono di chi vuole liquidare la questione una volta per tutte.
- Mi scusi, ma come facevo? Io ero al lavoro, mi sono ritrovato la macchina sfasciata! Lei non ha gli estremi dei documenti di queste persone? -
- I documenti li ho restituiti quando hanno riportato il risciò -
- Ma li avrà registrati da qualche parte no? - domandai ingenuamente.
L'uomo cominciò a sbraitare e a bofonchiare, si stava riscaldando ma io mi stavo riscaldando anche di più perchè avevo capito perfettamente la situazione: avrei dovuto pagarmi da solo i danni causati da qualche ignoto screanzato perchè chi gli aveva noleggiato il risciò era un furbacchione. Come se non bastasse, arrivarono anche la moglie e la figlia a dargli manforte e tutti cercarono di farmi credere che, purtroppo, ero una vittima di circostanze eccezionali e che non c'era niente da fare.
- Signori - attaccai, cercando di non gettarmi su tutti e tre come un ghepardo a digiuno - voi mi state dicendo che chi noleggia una bicicletta o qualunque cosa sia quello che avete qua dentro, può causare incidenti, investire bambini, danneggiare cose, e una volta restituiti i documenti è come se non fosse mai accaduto? Mi spiace ma non credo che funzioni così. - E per essere più convincente andai immediatamente al comando della Polizia Municipale, denunciai l'accaduto e tornai al noleggio con due agenti che verbalizzarono tutto quello che era possibile verbalizzare ( mostrai loro anche i danni all'auto). Ma l'uomo non voleva arrendersi. Anzi, protestò vibratamente che ogni denuncia alla sua assicurazione gli costava ben 100 euro di franchigia!
Gli proposi un risarcimento diretto, senza dare scarico all'assicurazione, in fondo eravamo due compaesani e avremmo potuto anche risolverla tra noi. Non ne voleva proprio sapere. Allora, ormai esasperato ma più che mai convinto a non dargliela vinta mi congedai esprimendo il mio ultimo proposito: - Vediamo cosa ne pensa la Finanza! -
Il giorno dopo andai da un carrozziere per una stima dei danni. Al ritorno passai al noleggio per informare il signore, che non si degnò di rispondermi ma si limitò a borbottare qualcosa di incomprensibile..
Passarono altri tre giorni e ricevetti la visita di un agente assicurativo che mi consegnò un assegno a risarcimento del danno.
Ci sono parole "magiche" che hanno il potere di risolvere anche le situazioni più ingarbugliate, peccato che siano sempre le parole sbagliate (ce ne sarebbero altre, ad esempio: correttezza, onestà, responsabilità, tutte migliori di "Finanza") .
O sono io che ho gusti difficili?

venerdì 10 giugno 2011

La strada non è per tutti - Parte I


Qualche settimana fa avevo letto su un quotidiano locale alcuni articoli sui risciò, le carrozzelle a pedali che fanno ormai parte del paesaggio della nostra riviera. Ho cercato di recuperarli dalla pila dei vecchi giornali ma senza successo e anche su internet non ho trovato alcuna traccia. Questo mi ha un pò insospettito, mi sa tanto di insabbiamento. Forse certi argomenti sono troppo scomodi o forse la lobby dei noleggiatori è più potente di quel che si crede. Il fatto è, che ho avuto poche ma amare esperienze con questi trabiccoli e non riesco a parlarne con obiettività. Però sono in buona compagnia perchè se chiedete ad un residente qualunque cosa  pensa dei risciò, dei tandem, dei quad, dei golf-kart e di tutti quegli improbabili veicoli che ogni estate invadono le strade (ma anche i marciapiedi), vi guarderà come se foste un agente di un paese nemico che si è appena tradito.
Ad ogni modo, riassumo brevemente la vicenda: un amministratore locale aveva rilevato che, stante la criticità della situazione del traffico in riviera, le carozzelle (e affini) fossero diventate un pericolo per la viabilità e la sicurezza. Subito i noleggiatori sono insorti per smentire questa tesi e per ricordare che intere famiglie fanno conto su quell'attività per guadagnarsi da vivere, come molte altre categorie di lavoratori stagionali. Per la serie: siamo tutti sulla stessa barca, perchè mai volete gettarci fuori bordo? Sarà anche vero ma personalmente non riesco ad esprimere alcuna solidarietà. Mi spiegherò meglio raccontando le mie esperienze in proposito.

La prima volta che sono salito su un risciò ero così piccolo da entrare nella panchetta sopra le ruote anteriori, quello appunto per i bambini. Non ricordo con chi fossi, sicuramente con mia madre (mio padre era in hotel a lavorare) e con alcuni amici di famiglia. Per quanto vago e lontano, questo è il miglior ricordo che conservo sull'argomento.
Molti anni dopo, nella tarda adolescenza (16-17 anni), io e il ragazzo che lavorava nella sala-giochi di fronte avevamo conosciuto due coetanee tedesche che alloggiavano nell'albergo accanto al mio e dopo alcune sere di tranquille passeggiate intorno all'isolato, abbiamo fatto il salto di qualità organizzando un giro sul risciò.
Non ricordo di chi fu l'idea, se del mio amico o delle tedesche, di sicuro non fu mia. Comunque, era l'occasione per aumentare la confidenza e sperare così in sviluppi interessanti. L'indifferenza e il distacco che ostentavano non erano affatto credibili e si capiva che prima o poi sarebbero capitolate. Ma erano tedesche e non potevano dare l'impressione di cedere senza ritegno alle avances di due maschi italiani e perdipiù romagnoli.
Dato che eravamo in quattro scegliemmo la vettura con doppio sedile e doppia pedaliera. Un carrozzone sorprendentemente pesante che insieme al divertimento, ci avrebbe assicurato una buona dose di fatica. Il mio amico salì per primo al posto di guida con una delle tedesche al suo fianco; io mi sistemai dietro con l'altra ragazza. Decidemmo di dirigerci verso una zona tranquilla e poco trafficata. Arrivammo ad un lungo stradone che costeggiava la ferrovia e ci lanciammo in una rincorsa sferragliante sull'asfalto.
Mi sorpresi di quanto potessimo andare veloce, considerando che eravamo in quattro in groppa al quel pachiderma di metallo. Ad un certo punto il mio amico iniziò a fare delle brusche sterzate a destra e a sinistra. Il carrozzone si piegava di lato sollevando leggermente due ruote, come se dovesse capottare. All'inizio mi spaventai un pò e anche le due ragazze iniziarono a lanciare strilli di paura e di eccitazione. Però tornavamo sempre saldamente su tutte e quattro le ruote, ribaltarsi con quel coso era impossibile. Con i modelli più piccoli era un altro paio di maniche ma noi eravamo su una limousine a pedali e non c'era da temere.
Le due tedesche erano così euforiche che una di loro volle provare a prendere il volante e ci fermammo per fare il cambio di pilota. La corsa riprese e anche le sterzate e le piegate, tra strilli e risate. Le cose si stavano mettendo al meglio, la strada era ormai in discesa... E fu proprio questo a fregarci tutti.
Dopo la tedesca venne il mio turno. A dire la verità, io non ci pensavo più di tanto, ero contento anche così ma l'euforia del momento e gli incoraggiamenti degli altri mi convinsero a dare un saggio delle mie abilità.
Eravamo giunti alla fine del lungo stradone e decidemmo di invertire la marcia e di tornare indietro. Io montai al posto di guida e cominciammo a pedalare.
Ogni cosa su questo pianeta ha i suoi limiti. Che sia animata o inanimata, le leggi della fisica non fanno distinzioni. La strada che avevamo appena percorso a rotta di collo era in leggera salita ma nessuno di noi ci aveva fatto caso; quindi, invertendo la marcia, la leggera salita diventò leggera discesa ma anche in questo caso nessuno ci fece caso. E quando mi ritrovai a testa in giù, in un groviglio di braccia e gambe, in un silenzio improvviso in cui spiccava solo il raschiare dell'acciaio e della plastica sul selciato, la domanda che mi rimbalzava dentro la testa come la biglia di un flipper non era come è potuto succedere? ma era sta succedendo davvero?
Pattinammo sull'asfalto per più di 30 metri prima di fermarci. Per rialzarci dovemmo districarci gli uni dalle altre e tutti insieme dal telaio del risciò. Ricordo che, per lo spavento e per la rabbia, riuscì a sollevare il carrozzone con un solo braccio. Avevo una spalla scorticata e un ginocchio dolorante ma lì per lì non ci credevo più di tanto: mi pareva un tale disastro che avrei potuto anche essere morto. Anche il mio amico aveva delle escoriazioni sulle braccia ma niente di più. Le ragazze invece... Una di loro portava una minigonna bianca e in una gamba aveva "brugole" che partivano dalla coscia e arrivavano alla caviglia e dalle quali si diramavano sottili rivoli di sangue. Avevano perso le scarpe e pure la piega dell'acconciatura: sembravano appena affiorate dalle macerie di un bombardamento. Piangevano e si lamentavano. Ci offrimmo subito di accompagnarle a casa o alla guardia medica ma non ne vollero sapere. Nonostante le nostre insistenze s'incamminarono con le scarpe in mano, zoppicanti e sofferenti per le vie affollate del centro, tra centinaia di persone che le osservavano turbate e preoccupate. Io e il mio amico decidemmo allora di riportare il risciò al noleggio, dove risarcimmo i danni (un pedale rotto) che giustificammo con una strisciata al marciapiede. Poi ci dirigemmo colmi d'angoscia verso casa. Non c'era traccia delle ragazze ma il giorno dopo le vedemmo caricare i bagagli in macchina insieme alle loro famiglie e lasciare l'Italia, immagino per sempre.
Per quanto mi riguardava, per una settimana fui una barzelletta vivente, con i miei familiari, il personale e tutti i clienti dell'hotel che discutevano dell'accaduto e mi trafiggevano con occhiate sarcastiche...(continua)

sabato 4 giugno 2011

Coperta requisita



Portieri d'albergo che forniscono la compagnia di prostitute ai clienti. Dov'è la notizia? La polizia ha arrestato alcuni dipendenti di grossi hotels del riminese che procuravano ai clienti interessati la compagnia di accompagnatirci dell'est Europa. Tariffario da 150 a 300 euro. In confronto al giro di Arcore, sono gettoni per il telefono (per chi se li ricorda).
La famigerata "coperta" che si usa domandare al portiere per le notti più fredde è un archetipo del mestiere e non mi pare il caso di fare tanto clamore. E poi questi si accontentavano di qualche prestazione pro bono, non si può nemmeno dire che fossero tipi avidi. Ad ogni modo, un reato è un reato ed è giusto perseguire e punire i colpevoli, chiunque siano. Infatti sono proprio curioso di sapere come finiranno Emilio Fede, Lele Mora e la Minetti.

Tanto per mettere le cose in chiaro, il nostro non è un hotel di lusso e la mansione di portierato è svolta dagli stessi familiari, a rotazione (quando qualcuno non ce la fa più e crolla sotto il bancone, subentra un altro).

giovedì 19 maggio 2011

Cosa bolle in pentola?

A giudicare dalle ultime notizie riguardanti diversi arresti di persone coinvolte in traffici di droga, mi viene il sospetto che si stia organizzando un grosso evento di cui nessuno mi ha parlato.
Ricapitolando. La polizia sgomina una vera e propria organizzazione (cercavano di passare da "animatori") che riforniva e distribuiva cocaina nel ristorante Da chi burdlaz di Marina Centro a Rimini; due pregiudicati sono stati scoperti a Riccione con 200 g della stessa sostanza grazie all'imbeccata dell'autonoleggio a cui si erano rivolti; un giovane è stato visto mentre scavava sotto una siepe del lungomare a Cervia, dove le forze dell'ordine hanno ritrovano una busta di hashish.
Il Capodanno è lontano e anche la Notte Rosa, per non dire del Ferragosto, non è proprio dietro l'angolo. Allora che succede?
Dopo Pasqua non si è mosso più nulla, questa stagione è partita davvero in sordina ma non c'è niente di strano in questo, almeno per chi non presta fede alle dichiarazioni ottimistiche di chi continua a negare che ci sia una crisi grave e diffusa che si trascinerà ancora per qualche anno.
Come se non bastasse, una ricerca ci rivela che Rimini è ai primissimi posti tra le città con la più alta soglia di povertà nella popolazione. Dicono sia dovuto principalmente alla sua vocazione "stagionale". A parte che dobbiamo dimenticarci la vocazione per la stagionalità se vogliamo andare avanti, uno pensa che se i soldi scarseggiano anche certi vizi dovrebbero essere ridimensionati, invece....

giovedì 12 maggio 2011

Lasciatemi qui!


Dovendo accompagnare una parente in ospedale per una piccola operazione, ho colto l'occasione per una gita sulle colline dell'entroterra. In riviera vige una calma piatta che non verrà guastata prima del ponte del 2 giugno quindi non mi sarei perso nulla.
Ho così visitato uno dei tanti borghi sulle colline tra Romagna e Marche: Sassocorvaro, in provincia di Pesaro-Urbino. 
La giornata calda e luminosa, la bellezza del paesaggio, la tranquillità dei luoghi e soprattutto la stagione incombente mi hanno messo in uno stato d'animo particolare.
 Dalle finestre dell'ospedale, situato in posizione panoramica, avevo una visuale sul borgo, sulle strade e sulle piazze. Spostandomi tra le varie ali dell'edificio potevo osservare quasi tutti i versanti, tra i quali anche quello che dava sul lago e sulla diga sottostanti la rupe dove è sorto il centro storico.
Il primo pensiero è stato "proprio bello, lo consiglierò ai clienti che vogliono visitare i dintorni". Ma c'era qualcosa di strano e di ambiguo.
Quel primo pensiero, in apparenza sensato e coerente, si stava già sgretolando sotto la spinta del successivo che attendeva, mellifluo, nell'ombra: "che pace, è sarà lo stesso per tutta l'estate!".
Certo, i turisti arriveranno fino a quassù ma saranno perlopiù stranieri: tedeschi, inglesi, olandesi, con le loro fotocamere, le ginocchia arrossate dal sole, i calzini dentro i sandali e soprattutto le loro buone maniere e l'ammirazione per qualcosa che la maggioranza degli italiani non riesce più a vedere e nemmeno si sforza di cercare. Forse qualche scolaresca e poi comitive di anziani che avrebbero atteso su qualche panchina all'ombra il momento del pranzo prenotato in uno dei rinomati ristoranti e agroturismi della zona.
"Chissà come sarebbe vivere qui". Ormai era un'escalation. Stavo già immedesimandomi in un sassocorvarese e ad un certo punto sono uscito dall'ospedale per andare a comprare il giornale all'edicola e fare una seconda colazione in uno dei bar del paese. La barista, una signora di circa 45 anni piccola e dall'aria pratica, stava riportando ai pochi clienti presenti (tutte persone del luogo) la notizia dell'ultima ora: il suicidio di un paesano che era andato in corriera fino alla stazione di Cattolica per buttarsi sotto un treno!
Uno dei clienti, una bella ragazza sulla trentina con una bimba nel passeggino, era da poco tornata al paese dopo 10 anni (non sono però riuscito a capire dove fosse stata in tutto quel tempo) e sembrava più sorpresa degli altri. Probabilmente perchè non aggiornata sui problemi di quel poveretto.

Qualcuno o qualcosa voleva mettermi alla prova? Era come se mi chiedesse: vuoi davvero lasciare le luci e le distrazioni della costa per rintanarti in un paesello di poche anime, dove non c'è nulla a parte un bel panorama e dove prima o poi - l'hai visto da te - la gente va via di testa?
Ad essere sincero, ero disposto a correre il rischio. Avrei potuto nascondermi nella rocca ubaldinesca progettata da Francesco di Giorgio Martini. In tempo di guerra il prof. Pasquale Rotondi, sovrintendende dei beni culturali ad Urbino, vi nascose migliaia di capolavori artistici per impedire che i nazisti ne entrassero in possesso e riuscì nell'intento. Non sono mai riusciti a trovarli.
Ho anche pensato di farmi ricoverare nell'ospedale, o di nascondermi nei sotterranei uscendone solo la notte per uno spuntino nell'area dei distributori automatici.
So che si tratta solo dell' l'istinto di sopravvivenza che ogni tanto mi gioca qualche scherzo, soprattutto all'inizio, quando tutto deve ancora succedere. La stagione appare come una brutta bestia di questi tempi, e ti chiedi se riuscirai a sopravviverle. Sai che sarà dura ma non sai quanto sarà dura. Potrebbe sembrare una distinzione inutile o insignificante ma, credetemi, non lo è affatto!

martedì 10 maggio 2011

Pronti-via



Con la Pasqua è ufficialmente partita la stagione 2011 anche se, guardandosi un pò intorno, non pare proprio. Se non fosse per notizie come "60enne muore in hotel tra le braccia dell'amante" non si direbbe che tutto sta per ricominciare. Ai carabinieri è toccato l'ingrato compito di dare la notizia alla moglie e in questi casi è davvero difficile prevedere le reazioni delle persone: sarà più affranta o più soddisfatta?

Con un tempismo da percussionista il governo ha emanato un decreto che concede ai bagnini il diritto di superficie sulle zone dell'arenile per ben 90 anni. Le elezioni amministrative sono alle porte, così come la stagione turistica appunto, e questa può rivelarsi la classica mossa ad effetto. 
A Bruxelles non credevano alle proprie orecchie e qualcuno si è messo le mani nei capelli.
Ora, non vorrei che qualcuno pensasse che è la solita invidia tra categorie che porta a determinate conclusioni ma, a questo punto, tanto vale eliminare il demanio statale da ogni classificazione giuridica. 
C'è già chi sta facendo progetti e programmi e alcuni sono veramente curiosi. Ma tutti hanno il diritto di sognare, giusto?

sabato 9 aprile 2011

Saltare i preliminari


L'inizio di stagione è sempre difficile, chissà perchè. C'è nervosismo, foga, imprecisione. Sembriamo velocisti in preda alla tensione sui blocchi di partenza. Più d'uno scatta prima dello sparo e in qualche caso la paga cara. 
A volte poi, succede che il via venga dato così in anticipo che qualcuno si fa cogliere completamente impreparato: oggi il termometro ha raggiunto i 30 gradi ma ci sono ancora le dune sulla spiaggia. 
I bagnini non hanno ancora iniziato a piantare i paletti per gli ombrelloni e si trovano lo stabilimento invaso da uomini e donne in costume e bambini infilati dentro ciambelle gonfiabili. Non possono far altro che allargare le braccia.
Ma sarà la vera partenza o solo un bluff? Chi può dirlo, in fondo negli ultimi anni ci siamo abituati a ritmi meno serrati.
D'altro canto, non si può neanche affermare che una adeguata preparazione  sia sempre possibile o addirittura raccomandabile. A volte certi preliminari dovrebbero essere saltati a piè pari o perlomeno affrontati con maggiore prudenza. Ecco qualche esempio.


Nel giro di pochi giorni abbiamo assistito ad una serie di gravissimi incidenti stradali che hanno coinvolto moto, scooters e biciclette. Un uomo di 42 anni che viaggiava in moto ha perso la vita sulla circonvallazione di Rimini a causa di un'auto che ha fatto inversione per scappare da una coda che stava diventando critica; un altro scontro, sempre tra una macchina e un mezzo a due ruote si è verificato sul lungomare, con ricovero in ospedale di due persone una delle quali in gravi condizioni; un 24 enne è stato investito con la sua bici mentre a mezzanotte transitava a Viserbella e le sue condizioni sono definite "serie".
In realtà, sappiamo tutti cosa sta succedendo. Le bellissime giornate e le alte temperature di questi giorni nascondono un lato diabolico. Improvvisamente, si è palesata l'estate e c'è chi non aspettava altro per tirar fuori la moto dal garage o avere una scusa per rinunciare alla macchina e affrontare le strade e il traffico a bordo di mezzi più sguscianti. In Romagna il vero status-symbol sono le due ruote. Nulla riesce a compiacere il romagnolo come la libertà di muoversi come più gli piace, senza ingombri e senza ostacoli.
Però bisognerebbe accertarsi di aver preso le misure invece s'inforca il sellino con troppa facilità, con un entusiasmo pericoloso e, almeno nei primi giorni, con un'attitudine maldestra che necessita di qualche correzione. Questo vale per chi viaggia sulle 2 ruote come per chi viaggia su 4 ruote e si trova, di punto in bianco, ad avere a che fare con un nugolo di moto e motorini che sfrecciano a destra e a sinistra.

Sta destando qualche preoccupazione la fresca bocciatura da parte della Corte Costituzionale dell'ordinanza comunale che dovrebbe servire alla lotta contro la prostituzione di strada. Doveva essere la pistola carica nella fondina dei c.d. sindaci-sceriffi e adesso rischia di sparare a salve. Nessuno vuole compromettere il buon nome della riviera con la pessima pubblicità derivante dalla presenza di decine di ragazze di varia nazionalità che si vendono ormai non solo lungo le statali ma addirittura nelle vie dello "struscio" e della passeggiata serale.
I tecnici e i consulenti vari sono al lavoro per trovare la formula giusta per non vanificare tutto. Hanno pensato anche a non meglio precisati "accertamenti fiscali" per scoraggiare i clienti. Certo che le tasse per noi italiani sono proprio un'ossessione. Una volta bastava il timore che la moglie, la fidanzata o la mamma venissero a sapere della scappatella (seppur a pagamento) per spaventare chi volesse indulgere in questo particolare hobby. Adesso non basta più. Il puttaniere si evolve più in fretta di quanto si creda.

Alla voce "allarmi di stagione" quest'anno ci sono i profughi  dal Nord-Africa. Politici e amministratori si sono affrettati ad assicurare che non c'è pericolo d'invasione sulle nostre spiagge. La vocazione turistica dei nostri comuni esclude di per sè la possibilità di allestire campi o centri di accoglienza. Lo stesso discorso dovrebbe valere per Lampedusa, evidentemente laggiù non si sono fatti capire bene. Oppure certi accadimenti prescindono da qualsiasi dichiarazione d'intenti.
Comunque, il sospetto e il timore hanno già iniziato a serpeggiare tra noi.
Qualche giorno fa, discutevo di questo con due amici, uno albergatore e l'altro bagnino. Sono venuto a sapere che piccoli drappelli di clandestini fuggiti dai centri di accoglienza sono stati avvistati anche da queste parti. Li hanno visti camminare silenziosi e ordinati sulla battigia, scarpe in mano e zaino in spalla, sotto l'argenteo bagliore lunare. Nessuno può dire dove fossero diretti e tantomeno si sognerebbe di domandarlo...


lunedì 21 marzo 2011

La stagione dell'amore



A questo punto, non ci si può più stupire. Non si può neanche fingere di stupirsi. C'è stato un tempo in cui certe cose erano risapute ma si poteva ostentare ingenuità o indignazione. Oggi che il meretricio è stato sdoganato anche ai più alti livelli istituzionali facendolo passare per "belle feste del tutto innocenti", che senso avrebbe intestardirsi nella difesa di valori desueti come il senso del pudore o la pubblica morale?
Abbiamo imparato a chiamare manager gli impiegati, impareremo a chiamare escort le mignotte. E poi, non dimentichiamolo mai, c'è la crisi. Cosa dovremmo farne delle migliaia di appartamenti vuoti sulla riviera? Certo, potrebbero almeno smetterla di costruirne invece è tutto un fiorire di complessi, villaggi, residenze...che resteranno tristemente vuoti. Perciò nel ravennate hanno trovato la soluzione al problema o forse si è trattato di un fenomeno spontaneo, come la vegetazione che cresce negli interstizi del cemento.
I lidi ravennati, così come i lidi ferraresi, hanno un rapporto appartamenti / alberghi molto più sbilanciato a favore dei primi, rispetto alla realtà riminese. Ma anche qui da noi il fenomeno è evidente e in continua crescita. Se aggiungiamo il fatto che da diversi anni le amministrazioni locali hanno dichiarato guerra alla prostituzione di strada, si ha un quadro più preciso delle cause che hanno incrementato il numero di appartamenti occupati da operatrici del sesso.

Non passa anno in cui riceviamo almeno una richiesta per l'affitto di una camera per tutta la stagione. E non si tratta di  vedove attempate che desiderano trascorrere l'estate lontane dalla città.
Una sera di alcuni anni addietro entrò in albergo una donna sui trentacinque anni, dalle forme abbondanti e dal vestiario ristretto, capelli biondi arruffati e la pelle diafana coperta di bugni, foruncoli, tagli, lividi e altri segni di difficile interpretazione. Domandò quanto costasse affittare una stanza per tutta l'estate e poi, dopo il nostro diniego, chiese dove si trovasse la farmacia più vicina.
Qualcuna, riconoscendo di trovarsi davanti persone che sanno di cosa si sta parlando, si spingono fino al punto di farti capire che la stanza servirebbe solo a loro, per dormire e lavarsi. Non si sarebbero portate il lavora a casa, insomma.
In genere diciamo loro la verità: che non affittiamo stanza per periodi troppo lunghi perchè abbiamo la nostra clientela abituale da soddisfare. Spesso non è nemmeno facile trovarne una dato che ci sono già prenotazioni in periodi diversi della stagione. Resta sottinteso che, anche se ci fossero, non le concederemmo mai.
Più facilmente, capitano richieste per una sola notte. La scorsa estate una ragazza che viveva in un appartamento dall'altra parte della strada mi vide sulla porta dell'hotel mentra stava camminando lungo la via e cambiò direzione per dirigersi verso di me. Sapevo che lavorava in un night-club (e non solo), la vedevo spesso in compagnia di uomini diversi, quindi immaginai subito il tipo di richiesta che stava per avanzare.
Chiese una stanza per la notte perchè doveva vedersi con una persona e a casa sua c'erano il suo bambino e sua madre che era venuta a trovarla dalla Romania. Parlò con un sorriso obliquo, come se già immaginasse la mia risposta che fu: "mi dispiace ma siamo al completo". Naturalmente, non ero dispiaciuto e credo che si notasse ma non ero nemmeno scandalizzato o indignato e non c'era motivo di esprimere un diprezzo che non provavo. La ragazza mi sorrise e se ne andò senza una parola, ci eravamo intesi benissimo anche così.

Che siano professioniste o studentesse che vogliono pagarsi le vacanze o l'università cambia poco: la stagione in riviera riserva possibilità da non lasciarsi sfuggire tra cui anche tutti questi appartamenti vuoti che hanno costi ormai improponibili per tanti. Se si trova ancora qualcuno che paga senza fiatare basta non fare troppe domande.


sabato 5 marzo 2011

Il corso di primo soccorso


Richiamo triennale del corso di "primo soccorso nei luoghi di lavoro". L'appuntamento è alle 15 nella sala dell'associazione albergatori per un'immersione di 4 ore nelle normative e nelle tecniche di pronto intervento in caso di infortuni o malori in hotel. Il docente è un dirigente medico del Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro della Regione Marche. 
Quelli dell'Emilia-Romagna non erano disponibili? Costavano di più? Oppure si  sono già estinti tutti, dopo aver avuto a che fare con gli albergatori romagnoli, una categoria particolarmente agguerrita?
Il fatto è che l'albergatore romagnolo è costretto a concentrare su di sè ogni sorta di titolo e mansione, come quei vecchi sovrani borbonici del Regno delle Due Sicilie. Questo risulta subito chiaro fin dal principio, allorchè il docente del corso verifica la percentuali di presenza di titolari e dipendenti aziendali.
Essendo tutte attività stagionali e a conduzione familiare, di dipendenti non si sente nemmeno l'odore, almeno fino a Pasqua. Perciò in sala erano presenti solo titolari che, davanti alla meraviglia del loro interlocutore, hanno spiegato che spesso i dipendenti cambiano di anno in anno ("a volte anche di mese in mese!" ha puntualizzato qualcuno nelle ultime file, suscitando negli altri una risata in apparenza beffarda ma che voleva essere uno scongiuro), spesso poi non capiscono nemmeno l'italiano, figuriamoci se possono essere investiti di certe responsabilità...

L'albergatore romagnolo è, allo stesso tempo, rappresentante legale,  direttore, amministratore, barista, autista, facchino, economo, cameriere, cuoco, psicologo e portiere di notte.
Come se non avesse già abbastanza pensieri, con l'ingresso nell'Unione Europea e il conseguente recepimento alle normative comunitarie, sono arrivate molte altre responsabilità (tra cui, appunto, quelle di preposto al primo intervento e responsabile anti-incendio) per tacere poi delle spese di adeguamento delle strutture! Quindi, incontri come quello di cui si tratta si trasformano in una sorta di tortura psicologica che spalanca davanti agli occhi dell'albergatore scenari apocalittici nei quali le fiamme si alzano verso il cielo e il sangue scorre a fiumi.
Non ci si deve stupire perciò se, invece di seguire attentamente e prendere qualche appunto, si lasciano andare ad un chiacchiericcio ininterrotto, a battute sarcastiche, a commenti più o meno appropriati e all'illustrazione di una casistica così varia da lasciare a bocca aperta qualunque esperto. Si tratta di una reazione di difesa, per preservare quel poco di sanità mentale rimasta. E per quanto ci si possa impegnare, alla fine non c'è mai abbastanza gratitudine, come risulta da una delle esperienze riportate durante il nostro incontro.
Un collega narra di una ragazzina appena adolescente che era stata lasciata in albergo dai genitori, i quali erano andati in spiaggia. La poverina era stata colta da un violento attacco epilettico e lui, il titolare, aveva subito chiamato il 118.
"Bravo! Ha fatto benissimo" ha detto il docente del corso improvvisamente orgoglioso dei suoi nuovi allievi, con ogni evidenza non così indifferenti alla materia. Ma non aveva ancora conosciuto il tragico esito di quell'episodio.
"Sì, ma quando i genitori l'hanno saputo si sono risentiti in una maniera che non sto a dire...non mi hanno più rivolto la parola fino alla partenza e da quella volta non sono più tornati!" Detto questo il collega ha rivolto uno sguardo sconsolato al pavimento mentre dalla fila retrostante un braccio si è allungato per una compassionevole pacca sulla spalla.

Si è poi passati all'esercitazione pratica sul mezzo manichino. Trattandosi di un richiamo, non è stato necessario che ogni partecipante si cimentasse nella simulazione del massaggio cardiaco.
Un particolare che non conoscevo e che nessuno prima ci aveva svelato, è che il massaggio non ha come finalità la rianimazione bensì la stimolazione della circolazione sanguigna per fornire il cervello dell'ossigeno indispensabile. Un cuore in arresto cardiaco può riprendersi solo attraverso uno stimolo elettrico, non meccanico. Certo, può accadere che l'organo riparta da sè ma se non lo fa il massaggio non va mai interrotto, almeno fino all'arrivo del pronto intervento con il defibrillatore.
Quando il nostro relatore ha iniziato la dimostrazione con il manichino a terra quelli delle file più lontane si sono lamentati perchè non riuscivano a vedere nulla: "Lo metta sul tavolo!"
"ma sul tavolo non viene bene..." ha cercato di ribattere lui.
"è lo stesso!" Ha tagliato corto l'assemblea.
"ma voi non potete mica mettere la persona su un tavolo nel caso che..."
" sì sì ma è solo per vedere meglio!"
Viene trovato un compromesso: una prima volta sul tavolo e una seconda sul pavimento. La prova è sostenuta anche da uno degli astanti, in rappresentanza di tutti gli altri.
Il corso finisce e tutti se ne vanno con gli stessi interrogativi: mi ricorderò tutto tra un mese? Se dovesse veramente succedere qualcosa di simile, sarò in grado di farvi fronte o mi prenderà il panico?
Solo il pensiero fa barcollare.

giovedì 24 febbraio 2011

Liebster Blog

Un premio piovuto dal cielo, è proprio il caso di dirlo! Nella fattispecie, IL CIELO AZZURRO della Stefy, che ringrazio di cuore. Naturalmente, il premio più gradito per chi cura un blog è l'apprezzamento di chi lo segue. In questo senso, il premio Liebster Blog, al di là di un riconoscimento che significa semplicemente: "mi piace!", ha il grande merito di creare un circolo virtuoso per la scoperta di altri blogs. Quindi lo giro a mia volta ad altri:
- Jessica Steward (Romephotoblog) perchè nel momento in cui l'Italia non mi è mai parsa tanto brutta, solo gli occhi di uno straniero riescono a restituirle un pò della sua bellezza perduta.
- Contenebbia (Il Teatro dei Vampiri) per lo sguardo burlesco, grottesco, barocco e fiabesco che un certo tipo di cinema riversa sulla realtà, rischiando però di esserne travolto....
- Un'esperta del settore (Prestazione occasionale) perchè in un paese in cui 1 giovane su 3 ha coscientemente rinunciato alla ricerca di un' occupazione, c'è ancora qualcuno che non molla e che ha inserito stabilmente nella propria dieta qualche "rospo" pur di non abbandonare la propria vocazione.

mercoledì 16 febbraio 2011

Vita e opere di un cameriere


Una filettatura grossolanamente eseguita rovinerebbe certamente il lavoro del migliore chef un circolazione oltre a rendere superflua la vita di una sogliola.
(Ennio Stocco - Maitre al Grand Hotel)
Al porto di Rimini, in uno degli angoli della città più caratteristici, più frequentati e di cui i riminesi sono, a ragione, molto gelosi, si trova una libreria un pò particolare. Qualcuno, soprattutto chi ama i libri, potrebbe anche rifiutarsi di definirla così e non avrebbe tutti i torti.
La Libreria del Porto è una tensostruttura in plastica e metallo esposta in ogni direzione agli agenti atmosferici e agli elementi. Sabbia, salsedine e umidità la fanno da padroni, per non parlare del calore, visto che il sole ci picchia sopra senza interruzione dall'alba al tramonto. La conseguenza più evidente di tutto questo la si nota appena entrati: sugli scaffali più di un volume ha la copertina "arricciata", ripiegata su se stessa, in una chiara espressione di disgusto e sofferenza cartacei. Inoltre, prendendo in mano un libro qualunque, si percepisce immediatamente lo spesso strato di sabbia e polvere che lo ricopre. La sabbia è anche all'interno, tra le pagine che frusciano e scricchiolano in maniera impressionante.
Per i feticisti del libro, un'esperienza da non perdere. O da evitare assolutamente.
Comunque sia, se mi trovo da quelle parti non rinuncio mai ad una visita, soprattutto da quando ho scoperto che c'è un angolino dedicato alla riviera romagnola: volumi di editori locali o che hanno ad oggetto la vita, i costumi e le tradizioni di questo lembo di costa. Lì in mezzo ho scovato Maitre al Grand Hotel di Ennio Stocco, per trent'anni al servizio del Grand Hotel di Rimini.
Quindici euro per un volumetto in brossura di 116 pagine più altre 16 di fotografie. Non sono pochi! L'ho acquistato per vedere se mi ci fossi ritrovato almeno un pò, nonostante la differenza di categoria e, di conseguenza, di  tipologia di clientela. E poi ero curioso di scoprire un punto di vista diverso dal mio sulla realtà del turismo romagnolo.

Tanto per cominciare Ennio Stocco non è romagnolo ma veneto. E' arrivato a Rimini nel 1968 dopo varie esperienze in altri alberghi italiani e stranieri. Ha cominciato a fare il cameriere per caso all'età di 16 anni. Non ha frequentato una scuola professionale, a malapena è riuscito a finire le scuole medie, nonostante ciò scrive:
"Il cameriere professionista si riconosce dai dettagli. Il portamento prima di tutto. Il modo in cui si muove fra i tavoli dovrebbe far pensare a quello di un padrone di casa con i suoi ospiti. Cortese, sempre, mai sfacciato, mai invadente. Non ci si intrattiene a chiacchierare più del tempo dovuto e non si affrontano argomenti personali nè si espongono opinioni personali. Su sollecitazione del cliente si dovrebbe essere in grado di parlare per ore del tempo atmosferico".
Lo stile lascia un pò a desiderare, d'accordo, questo non impedisce di evidenziare il fatto più importante: la piena realizzazione della propria vocazione. Non è cosa da poco!
Se penso a tutte le persone che ogni anno si offrono per lavorare in albergo, proponendosi per due o tre mansioni diverse (una vale l'altra, purchè si possa lavorare), mi prende una gran tristezza.

"Nei lunghi anni di servizio ne ho viste di tutti i colori, forme e dimensioni".
Non potrebbe essere altrimenti e sono sicuro che gli aneddoti narrati nel libro costituiscono una minima parte di quelli effettivi. Inoltre, quando si lavora per una vita nel settore dell'accoglienza, si sviluppa una deontologia del tutto simile a quella di un medico, un avvocato o un giornalista, e anche dopo il congedo non si può venir meno agli obblighi nei confronti dei pazienti,  degli assistiti, delle fonti o dei clienti. E' una questione di onore e lealtà. Probabilmente i segreti più scottanti, le rivelazioni più scabrose, gli avvenimenti più raccapriccianti, sono confidate solo alle persone più vicine e fidate e scompaiono con la morte del loro depositario.
Bush e Gorbaciov, Lady Diana, Shimon Peres, Spadolini, Enzo Biagi, Sharon Stone e naturalmente Federico Fellini. Chiunque sa che il mito del Grand Hotel di Rimini nasce con i suoi film e lui stesso era solito soggiornarci quando tornava a Rimini. Il Grand Hotel era uno dei pochissimi angoli della città sopravissuti al grande cambiamento, dopo le devastazioni belliche e poi con l'arrivo del turismo di massa.  Quando Fellini è partito per Roma nel 1937, la villeggiatura era un privilegio di pochi: ricchi, nobili, gente che aveva troppo tempo libero e doveva trovare il modo di riempirlo. Tutti gli altri erano troppo occupati a cercare di sopravvivere.
Fellini non ha accettato fino in fondo ciò che Rimini era diventata nel secondo dopoguerra e non ne ha mai fatto segreto. Come ha ribadito in più di un'occasione, Rimini per lui era più che altro una "dimensione della memoria "e come tale riusciva a viverla tra le mura del Grand Hotel. Infatti, Stocco  testimonia che quando morì, al Grand Hotel arrivarono decine di messaggi di cordoglio: "...tra questi quello di Woody Allen che credeva che l'albergo fosse di proprietà di Fellini".

C'è un altro aneddoto che, pur non riguardando uno dei clienti dell'albergo, Stocco riporta con dovizia.
Un suo collega con la passione della musica e del canto si doveva esibire in una gara canora in un locale vicino al Grand Hotel. La proclamazione del vincitore sarebbe stata decisa dagli applausi. Stocco e gli altri colleghi, non potendo permettersi l'ingresso e le consumazioni del locale, facevano il tifo dall'esterno ma quando l'organizzazione si accorse del baccano proveniente da fuori, squalificò il povero concorrente decretando la vittoria dell'avversario, un certo Silvio Berlusconi.

I ricconi russi, la mucillaggine, i furti di asciugamani... nell'autobiografia del maitre Stocco c'è tutto il repertorio di quella specie di rappresentazione che va in replica ogni estate ormai da sessant'anni. Stocco è della vecchia scuola e dedica un intero capitolo a magnificare la propria professione, confermando allo stesso tempo il luogo comune che vuole i camerieri attori discreti, spesso inosservati o addirittura trasparenti, ma fondamentali. E non risparmia una frecciata a coloro che si prendono, non sempre meritatamente, la luce dei riflettori:
"Oggi è di moda fare programmi di cucina, vediamo chef da ogni parte, menu creativi, a basso costo, veloci. Applausi, complimenti. Qualche cuoco addirittura è entrato a lavorare in televisione. Non c'è un telegiornale che tralasci la rubrica dedicata alle ricette tipiche o alla dieta mediterranea con consigli e preparazioni culinarie dal vivo. Camerieri mai!"

mercoledì 2 febbraio 2011

Il mare d'inverno


La maggior parte degli albergatori romagnoli si gode il proprio mare in inverno. Naturalmente, non si fanno il bagno, non si sdraiano sulla sabbia per abbronzarsi e nemmeno si mettono a giocare a "racchettoni". C'è chi va a pescare, chi passeggia, corre o pedala sul lungomare, chi si diverte a scovare monete e monili con il bastone del moderno rabdomante: il metal detector. Tutte cose un pò tristi,  diciamo la verità, non tanto in sè stesse ma in rapporto al modo in cui si vive il mare durante l'estate.

Da bambino andavo al mare con la nonna perchè i miei genitori erano impegnati con il lavoro in albergo. Ormai ho pochi e vaghi ricordi di quei giorni.
Crescendo e iniziando a dare il mio contributo nell'attività, dedicavo al mare qualche ora nel pomeriggio, soprattutto per farmi lunghi bagni data la mia scarsa autonomia nell'espormi inerme al sole. In una di queste occasioni - era il 14 di agosto - dopo la tradizionale "camminata di Ferragosto" che ogni hotel organizzava con i propri clienti, sudato ed accaldato mi precipitai in spiaggia per un bagno rinfrescante. Correndo tra le file di ombrelloni  con la visuale della battigia che si apriva davanti a me, mi sorpresi nel constatare che non c'era nessuno in acqua. E dire che erano appena passate le cinque e mezza del pomeriggio, faceva un caldo della malora e la spiaggia era gremita di persone.
Quando arrivai sulla riva rimasi qualche secondo confuso e perplesso. Non riuscivo a capire. Volgendo lo sguardo sia a destra che a sinistra, per diverse centinaia di metri lungo la costa, non riuscivo ad individuare neanche un "bagnante". C'erano solo persone che, proprio come me, fissavano l'orizzonte con una certa delusione, come di chi si fosse preparato ad una bella passeggiata ma si fosse accorto che fuori piove.
Questo piccolo shock deve aver distolto la mia attenzione dalla reale causa del problema che mi si palesò appena abbassai lo sguardo: una ricca  e viscida schiuma marrone lambiva le dita dei miei piedi. Il mio primo pensiero fu: che cavolo hanno scaricato? Poi mi accorsi che il mare, tutto il mare, era dello stesso color marrone. E individuai anche un uomo, a poche decine di metri davanti a me, che stava in piedi in mezzo all'acqua e che era completamente ricoperto di quella sostanza marrone. Era come mimetizzato e questo l'aveva nascosto alla mia vista.
Provai a fare qualche passo ma quella specie di schiuma si spalmava subito sulla pelle come Spuntì (ve lo ricordate? Gusti tonno o salmone). Decisi che per quel giorno non avrei fatto il bagno e tornai indietro, ancora ignaro di aver appena assistito alla prima spettacolare comparsa di una delle peggiori calamità per il turismo romagnolo: la mucillagine!

Una volta inquadrato a tutti gli effetti nel lavoro in albergo, il mare d'estate è quasi del tutto scomparso dal mio orizzonte. Le poche volte che ci vado è per comunicare al bagnino qualche prenotazione d'ombrellone da parte dei nostri clienti. Percorro il centinaio di metri fino ai bagni con la mestizia dell'ergastolano.
Per quanto riguarda, fuori stagione mi piace correre sul lungomare o sulla spiaggia. Da qualche anno è questo il contatto più ravvicinato che ho con il mare. Non ne vado orgoglioso ma neanche mi dispiace.
Anche così, peraltro, si fanno degli strani incontri. L'altro giorno ho incrociato un tizio che correva nella direzione opposta alla mia. Avvistandolo da lontano mi ero accorto di qualcosa di strano. Aveva una postura innaturale,  pendeva lievemente da un lato. Quando mi è arrivato abbastanza vicino ho visto che teneva in mano un lettore cd portatile che lo faceva assomigliare al Discobolo di Mirone. Teneva il braccio rigido e lontano dal corpo e l'andatura ne risentiva perchè correva come fosse sempre stanco.
Oltre agli incontri, ci sono i ritrovamenti. Ad esempio, quelli del materiale portato dalla marea sulla spiaggia: sassi, conchiglie, rami, carcasse di granchio, brandelli di reti, buste e flaconi di plastica, qualche pesciolino...ma non solo. Un giorno, mentre correvo sulla battigia, mi sono imbattuto in un gallo. Morto, naturalmente. Probabilmente era stato travolto da un torrente che si era ingrossato a causa delle piogge, era affogato ed era stato trascinato in mare dove la mareggiata l'aveva scaraventato sulla spiaggia. Poi dicono che le galline fanno sempre la solita vita....
In un'altra occasione, forse a causa della mancanza di ossigeno o dell'eccessiva traspirazione, mi è parso di vedere un fossile su pietra. Si tratta di un sasso spaccato quasi esattamente a metà sulla cui facciata interna c'è la forma di un pesce, di una lucertola o di una piccola tartaruga. Sono ancora indeciso. La figura è visibile soprattutto quando la pietra viene bagnata e le varie tonalità di marrone risaltano pienamente. L'ho portata a casa e ogni tanto me la studio. Prima o poi mi toglierò il dubbio facendola esaminare da un esperto.
La spiaggia in estate non ha segreti: è liscia, pulita, ordinata ma d'inverno.... vi si trova di tutto e di qualcosa si stenta a decifrare la forma o la funzione. Il mare mastica e sputa e il vento scompiglia. Ci sono tracce dai contorni strani oppure che si interrompono all'improvviso, come se chi le ha lasciate abbia preso il volo. Magari stava volando ed è atterrato, cominciando a camminare...Non esiste nulla di meglio di una spiaggia in inverno per esercitarsi con i come e i perchè.

domenica 30 gennaio 2011

L'inferno brucia ma anche il Paradiso scotta

Se n'è parlato per una settimana ed è successo davvero: Karima El Mahrough, alias Ruby "Rubacuori", è stata ospite alla discoteca Paradiso di Rimini, sulle colline di Covignano. 
Qui in Romagna siamo piuttosto bravi a cavalcare le mode, a rilanciare i tormentoni, a cucinare in tutte le salse i fatti di cronaca per presentarli in tavola come eventi di costume. Ogni pretesto è buono per mangiarci, berci e ballarci sopra. Sappiamo rivendere più di una volta anche l'idea più sfruttata. Tutto ciò non è necessariamente un male anzi, non lo è quasi mai. Inoltre, diciamo la verità, perchè dovremmo indignarci se una ragazza con il background di Ruby viene invitata e remunerata da un locale notturno quando ce ne sono molte altre che sono state assunte per lavorare in televisione o addirittura sono state piazzate in qualche consiglio regionale e, Dio non voglia, anche alla Camera dei Deputati della Repubblica? Tuttavia, almeno per una volta, avrei voluto rinunciare, passare la mano. Invece no, qualcuno non ha saputo resistere e ha colto l'ennesima occasione giustificandosi in maniera atroce: non importa chi fa cosa, l'importante è che se ne parli. Seguendo questa logica, bisogna concludere che, se non fosse per le spesse mura di un carcere, anche Rosa Bazzi e Olindo, Romano, Amanda Knox e Raffaele Sollecito, o addirittura Michele e Sabrina Misseri sarebbero gli ospiti ideali per un sabato sera in discoteca. Con una differenza: tutti loro hanno fatto molto male a qualcuno, da Ruby in sù ne hanno fatto altrettanto a tutti (e ancora non si sa come finirà).
Ci sono stati albergatori (uno in particolare e, conoscendolo, nessuno si è stupito: c'è anche chi si distingue in peggio) che hanno proposto pacchetti promozionali per la serata. La mia stima e la mia ammirazione vanno a tutti gli altri.
Temevo di dovermi vergognare ma se è vero che l'evento si è dimostrato un flop e che qualcuno tra quelli che l'avevano promosso si è pentito di averlo fatto, vuol dire che non tutto è perduto!

sabato 22 gennaio 2011

L'imposta di soggiorno


Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!
(Non ci resta che piangere di M. Troisi e R. Benigni, 1985)

Ci sono argomenti che ritornano con cadenza ciclica ed è tutto un cascar di braccia. Nel progetto di legge sul federalismo si prevede che i comuni capoluogo di provincia possano istituire una tassa, da cinquanta centesimi a 5 euro, per ogni pernottamento sul suolo comunale da parte di turisti o di chiunque si trovi a passare di lì - fosse anche per motivi di lavoro - e soggiorni in hotel.
Credo che sia inutile che rammenti quanto tale argomento sia sgradito agli albergatori, soprattutto a quelli della riviera romagnola dove vige una concorrenza spietata e dove i prezzi sono quelli che sono. Soprattutto nell'attuale congiuntura economica si cerca di tenerli bassi quanto più possibile, di farvi rientrare di tutto e di più (dai pasti al parcheggio, dall'uso delle biciclette alle serate a tema, ecc.). Anche così, ci si deve difendere ogni volta da tentativi di contrattazioni al ribasso, di proposte all inclusive (hotel, spiaggia, gelato, discoteca e spuntino delle 3 di notte compresi nel prezzo) o di gratuità del "bimbo" di 16 anni che  "mangia dal piatto della mamma o del papà e dorme nel lettone".
Figuriamoci se dovessimo far pagare anche la tassa di soggiorno! Passerei il mio tempo a rotolarmi sul pavimento coi clienti.
Il concetto di imposta di soggiorno contiene in sè sufficienti contraddizioni e assurdità, non c'è alcun bisogno di aggiungerne altre. Infatti, nel dibattito che si è subito aperto, i rappresentanti degli altri comuni della provincia hanno contestato il fatto che tale imposta possa essere esatta soltanto dai comuni capoluogo di regione, Rimini nel nostro caso. Al limite, si è aggiunto, questo potrebbe essere accolto solo a patto che il ricavato venisse distribuito anche a tutti gli altri comuni della provincia. Gli albergatori riminesi, naturalmente, non potrebbero essere soddisfatti da questo compromesso perchè si sentirebbero discriminati rispetto agli albergatori delle altre località. Sarebbe un motivo di alterazione della normale concorrenza nel settore.
A voler essere giusti ed imparziali, non si dovrebbe esigere un tributo soltanto da una categoria economica quando ce ne sono tante altre che guadagnano con il turismo: stabilimenti balneari, ristoranti, bar, pubs, chioschi, parchi tematici e di divertimento, negozi. Tanto per citare le principali. E anche tra le tipologie di offerta turistica si instaurano condizioni di disparità. Nelle città d'arte, ad esempio, il visitatore soggiorna in media da 1 a 3 giorni quindi potrebbe essere più propenso a pagare l'imposta rispetto ad un visitatore delle località di mare dove per una vacanza ci si sofferma 1 o 2 settimane. Inoltre, se si vuole vedere il Colosseo bisogna andare a Roma; per visitare gli Uffizi si deve andare a Firenze; per la Torre di Pisa...a Pisa, e via dicendo. Quindi la valutazione sul pagare qualcosina in più è presto fatta e accettata perchè non ci sono alternative. Tutto ciò conferisce a quei comuni (e alle relative strutture di accoglienza) un potere di contrattazione più forte con il turista. Coloro che scegliessero il mare o la montagna non avrebbero questi vincoli e il fatto che ci sia o meno una tassa di soggiorno avrebbe di sicuro un'incidenza sulla valutazione e la scelta della meta turistica.
Ci sono buone probabilità che questa sia la volta buona. Ormai i comuni sono ridotti in condizioni tali che sarà molto difficile, forse impossibile, ignorare occasioni come quella della tassa di soggiorno per riempire le casse. Se sono ricorsi alle contravvenzioni stradali per aiutare i bilanci, perchè dovrebbero rinunciare ad un'opportunità simile?