sabato 22 gennaio 2011

L'imposta di soggiorno


Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!
(Non ci resta che piangere di M. Troisi e R. Benigni, 1985)

Ci sono argomenti che ritornano con cadenza ciclica ed è tutto un cascar di braccia. Nel progetto di legge sul federalismo si prevede che i comuni capoluogo di provincia possano istituire una tassa, da cinquanta centesimi a 5 euro, per ogni pernottamento sul suolo comunale da parte di turisti o di chiunque si trovi a passare di lì - fosse anche per motivi di lavoro - e soggiorni in hotel.
Credo che sia inutile che rammenti quanto tale argomento sia sgradito agli albergatori, soprattutto a quelli della riviera romagnola dove vige una concorrenza spietata e dove i prezzi sono quelli che sono. Soprattutto nell'attuale congiuntura economica si cerca di tenerli bassi quanto più possibile, di farvi rientrare di tutto e di più (dai pasti al parcheggio, dall'uso delle biciclette alle serate a tema, ecc.). Anche così, ci si deve difendere ogni volta da tentativi di contrattazioni al ribasso, di proposte all inclusive (hotel, spiaggia, gelato, discoteca e spuntino delle 3 di notte compresi nel prezzo) o di gratuità del "bimbo" di 16 anni che  "mangia dal piatto della mamma o del papà e dorme nel lettone".
Figuriamoci se dovessimo far pagare anche la tassa di soggiorno! Passerei il mio tempo a rotolarmi sul pavimento coi clienti.
Il concetto di imposta di soggiorno contiene in sè sufficienti contraddizioni e assurdità, non c'è alcun bisogno di aggiungerne altre. Infatti, nel dibattito che si è subito aperto, i rappresentanti degli altri comuni della provincia hanno contestato il fatto che tale imposta possa essere esatta soltanto dai comuni capoluogo di regione, Rimini nel nostro caso. Al limite, si è aggiunto, questo potrebbe essere accolto solo a patto che il ricavato venisse distribuito anche a tutti gli altri comuni della provincia. Gli albergatori riminesi, naturalmente, non potrebbero essere soddisfatti da questo compromesso perchè si sentirebbero discriminati rispetto agli albergatori delle altre località. Sarebbe un motivo di alterazione della normale concorrenza nel settore.
A voler essere giusti ed imparziali, non si dovrebbe esigere un tributo soltanto da una categoria economica quando ce ne sono tante altre che guadagnano con il turismo: stabilimenti balneari, ristoranti, bar, pubs, chioschi, parchi tematici e di divertimento, negozi. Tanto per citare le principali. E anche tra le tipologie di offerta turistica si instaurano condizioni di disparità. Nelle città d'arte, ad esempio, il visitatore soggiorna in media da 1 a 3 giorni quindi potrebbe essere più propenso a pagare l'imposta rispetto ad un visitatore delle località di mare dove per una vacanza ci si sofferma 1 o 2 settimane. Inoltre, se si vuole vedere il Colosseo bisogna andare a Roma; per visitare gli Uffizi si deve andare a Firenze; per la Torre di Pisa...a Pisa, e via dicendo. Quindi la valutazione sul pagare qualcosina in più è presto fatta e accettata perchè non ci sono alternative. Tutto ciò conferisce a quei comuni (e alle relative strutture di accoglienza) un potere di contrattazione più forte con il turista. Coloro che scegliessero il mare o la montagna non avrebbero questi vincoli e il fatto che ci sia o meno una tassa di soggiorno avrebbe di sicuro un'incidenza sulla valutazione e la scelta della meta turistica.
Ci sono buone probabilità che questa sia la volta buona. Ormai i comuni sono ridotti in condizioni tali che sarà molto difficile, forse impossibile, ignorare occasioni come quella della tassa di soggiorno per riempire le casse. Se sono ricorsi alle contravvenzioni stradali per aiutare i bilanci, perchè dovrebbero rinunciare ad un'opportunità simile?

1 commento:

  1. Il problema della tassa di soggiorno colpisce chi in realtà crea più giro d'affari rispetto a chi visita la città in poche ore spesso con il pranzo al sacco solo con escursioni giornaliere da crociere o dormendo in altre località.
    Franco
    www.adagiotours.net
    adagiotours@gmail.com

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