giovedì 24 giugno 2010

Servi la panna cotta, schiavo!


Con l'inizio della stagione estiva in alcune città emiliane sono comparsi manifesti che mettono in guardia dallo "schiavismo" del lavoro in riviera. Dopo aver appreso la notizia dal giornale ho voluto approfondire andando a visitare il relativo sito internet che poi non è altro che un blog, proprio come questo.
Mi sono cadute le braccia: ma come? uno s'impegna per dimostrare che anche gli albergatori, in fondo, sono esseri umani come tutti gli altri e subito arriva qualcuno ad affermare che, invece, sono come i Visitors: sotto le rassicuranti sembianze umane nascondono scaglie di rettile!
Non intendo negare che la realtà ivi descritta esista davvero ma, da come se ne parla, sembra che sia la regola. Insomma, chi avesse intenzione di andare a lavorare in riviera, deve aspettarsi di avere a che fare con sfruttatori disposti a tutto.
Si avverte un certo rancore nel tono e nelle parole dei curatori del blog; immagino che sia dovuto ad esperienze dirette che hanno segnato irrimediabilmente il giudizio di chi le ha vissute. Non sono ancora riuscito a capire, però, se chi scrive ha rinunciato definitivamente a cercare opportunità di lavoro in riviera, limitandosi a fungere da consulente e consigliere per chi volesse affrontare il rischio oppure se continui a proporsi, con evidente dimostrazione di masochismo.

"Schiavi" mi sembra una parola grossa. I veri schiavi non hanno un blog in cui raccontare le ingiustizie di cui sono vittime, al massimo guadagnano l'onore delle cronache quando accade qualcosa di terribile: una prostituta romena trovata morta in un fosso a bordostrada; un africano ucciso e sepolto nello stesso campo in cui raccoglieva i pomodori; un cinese trovato a dormire con altri venti in una stanza sotto un laboratorio clandestino. Dopodichè, ritornano nell'oblio e nel silenzio in cui tutti noi li confiniamo.
E' vero: ci sono casi di "caporalato" anche tra gli stranieri che vengono a lavorare in riviera . Gli albergatori che li assumono, se sono a conoscenza della reale situazione, si rendono complici di un'ingiustizia proprio come qualunque altro imprenditore che assume personale con queste modalità, che operi esso nel turismo, nell'edilizia, nella manifattura, nell'agricoltura.

Chi si propone di lavorare in riviera lo fa perlopiù volontariamente ed ha una vasta gamma di opportunità per scegliere. Proprio come i turisti possono valutare diverse opzioni alla ricerca di quella a loro più congeniale, la stessa cosa può fare il lavoratore stagionale. Se le condizioni di lavor proposte non sono giuste o anche solo sgradite, può rifiutarle e cercarne altre. Se dopo una stagione in albergo ritiene di non essersi trovato bene e di aver subito un trattamento ingiusto o non adeguato alle proprie aspettative, per il futuro si cercherà sicuramente un'altra sistemazione. Quanto al diritto ad essere riassunti nello stesso posto dell'anno precedente, il primo interrogativo da porsi è: quanto conviene imporre quest'obbligo se il datore di lavoro non intende riassumere il lavoratore? Qualunque sia la ragione della mancata conferma, imporre il proprio diritto a lavorare dove non si è graditi non è un'idea brillantissima. Penso che fino a qui ci arrivano tutti.
Certo, una consapevolezza e una preparazione minima per valutare quali siano le opportunità migliori e per far valere i propri diritti è necessaria; iniziative come "schiavinriviera" può servire allo scopo, insieme a tante altre che sono a disposizione del lavoratore: i consulenti del lavoro, gli uffici dei centri per l'impiego della provincia, l'esperienza di altre persone che hanno lavorato nel settore. Non si può certo affermare che il lavoratore stagionale dipendente sia lasciato solo, tantopiù che in Emilia-Romagna le organizzazioni sindacali hanno una storia , una presenza e un'azione ancora efficace.
Inoltre, credo che siano davvero pochi i comparti di lavoro sottoposti ogni anno ad una fitta rete di controlli come quella che viene dispiegata sulla riviera.
Noi riceviamo ogni anno la visita di uno o più dei seguenti soggetti: Guardia di Finanza, Ispettorato del Lavoro (eh già!), ASL-Ufficio di Igiene e, Dio ci scampi, i NAS. Il tutto nel giro di 4-5 mesi. Qualcuno se la sentirebbe di scommettere che le stesse attenzioni siano rivolte anche alle attività delle coste di Calabria, Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata...? Non credo quindi che la Romagna sia l' "inferno" del lavoratore stagionale, come la si vuole dipingere.

Schiavinriviera denuncia gli stipendi a mille euro per gli ingenui lavoratori romeni o quelli "apparentemente" alti senza essere davvero tali. A parte il fatto che, se è legittimo per il lavoratore dipendente cercare di ottenere lo stipendio più alto possibile, lo è anche per l'albergatore cercare di tenere lo stesso al livello più basso possibile: sono due forze contrarie che si fondano sulle leggi del mercato del lavoro e che rispondono ad esigenze differenti. La contrattazione è fatta proprio per trovare un punto di incontro tra le rispettive volontà. Se si confrontano gli stipendi dei lavoratori stagionali con i prezzi dei soggiorni in albergo, non sembreranno poi così bassi.
Oggi con i voli low cost si può girare il mondo con costi prima inimmaginabili. Ci sono pacchetti volo/hotel (o villaggio) che competono, e spesso vincono, con il prezzo richiesto da una vacanza in riviera.
Ormai tutti sono stati sul Mar Rosso, o in Grecia, in Turchia, alle Maldive! Nessuno però si pone il problema di quali siano le condizioni lavorative dei dipendenti degli alberghi in quei paesi. E che dire del personale dei grandi alberghi di città? Londra, New York, Parigi, Roma...siamo sicuri che godano di maggiori garanzie rispetto ai loro colleghi in Romagna? Se appena si approfondisse l'argomento si scoprirebbero cose da brividi.
Piuttosto, se domandate a qualsiasi albergatore cosa rimpiange di più, vi risponderà: il personale specializzato. C'è troppa gente che arriva in riviera alla ricerca di un lavoro qualunque, senza offrire garanzie di professionilità e di competenze specifiche. Molti non capiscono che imparare le professioni dell'ambito dell'accoglienza turistica garantisce, oltre che la possibilità di trovare sempre un posto (al mare o in montagna, in estate e in inverno), anche la prospettiva di una carriera e quindi di stipendi sempre crescenti. I bravi cuochi, i bravi camerieri, i bravi segretari, possono permettersi di scegliere e di strappare compensi di tutto rispetto perchè quando si ha in casa qualcuno che vale e che contribuisce alla crescita dell'azienda, ci si pensa bene prima di sostituirlo con qualcuno che costa meno.

Infine, gli autori di schiavinriviera si sorprenderanno nell'apprendere che oltre agli albergatori schiavisti ci sono anche i dipendenti banditi.
Ci sono persone che sono tutt'altro che sprovvedute e che hanno piena coscienza dei propri diritti e non esitano ad esercitarli in maniera approfittatoria; oppure persone che, semplicemente, se ne fregano e fanno quello che gli pare, convinte che tanto l'albergatore non le licenzierà (e anche nel caso che le lincenziasse, si potrebbero consolare con una buonuscita) perchè non saprebbe come sostituirle in corsa.
Noi abbiamo avuto cuochi che non si sono presentati la sera di Ferragosto (senza preavviso e senza giustificazione), gente che teneva i piedi in due staffe facendo un secondo lavoro a nostra insaputa, o che se ne sono andati (offesi e risentiti!) alla fine di luglio perchè non riuscivano ad organizzarsi quando c'erano più di 25 persone (dopo essersi spacciati per professionisti abituati a lavorare con 150-200 coperti). Cameriere che hanno intentato una vertenza sindacale su presupposti totalmente inventati, al solo fine di estorcere denaro, salvo poi venire clamorosamente sbugiardate.
Uno spazio come quello di schiavinriviera ha una sua utilità non solo per i lavoratori ma anche per i datori di lavoro. Secondo me è un bene che ci sia, sempre che impronti i propri giudizi all'obiettività. L'unico suggerimento che mi permetto di dare, è quello di cambiare il titolo.


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