venerdì 6 agosto 2010

Partire è un pò morire

Nel 2010 non dovrebbe rivelarsi un'avventura raggiungere la riviera romagnola per le vacanze eppure in qualche caso è proprio così. Non mi riferisco alle ore di coda sull'autostrada che ormai sono la regola, e nemmeno ai treni affollati in cui ci si fa strada a valigiate ma ci sono paesi da cui può rivelarsi davvero difficile raggiungere le nostre spiagge se non si è muniti di un mezzo proprio. Non sto parlando del Kirghizistan o di Sao Tomè & Principe ma della vicina, civile e organizzatissima Svizzera.
Stavo riflettendo su tutto ciò mentre, all' una e un quarto della notte, fuori dal casello autostradale di Riccione, aspettavo sotto una pioggia battente il pullman per Berna che doveva prelevare G. e la sua compagna di vacanze A. per riportarle a casa.
Il pullman era partito alle 18,00 da Potenza e secondo la tabella di viaggio avrebbe dovuto uscire a Riccione intorno all' 1,30. Le due signore si erano raccomandate che chiamassi l'autista nel pomeriggio, per assicurarmi dell'orario e del luogo di incontro. Non volevano che finisse come l'anno scorso, quando tutto era andato storto. Anche allora l'appuntamento era per le ore 01,30 fuori dal casello dell'autostrada. Avevamo prenotato per loro un taxi che avrebbe dovuto prelevarle in albergo intorno all' una per portarle al luogo d'incontro. Quello però si era presentato poco dopo mezzanotte con la scusa che aveva altre corse da fare e le ha portate a destinazione con un'ora abbondante di anticipo. A questo primo contrattempo se ne è aggiunto un altro ben più grave: il pullman aveva un ritardo di 2 ore! Quindi le due attempate signore (entrambe sopra gli ottant'anni) sono state costrette ad aspettare 3 ore fuori da un casello dell'autostrada, con macchine e camion che andavano e venivano e, a sentire loro, sotto la costante minaccia di venire rapinate, picchiate e violentate da qualche malintenzionato sbucato dall'oscurità.

- Appiamo aspettatto fin all'alboggiorn! - Continuava a ripetere G. fissando un punto indefinito al di sopra della mia testa e rivivendo all'istante tutta la loro odissea che, evidentemente, la perserguitava ogni notte da un anno con incubi terrificanti. Da quando avevo dato la mia disponibilità ad accompagnarle non facevano che ringraziarmi e raccontarmi da cima a fondo tutto quello che avevano dovuto passare quella notte. Credo che lo facessero per giustificare  il disturbo per il quale mi avevano promesso anche una lauta mancia.
Lo so, i tassisti non vedono di buon grado gli albergatori che rubano loro il lavoro ma in questo caso , visti i precedenti, solo a nominare la parola taxi si levavano al cielo maledizioni e scongiuri. Non ne volevano proprio sentir parlare. Non volevano qualcuno che le accompagnasse e che poi le lasciasse al loro destino. Volevano qualcuno che potesse fornire un'assistenza completa e che le mettesse al riparo da qualunque rischio e da eventuali sorprese. 
Insomma, volevano un maggiordomo.
Avevamo concordato di partire dall'albergo all'1,00 e alle 23,30 erano già di sotto con i bagagli: due grandi valigie a rotelle e poi borse e borsine varie che per maggiore praticità avevano cercato di mettere una dentro l'altra. G. indossava una bizzarra tenuta da viaggio: pantaloni e giacchettino di cotone felpato a scacchi  bianchi e neri ma scacchi di misure diverse tra il pezzo sopra e quello sotto. L'effetto, oltrechè anti-estetico, era leggermente ipnotizzante.
Una volta riposto il bagaglio in un angolo dove non desse troppo fastidio si erano sedute nelle poltrone davanti alla tv, aspettando in silenzio che si scoccasse l'ora. Dopo che sono scomparse le preoccupazioni legate agli aspetti pratici della partenza resta solo la malinconia per la fine delle vacanze. G. e A. sembravano proprio avvolte da tale malinconia, che è contagiosa e che stava spargendosi tutt'intorno arrivando a lambire anche il sottoscritto.Certe prestazioni extra cominciano ad essere emotivamente e fisicamente logoranti. Temo che un giorno o l'altro mi troveranno disteso sulla banchina di una stazione ferroviaria o sotto la pensilina di una fermata d'autobus. Potendo scegliere, meglio la sala d'attesa di un aeroporto.
Ad ogni modo, allo scoccare dell'una ho caricato i bagagli nella macchina , che si è subito riempita di un odore dolciastro e pungente causato dalle specialità alimentari di cui G. ha riempito una delle sue borse: carne cruda, prosciutto, Parmigiano e chissà cos'altro. Dovevo percorrere solo pochi chilometri ma la pioggia mi avrebbe impedito di tenere aperti i finestrini. Speravo solo che gli effluvi non mi facessero perdere i sensi lungo la strada.

Sotto una pensilina di metallo che  riparava tutti dalla pioggia,  le due signore e il loro maggiordomo tenevano  lo sguardo rivolto ai cancelli di uscita del casello, in attesa di avvistare le luci e la sagoma di un pullman di linea in arrivo dalla Basilicata.  Ogni tanto transitava qualche auto o qualche  autoarticolato, uno dei quali si è fermato proprio davanti alla pensilina ostruendo completamente la visuale verso il casello. Questo ha generato subito del nervosismo nelle due signore, che si alzavano sulle punte dei piedi o si piegavano di lato per cercare di vedere al di là del grosso autoarticolato. Ci mancava solo che il pullman arrivasse, non ci vedesse e se ne andasse senza di loro.
Dal mezzo è sceso un tizio che ha salutato l'autista prima che quello ripartisse e sgombrasse finalmente la visuale. Era un uomo di circa 45 anni, con gli occhiali da miope e un bel paio di baffi neri. Aveva un borsello a tracolla e un marsupio intorno alla pancia prominente. G. mi si è avvicinata subito e mi ha bisbigliato: - Hai vist'? Se ci portava o tassì eravamo sole, qui, di notte...con persone sconosciute...
Per qualcuno trovarsi all'una e mezza della notte ad un casello autostradale è un evidente dimostrazione di capacità delinquenziale.
- Anche voi scendete signora? - Ha domandato l'uomo a G. con uno spiccato accento pugliese.
G. non se l'aspettava e, di primo acchito, ha risposto: - Sì.
- E dove andate, in Abruzzo?
- In Abruzzo? No, andiamo in Svizzera...
- Ma allora salite!
- Eh?
- Prima avete detto che scendevate!
- Chi, io? - G. ha allargato le braccia e assunto un'espressione sorpresa. - No, no...io non l'ho mai detto!
- Aspettate il pullman? - Incalzava quello.
- Sì, anche voi? - Ha chiesto di rimando G. e si capiva fin troppo bene che scongiurava quella possibilità con tutta se stessa.
- No, macchè! Io aspetto l'altro camion. - E ha concluso la frase con alcune imprecazioni in dialetto che non sono riuscito a tradurre.
Infatti, pochi minuti dopo è arrivato un tir arancione, con le insegne di un noto servizio di corriere sul quale l'uomo è salito dopo averci salutato. Avendoci ostruito ancora la visuale, le due signore hanno ricominciato il loro balletto nervoso e anche io cominciavo a preoccuparmi. Era già passata l'ora e il pullman avrebbe potuto arrivare da un momento all'altro. Per fortuna il tir è ripartito dopo un minuto appena (ma che mi è parso lunghissimo) e il nostro sguardo si è riposizionato sul casello.
Il pullman per Berna è arrivato con un solo quarto d'ora di ritardo, con buona pace di tutti, soprattutto delle due anziane signore che fino all'ultimo avevano pronosticato incidenti, deviazioni di percorso, caselli sbagliati e altri contrattempi. Le due donne erano così contente e così eccitate che a malapena mi hanno salutato e ringraziato. Dopo averle consegnate agli autisti con tutti i bagagli, ho ripreso la strada di casa. Contavo di essere a letto per le 2,00: niente male per chi ha puntato la sveglia alle 7,00...



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