lunedì 15 giugno 2009

Chiamate un' ambulanza!

Questa mattina, appena sono arrivato in hotel, mia madre mi ha informato che una cliente è stata trasportata d'urgenza in ospedale in seguito ad una violenta colica di fegato. E' accaduto tutto intorno alle 4,30 del mattino. Il compagno della signora si è precipitato di sotto in cerca di aiuto ma non ha trovato nessuno. Non abbiamo un portiere e mio padre era andato a dormire dopo che erano rientrati gli ultimi clienti. C'è un campanello per le emergenze sul muro vicino al banco del ricevimento ma non credo sia mai stato utilizzato (per fortuna). Il poveretto deve aver vagato in preda alla disperazione per un pò prima di imbattersi nella nonna che si alza invariabilmente ogni giorno alle 5,00 per dare il via alla giornata. A sua volta, questa è andata ad avvertire mio padre che è schizzato giù dal letto come se si trovasse sul Titanic dopo la collisione con l'iceberg e lui ha poi provveduto a chiamare il pronto intervento medico.
Quando, qualche ora dopo, il signore è tornato dall'ospedale per preparare i bagagli in vista del ritorno a casa, aveva un'espressione stravolta, gli occhi sbarrati e la lingua che si incartava ad ogni parola. Osservandolo, stavo cominciando a pensare che avessero ricoverato la persona sbagliata. In meno di dieci minuti ha fatto tutte e due le valigie. Ha preso un biglietto da visita dell'albergo, ha pagato il conto e mi ha promesso di farmi avere notizie. Non l'ho più sentito.

Non ne vado fiero ma le visite delle ambulanze non sono un fatto raro, almeno non tanto quanto vorrei. L'estate scorsa ho passato buona parte della Notte Rosa nella sala d'aspetto del pronto soccorso dell'ospedale dopo che un nostro cliente aveva avuto un collasso mentre passeggiava con la moglie per le vie del centro. E' stramazzato al suolo in un bagno di sudore. Sembrava che lo avessero appena ripescato da una piscina. Ambulanza e via! Mentre aspettavo in ospedale insieme alla moglie per avere notizie sul suo stato, iniziavano ad arrivare i primi caduti della grande serata in cui tutto, ma proprio tutto, è rosa, quindi anche il vomito degli ubriachi. In effetti, molti dei ricoverati erano persone che avevano bevuto troppo alcol troppo in fretta. Ricordo un uomo che avrà avuto poco più di 40 anni di età ma ne dimostrava 55, sdraiato su una lettiga con il tubo di una flebo che gli entrava in un braccio mentre con l'altro si copriva la fronte e continuava a ripetere: à l' ho vù la Notte Rosa! (trad.: l'ho avuta la Notte Rosa!). E ogni tanto sghignazzava.
Quando il mio cliente è finalmente uscito in corridoio, spinto da un infermiere, biascicava frasi incomprensibili, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Si trovava in evidente stato confusionale. Le altre persone presenti vicino a noi lo guardavano con un'espressione disgustata, come a dire: ma guarda questo, ubriacarsi ancora alla sua età...devi morire!
Non sapevamo ancora da cosa fosse dipeso il suo malore ma, se nessuno si dava la pena di informarci, significava che non era così grave. O almeno così suggeriva la logica anche se in questo paese, parlando di sanità, la logica non è molto ben vista. Aspettai con loro ancora un pò, nella speranza di parlare con un dottore. Ci dissero solo che bisognava attendere l'esito delle analisi ma che non c'era da preoccuparsi, così me ne andai a dormire.

Ci sono stati clienti con le stampelle, in carrozzina, con la bombola di ossigeno al seguito. Clienti che si facevano da sè le iniezioni di insulina o che se le facevano fare da qualcuno. Clienti che dovevano andare regolarmente in ospedale per delle analisi. In certi periodi i nostri frigoriferi si riempiono di fiale, siringhe, boccette, flaconi. Una piccola farmacia.
Vi sorprenderebbe sapere cosa sono disposte a sopportare le persone pur di non rinunciare alle vacanze, a quei 10-15 giorni in cui si ritrovano con gli stessi amici e conoscenti nel medesimo periodo dell'anno. Tuttavia, prima o poi, si è costretti a cedere: c'è chi è arrivato al mare con i propri mezzi ed è tornato a casa in ambulanza. Una resa onorevole sul campo di battaglia.
E' successo quattro anni fa. Due tra i nostri clienti più affezionati, B. e M., una coppia di romani che hanno frequentato il nostro hotel fin dai primi anni. Non erano molto anziani ma erano afflitti da un numero così alto di acciacchi che quasi uno non poteva crederci. Lui , B., camminava a stento, con passi brevi e rapidi, come se si trovasse sul ghiaccio. Aveva la schiena completamente bloccata e ogni volta che doveva sedersi o sdraiarsi (e ritorno), erano dolori. Anche lei , M., camminava con l'aiuto di un bastone cosicchè non si potevano nemmeno aiutare più di tanto l'uno con l'altra.
Una sera, poco prima di cena, B. cadde nel bagno. Io ero appena arrivato e qualcuno venne a chiamarmi. Quando entrai nella stanza c'erano già mio padre, mio fratello e mia nonna, oltre alla moglie e un paio di altri clienti. Cercavano il modo di aiutarlo ad alzarsi. Era incastrato tra il muro e il w.c. e indossava solo la canottiera e le mutande. Non sembrava in imbarazzo però e nessuno lo era per lui. Mia nonna soprattutto, che lo conosceva da più di 40 anni, cercava di fargli coraggio e scambiava con lui battute scherzose. Credo che fosse così abituato a disagi e sofferenze che non si arrabbiava e non si agitava più. Alla fine, con molta cautela, riuscimmo a portarlo sul letto. Era già stato allertato il pronto intervento perchè era evidente che non si era trattato di una semplice caduta. Arrivò l'ambulanza e se lo portò via insieme alla moglie. Io raggiunsi l'ospedale poco dopo, soprattutto per portare qualcosa da mangiare a lei. Aspettammo insieme nella sala d'attesa, mentre lo sottoponevano ad una serie di esami e di analisi. Quando lo riportarono indietro, sopra una barella, lo parcheggiarono in un vano al di là di un tramezzo con una grande vetrata. Potevamo vederlo ma non parlarci, a causa del vetro. Ci facemmo dei cenni di saluto e alla moglie fu permesso di passare dall'altra parte. All'improvviso fui preso alle spalle da una sensazione che, non so come spiegarlo altrimenti, mi gelò i piedi: e se quella fosse stata l'ultima volta che lo vedevo? Ebbi la consapevolezza di qualcosa di inesorabile e definitivo. Me ne andai dall'ospedale con la speranza di sbagliarmi, invece ci avevo preso in pieno.
Tornò a casa in ambulanza il giorno seguente e io avrei voluto salutarlo nel modo giusto ma non ci riuscì. In compenso, ci sentimmo al telefono verso Natale. Morì qualche mese dopo.
M. volle tornare da noi anche da sola, cioè senza di lui giacchè proprio sola non era. C'era una badante filippina a spingerla in carrozzina e, a turno, le due figlie. Dicevano che aveva insistito tantissimo per tornare al mare e che avevano dovuto accontentarla. Anche lei ebbe un malore e fu ricoverata in ospedale per diversi giorni. Cominciavo a credere che il nostro albergo stesse diventando piuttosto popolare presso il centralino del pronto intervento.
Fu costretta a tornare a casa e non poteva essere altrimenti. Mi dicono che ha "alti e bassi "ma nessuno ci ha spiegato cosa esattamente questo voglia dire. Sono sicuro che pensa ancora alle vacanze, al mare, agli amici. Chissà, magari noi tutti facciamo parte degli "alti" e se è così, non posso che essere contento.

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